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Proverbio: A chi ben crede, Dio provvede

Ron e il Rotary Cairoli a favore dell’S.L.A.

(mi-lorenteggio.com) 20  febbraio 2007 – La serata, il tema dell’incontro e la presenza del socio onorario Rosalino Cellamare, in arte Ron, testimonial d’eccezione per la lotta contro la S.L.A. hanno fatto sì che notevole è stata l’affluenza non soltanto dei soci, ma anche degli ospiti.
Il Presidente del Rotary Club Cairoli, Antonio Ongaro, nella sua breve introduzione e presentazione, ha illustrato la problematica, descrivendo l’attività della benemerita Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, nonché sulla grave e ancora piuttosto sconosciuta malattia che arriva a colpire fino a tre persone al giorno. E’ una patologia neurologica di cui non si conosce ancora la cura e, almeno nella fase iniziale più sensibile ad eventuali interventi terapeutici per rallentarne il decorso, non è di facile diagnosi. L’intervento della benemerita citata non è soltanto rivolto all’aspetto terapeutico, ma anche alla conoscenza precoce dell’insorgere di essa e per l’assistenza ed il miglioramento della qualità della vita per il malato.
Dalla gravità e soprattutto dalla necessità di un fattivo intervento, come lo spirito rotariano impone, il Rotary Club Cairoli ha dato il suo contributo – che ad oggi non si è certo fermato-. Il past president Antonio Gaggianesi ha messo a disposizione del Club una serie di piccoli oggetti di antiquariato e ha organizzato una raccolta fondi mediante la vendita all’incanto che ha consentito la raccolta di € 3.000 da devolvere interamente alla ricerca contro la Sclerosi Laterale Amiotrofica.
Antonio Ongaro ha passato la parola quindi Ron, insignito di Paul Harris Fellow, ricordando il suo impegno in attività benefiche, testimonial quindi non soltanto dell’A.I.SL.A. ma anche dell’essenza rotariana. Ricorda infine i tre eventi musicali con cui Ron ha dimostrato il suo contributo personale; soprattutto con l’ultimo grande concerto "Insieme per la speranza" organizzato dall’allora Presidente Antonio Gaggianesi, nell’anno del Centenario del Rotary International, nel quale ha coinvolto anche i suoi amici artisti ed alleati nella lotta contro questa sofferenza: Biagio Antonacci, Lucio Dalla, Luca Carboni, Loredana Bertè, Mario Lavezzi, Natasha Stefanenko
Ron, intervenendo, ha ringraziato i soci che hanno, con questo service, non soltanto diffuso la conoscenza della malattia, ma hanno dato concreto contributo all’iniziativa, ha rivolto un paricolare ringraziamento all’amico Antonio Gaggianesi per la sensibilità e generosità dell’iniziativa, e ha portato i saluti ed i ringraziamenti anche del dott. Mario Melazzini, che non ha potuto essere presente, con grande rammarico. Ha descritto quindi i sintomi e le conseguenze della S.L.A. e di come essa pian piano paralizza il movimento dal cervello ai muscoli, ma che “ ….lascia comunque libero il cervello per pensare ….pensare ….”.
Ha raccontato quindi la giornata tipo di Mario Melazzini che, sebbene totalmente dipendente dagli altri, continua imperterrito il suo lavoro di medico, ma con una nuova sensibilità: quella del malato, oltre che del medico; cioè di chi è costretto – per professione – ad intervenire anche duramente sul paziente, ma che al contempo sente su di sé le conseguenze di questi sia pur necessari comportamenti. Al contempo non smette d’essere padre, di avere una famiglia, magari con un rinnovato spirito e con un’attenzione che forse prima non provava. Tutto ciò porta ad una considerazione più profonda e forte della vita, come ha avuto modo di esprimere anche quando è stato intervistato dai media in occasione della vicenda di Piergiorgio Welby. La vita vale sempre la pena di essere vissuta, ma centellinata ed apprezzata, valorizzata in ogni aspetto anche quando forte è lo sconforto e si è colpiti da una tragedia come questa. Certo, rispetta la scelta di Welby, ma non è la sua, che non cessa di lottare per sé e per gli altri e perché con la vita non cessi anche la speranza. Ha fatto della sofferenza un punto di forza, di realizzazione come uomo: prima era solo un medico che lottava contro le malattie con professionalità, ora aggiunge la passione e l’aiutare il prossimo come ragione di vita. Paradossalmente è più impegnato di prima perché, oltre a lavorare normalmente, viaggia da un capo all’altro dell’Italia per portare aiuto ed assistenza. Di tutto questo, forte è il suo senso d’appagamento e di pace interiore, che nasce, appunto, nel portare aiuto e solidarietà al prossimo: il morbo colpisce il corpo, non il cervello e, fin quando funziona, è vita. Non è triste o demoralizzato: ride, scherza ed è quasi imbarazzante come vuole adempiere a quella che considera ormai la sua missione, ringraziando chiunque si vuole rendere utile nella lotta.
E’ stato anche lui preda dello sconforto, all’inizio, fino a pensare alla morte, ma la Fede lo ha aiutato. Un suo amico gesuita, proprio nel momento in cui si era quasi isolato dal mondo, lo ha invitato a leggere le Sacre Scritture (specie il Libro di Giobbe) e così – abbandonato l’isolamento interiore –, è nato in lui il desiderio e la forza di reagire, di vivere .. anche per gli altri .
La sua esperienza e testimonianza sono un insegnamento per tutti noi, soprattutto per capire cose che troppo spesso si danno per scontate, per entrare nel vero senso della vita e darne il giusto valore, felici delle semplici cose, che per questo sono più vicine forse a noi, ma di cui non ci accorgiamo: i figli, la famiglia, l’aiuto che si riesce a dare al prossimo.

Redazione

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