Milano 19 agosto 2007 – E’ Milano, tra tutti i Comuni capoluogo d’Italia, ad avere la pressione tributaria locale più elevata. In pratica ogni abitante del comune meneghino ha versato nel 2005 ai propri enti locali tasse, tributi e addizionali varie per 2.082,23 € contro una media nazionale di 1.434,13 €. Al secondo posto c’è Venezia anche se il capoluogo lagunare è da ritenere fuori classifica visto che tra le entrate tributarie comunali annovera gli incassi derivanti dal Casinò Municipale che “falsano” la classifica. Al terzo posto troviamo Aosta con 1967,83 € e al quarto posto Bologna con 1.933,02 €.
All’ultimo posto, a livello nazionale, si trova Enna con soli 604,01 e pro capite.
Sono questi i principali risultati emersi da un’analisi condotta dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre che ha analizzato il “peso”, sul portafoglio dei cittadini italiani, della pressione tributaria locale intesa come rapporto tra la sommatoria delle entrate tributarie versate al Comune, alla Provincia e alla Regione e la popolazione residente. Imposte, ricordiamolo, che ciascun ente locale applica, per legge, ai propri residenti. Il Comune, ad esempio, ha come principale fonte di gettito l’Ici, l’addizionale comunale Irpef e la tariffa per l’asporto dei rifiuti urbani, La provincia, invece, l’imposta sulla Rc auto, l’addizionale sulla bolletta dell’Enel e nell’imposta di trascrizione. La Regione, infine, può “giovarsi” della riscossione di una imposta importantissima come l’Irap, della compartecipazione dell’Iva, dell’addizionale regionale sull’Irpef e della compartecipazione sulle accise della benzina. Da notare che nell’analisi della CGIA il dato medio nazionale, sul totale delle tasse locali versate agli enti locali, è per il 53,5% di pertinenza delle Regioni, solo il 5,6% delle Province e il rimanente 40,8% dei Comuni. “E’ evidente – commenta Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – che la lettura dei risultati di questa analisi deve considerare il fatto che dove si pagano maggiori tasse, almeno in linea teorica, si hanno livelli sia quantitativi sia qualitativi di servizi migliori. Non solo. L’indicatore che abbiamo preso come parametro di riferimento, ovvero il pro capite, è un buon riferimento che rischia, però, di penalizzare il risultato di quei Comuni che hanno un numero di residenti relativamente basso”.
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