(mi-lorenteggio.com) Melegnano, 28 agosto 2007 – Si moltiplicano sul territorio nazionale le iniziative a favore dell’infanzia, a promozione e tutela dei diritti dei bambini, della maternità e della famiglia.
Tra queste le cosiddette “ruote degli esposti” destinate a ricevere quei neonati le cui madri non intendono riconoscere e crescere; tali presìdi rappresentano una residuale, ma preziosa e sempre più diffusa alternativa agli abbandoni impropri e agli infanticidi.
Il fenomeno dell’abbandono improprio registra tempi, modalità e luoghi aggregabili solo attorno al loro esito, quasi sempre drammatico, caratterizzato dalla morte del neonato. In Italia, ogni anno vengono ritrovati in media 20 neonati abbandonati, di cui la metà muore quasi subito.
L’abbandono neonatale non protetto pare, inoltre, in grado di accomunare in un unico dramma sia donne – il più delle volte giovani madri – con una vita normale o patologica che per vari motivi rifiutano la maternità (non desiderata o non pianificata), sia donne di origine straniera che non hanno a disposizione adeguati strumenti di conoscenza per considerare le reali e disponibili alternative per partorire o poter consegnare in modo protetto ed in assoluto anonimato i propri figli.
Infatti, è possibile evidenziare il grande numero di donne e cittadini invisibili che vivono in condizioni di grave disagio economico e sociale; tra questi molte sono donne, che in attesa di un bambino si trovano senza possibilità di lavorare, sole, talvolta ridotte in schiavitù e minacciate, con la paura di rivolgersi alle istituzioni pubbliche.
Queste donne vivono momenti di estrema difficoltà e talvolta si trovano tragicamente costrette alla separazione o all’abbandono dei figli subito dopo il parto.
Per venire in aiuto a queste mamme, per salvare delle piccole vite è stata pensata questa moderna e tecnologica “ruota”: non un invito ad un comportamento illegale, ma solo un soccorso perché una gravidanza complicata non finisca in tragedia.
Ogni mamma ha la possibilità di partorire in ospedale senza dichiarare le generalità e non riconoscere il bambino se non vuole crescerlo; la culla termica, che si richiama alla superata ruota degli esposti, è realizzata in modo da offrire il totale anonimato ai genitori e soprattutto la massima sicurezza al neonato.
Mentre si sviluppa il dibattito circa le cause, i motivi, le diverse comprensioni e valutazioni su tali separazioni (abbandoni, consegne, rifiuti, …) e sulle diverse modalità e condizioni in cui avviene (consapevolezza o meno, anonimato, ricerca delle proprie origini, …), appare incontrovertibile e inequivocabile l’opportunità offerta con tali iniziative: anziché un qualsiasi e nascosto luogo – corsi d’acqua, cassonetti, bordi di strada, dirupi, distributori di benzina, … – un luogo comunque riservato ed assolutamente attrezzato in grado di assicurare l’anonimato alle madri o ai genitori e la pronta protezione ai bambini.
Grazie all’Associazione CORTI&ROSSI, anche per l’area melegnanese prende avvio un programma articolato in diversi interventi – di cui la culla termica rappresenta solo l’inizio – destinato a proteggere e tutelare la vita dei bambini ed il loro diritto a vivere e crescere in una famiglia, sostenendo le maternità – in particolare quelle caratterizzate da difficoltà, emarginazione, complicazioni, – e accompagnando le diverse fasi della gravidanza anche nell’eventuale soluzione della separazione dal figlio partorito.
Si intende così offrire una struttura, le attrezzature, l’organizzazione a tutte quelle donne che non sanno, non possono, non vogliono percorrere l’iter già previsto dalla legge: cioè il diritto a partorire in ospedale nel più completo anonimato ed in sicurezza.
Una possibile e valida alternativa a quel gesto – consapevole o meno – esposto al rischio dell’esito infanticida, forse una possibilità in grado di andare oltre la scelta dell’interruzione volontaria della gravidanza, certo un ulteriore sostegno alla maternità ed alla vita.
Redazione