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Belnomi, il centro urbano più sostenibile per Legambiente

(mi-lorenteggio.com) Roma 15 ottobre 2007 – La città più sostenibile d’Italia si chiama Belnomi. Non c’è, però potrebbe esserci. Basterebbe mettere insieme le migliori performance che già oggi si registrano qua e là in alcune realtà urbane. Perché tra le politiche per la sostenibilità delle città italiane, qualche ottimo risultato si trova: l’estensione delle zone a traffico limitato di BErgamo (più di 40 metri quadrati per abitante), il verde urbano di Lucca (45 mq a testa), la gestione dei rifiuti di NOvara (che ricicla il 66,9% della spazzatura), l’offerta di trasporto pubblico a MIlano, il basso inquinamento atmosferico di Isernia. Ecco dunque Belnomi, un luogo non da libro dei sogni, ma ancora irrealizzato nella sua interezza.Cercare, invece, la città italiana più sostenibile – uno dei compiti di Ecosistema Urbano 2008, l’annuale ricerca sulla qualità ambientale dei comuni capoluogo di provincia di Legambiente e dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia, realizzato con la collaborazione editoriale de Il Sole 24 Ore e presentato questa mattina a Roma – è davvero difficile. Le politiche urbane lentamente migliorano ma non abbastanza da invertire la generale tendenza di criticità ambientale: metà dei capoluoghi di provincia italiani presenta livelli d’inquinamento allarmanti, il trasporto pubblico urbano è sottoutilizzato, la raccolta differenziata dei rifiuti solo al nord ha raggiunto standard accettabili. Qua e là ci sono sprazzi di buone politiche, ma generalmente le best practices restano fatti isolati. Belnomi purtroppo non esiste e oggi, in testa alla classifica della quattordicesima edizione di Ecosistema Urbano, dobbiamo accontentarci di Belluno.
“Più delle altre, le città italiane sono insostenibili, caotiche, inquinate – commenta Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente – le nostre politiche ambientali urbane spesso non tengono il passo con l’Europa. La grande sfida delle città post-industriali è la gestione della mobilità e dei consumi energetici. Occorre investire sulla qualità ambientale come elemento caratterizzante della riqualificazione urbana, come motore di una migliore qualità della vita, ma anche come attrattore di nuovi investimenti, di giovani, di turisti. Tornare a scommettere sulle nostre città è il vero motore di una crescita intelligente”.

“Per fare delle nostre città dei luoghi puliti, vitali, sicuri vanno aperti soprattutto tre grandi cantieri – continua Della Seta -. Il primo è quello della mobilità: serve una vera rete di trasporto pubblico che consenta di ridurre rapidamente e drasticamente il traffico privato, una scelta imprescindibile non solo per combattere l’inquinamento ma prima ancora per ragioni di efficienza. Le città sono anche l’ideale banco di prova per una nuova politica energetica che punti a rendere molto più efficiente l’uso di energia e a promuovere le fonti energetiche che non inquinano e non alimentano i cambiamenti climatici. Un altro fronte decisivo per la città del futuro è quello della casa: dare nuovo impulso al mercato degli affitti è una necessità sociale e ambientale inderogabile”.

Che le politiche complessive di sostenibilità siano deboli lo dimostrano i 125mila dati e i 125 parametri ambientali di Ecosistema Urbano, ma lo dimostra subito la stessa Belnomi. E’ vero che Isernia ha poco smog però è nello stesso tempo la città italiana che ricicla di meno. E’ evidente che Milano ha una delle migliori reti di trasporto pubblico, ma è tra le due o tre metropoli che soffoca per polveri sottili e altri inquinanti. Le Ztl di Bergamo sono quelle più estese d’Italia in relazione al numero di abitanti, ma la dotazione di verde è inferiore a quello standard urbanistico di 9 metri quadrati per abitante che solo 40 città su 103 oggi rispettano.Il nostro capoluogo “migliore” dovrebbe incrociare, oltre alle performance di Bergamo (45,61mq/ab di zone a traffico limitato), Lucca (45,28 mq per abitante di verde urbano), Novara (66,9% di raccolta differenziata) e Isernia (con 16 mg/mc di media annuale per il PM10), anche le isole pedonali di Venezia (4,68 mq/ab) e il suo tasso di motorizzazione (42 auto circolanti ogni 100 abitanti), le piste ciclabili di Mantova (28,66 metri ogni 100 abitanti), la media annuale di biossido di azoto di Potenza (9,0 mg/mc), la scarsa dispersione della rete idrica di Viterbo (4%). E’ ancora Isernia la città che con 362,1 kg/ab/anno produce meno rifiuti urbani pro capite, mentre Agrigento ha i consumi domestici di acqua potabile pro capite più bassi (100,4 l/ab/gg) ma è vero anche che l’acqua corrente arriva nelle case in modo molto irregolare. Sono 17 le città che depurano al 100% tra queste Aosta, Bolzano, Cosenza, Torino.Purtroppo ancora oggi è più facile trovare città invivibili, che producuno 884,2 kg di rifiuti per abitante all’anno come Massa, e come Isernia ne differenzia solo l’1,8%. Dove gli abitanti hanno meno di mezzo metro quadro a testa di verde urbano (Messina), nemmeno un centimetro di Ztl (Verbania, Crotone, Latina, Messina, Sassari e Vibo Valentia) né di piste ciclabili (19 capoluoghi tutti di centro sud esclusa Genova), nessuna isola pedonale (Viterbo, Bergamo, Frosinone, Rovigo, Trapani e Verbania) ma ben 193 auto per 100 abitanti come ad Aosta, una media annuale di Pm10 pari a quella di Torino (67,8 mg/mc) e il biossido di azoto di Massa (80 mg/mc). Dove la capacità di depurazione è pari allo 0% (Imperia), la dispersione della rete idrica al 70% (Cosenza) e ogni abitante consuma 263,5 litri di acqua potabile al giorno (Salerno). Tra immobilismi ed emergenze, nel complesso i fattori critici per la qualità ambientale dei nostri capoluoghi cambiano di poco o niente. La qualità dell’aria è l’indicatore a cui sono più sensibili i cittadini, ma anche quello che in qualche modo riassume la qualità delle politiche della mobilità ed energetiche. Purtroppo non ci sono buone nuove. Per il biossido di azoto, in più della metà dei comuni (nel 55%, più che nello scorso anno), risultano superati i valori limite. Analogo il dato (e analogo il peggioramento rispetto allo scorso anno) anche per le polveri sottili, il PM10. In 40 centri urbani le polveri sottili superano i livelli di allarme per la salute.Il tasto più critico è infatti quello della mobilità. La densità di automobili della città italiane non ha pari in Europa. Il numero delle patenti in Italia e il numero dei mezzi a motore sono ormai quasi identici, e il tasso di motorizzazione torna a salire: 62 auto ogni 100 abitanti, contro le 61 dello scorso anno; ad Aosta, Roma, Latina, Frosinone e Viterbo si oltrepassano addirittura le 70 auto ogni 100 abitanti. Il trasporto pubblico è una cenerentola e, in media, da nessuna parte si conta almeno un viaggio quotidiano di andata e ritorno per abitante su bus, tram o metropolitane. Continuano ad aumentare le città di media e piccola dimensione nelle quali si prende l’autobus meno di una volta la settimana: sono 43 quest’anno, erano 41 nella passata edizione.Nelle città italiane si concentra il 40% dei consumi energetici. Aumentano leggermente i consumi elettrici domestici: nel complesso salgono al sud e nelle isole, calano al centro e al nord. Aumentano i comuni che installano qualche impianto fotovoltaico (sono diventati 42 nel 2006) o qualche pannello solare (sono diventati 30): niente a che vedere con i numeri di altre città europee. Il solo municipio di Monaco di Baviera ha installato sui propri edifici una potenza fotovoltaica doppia di quella installata in tutti i 103 capoluoghi italiani. Mentre Barcellona o Lione hanno – da soli – installato più metri quadri di pannelli solari di tutti i capoluoghi italiani. I due quinti dei capoluoghi italiani perdono ancora più del 30% dell’acqua potabile immessa in rete, a causa di condutture colabrodo, vecchie e senza manutenzione. Alcune aree metropolitane – Firenze, Napoli, Palermo e Catania – non depurano almeno un terzo delle loro acque di fogna.L’estensione delle zone a traffico limitato vede Bergamo prima per numero di mq per abitante e Roma prima in valori assoluti per numero di ettari dove il traffico è regolamentato, la media delle isole pedonali cresce impercettibilmente, attestandosi su 0,33 mq per abitante (era 0,31 mq/ab lo scorso anno), ma solo 6 comuni (Venezia, Lucca, Terni, Salerno, Cremona e Massa) dichiarano più di un metro quadrato per abitante di superficie stradale pedonalizzata. Altrettanti ammettono di non averne istituito nemmeno un centimetro. Statiche nel complesso le piste ciclabili (1.450 km circa).
Gli italiani buttano nei cassonetti 618 chili a testa di spazzatura ogni anno e solo 120 chili vengono riciclati e recuperati, mentre il grosso finisce ancora in discarica. Cresce la raccolta differenziata dei rifiuti (21,9% rispetto al 21,7% della scorsa edizione) nonostante l’emergenza monnezza caratterizzi 5 delle nostre regioni: in Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia, la discarica rimane l’unica soluzione. Raccogliere i rifiuti in maniera differenziata è pratica diffusa al centro nord, anche se passano da 3 a 5 i comuni del sud e delle isole che riescono a raggiungere almeno il 15% di raccolta differenziata (Macerata, Brindisi, Nuoro, Bari e Cosenza).

Belluno conquista a sorpresa la vetta della graduatoria, superando con buon margine Bergamo e Mantova, rispettivamente seconda e terza. Corona così una rimonta dal tredicesimo posto dell’anno passato, dal quindicesimo di due anni fa, e addirittura dal quarantaduesimo posto nell’edizione 2005 del rapporto. Un risultato frutto sì di buone performance in alcuni dei settori chiave ma soprattutto di una conferma di dati già positivi nel contesto di generale livellamento verso il basso del Paese. Belluno infatti vince senza primeggiare in nessuno degli indicatori e collezionando addirittura un paio di pessimi risultati. Ma tanto le basta ad arrivare sul gradino più alto del podio. Buonissime le prestazioni registrate sugli indicatori relativi ai rifiuti. Il risultato migliore è quello della raccolta differenziata che raddoppia da un anno all’altro, passando dal 27% al 55%. Scende la produzione pro capite (dai 481 kg per abitante dell’anno scorso agli attuali 381) che valgono al capoluogo veneto il secondo posto nella graduatoria dedicata dietro a Isernia. La città si piazza invece 61° nella nuova graduatoria relativa all’ozono. Ci sono poi le performance non brillantissime negli indicatori relativi alle politiche energetiche (36° posto) e alle rinnovabili e al teleriscaldamento dove ottiene qualche punto solo nel solare termico (0,13 metri quadrati di pannelli installati su edifici comunali). Ma le ombre più evidenti tra le prestazioni bellunesi sono le due mancate risposte: quella sulla percentuale di perdite della rete idrica (che appanna un po’ il buon livello raggiunto nei consumi idrici) e quella sulla capacità di depurazione. Belluno è infatti l’unico capoluogo a non aver fornito il dato sulla percentuale di reflui depurati.

Dopo Bergamo e Mantova si piazza un trittico che rappresenta, se non proprio una novità assoluta, una sorpresa perché, per la prima volta dopo anni, porta visibilmente tra le prime dieci il centro Italia a dimostrazione ancora del complessivo immobilismo che premia chi riesce a essere meno statico. Quarta si piazza Livorno, quinta Perugia e sesta Siena. Le città del nord Italia, da anni nelle zone alte della classifica di Ecosistema Urbano, sono ancora le rappresentanti di quella provincia che, pur non correndo, riesce a muovere qualcosa nel cercare di dare risposte alle criticità ambientali, ma non ne sono più le uniche protagoniste.

L’andamento complessivo della classifica evidenzia il generale movimento del meridione. Movimento riconducibile però molto più al generale appiattimento delle performance ambientali che a una reale riduzione dello storico gap che invece continua a separare il sud dal nord del Paese. Sono insomma i capoluoghi del centro e del nord che collezionano prestazioni complessivamente più scadenti. Le conferme si trovano nel fatto che scendono a due sole, dalle tre della scorsa edizione, le città meridionali che entrano nelle prime trentacinque posizioni (Campobasso, 18ª e Cosenza, 33ª) e nella “contaminazione” delle ultime posizioni, non più riservate esclusivamente alle città del sud, una tendenza questa che già nella passata edizione avevamo evidenziato ma che quest’anno diviene molto più palese.

Il fanalino di coda è Ragusa che è preceduta nell’ordine da Oristano (100°), Frosinone (101°), Benevento (102°). La coda della graduatoria trova dunque quattro città di quattro differenti regioni del Paese e la novità è che non sono più solo regioni meridionali. Ragusa, già ultima nell’edizione 2003, non ha dato in questi anni segnali di significativo miglioramento (era 100° lo scorso anno, 88° in Ecosistema Urbano 2006, 97° nell’edizione 2005 e 98° in quella 2004). Discorso più o meno identico per le altre tre città. Penultima, Benevento peggiora molto nel tasso di motorizzazione e nei consumi di carburanti e non fa passi avanti significativi in nessuno degli indicatori esaminati. Frosinone crolla nei valori legati alla qualità dell’aria, peggiora nella produzione procapite di rifiuti e rimane appena al 4,2% di raccolta differenziata. Crolla anche nel trasporto pubblico mentre aumenta vistosamente il tasso di motorizzazione (sono 72 auto ogni 100 abitanti, erano 69 nella passata edizione), e il consumo di carburanti. Fermi sempre a zero invece i metri quadrati di suolo destinati ai pedoni, mentre scende a poco più di 2 metri equivalenti ogni 100 abitanti lo spazio per le due ruote (erano 3,43 lo scorso anno). La sarda Oristano migliora solo nei consumi idrici domestici, comunque alti (153 litri procapite al giorno), e nella raccolta differenziata che rimane però sotto al 5% (al 4,3% contro il 3% della passata edizione) che vale per il capoluogo sardo il 98° posto nella classifica di settore. In tutto il resto Oristano peggiora o rimane drammaticamente immobile.

Redazione

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