(mi-lorenteggio.com) Cesano Boscone, 07 gennaio 2007 – L’aggressività maschile è stata riconosciuta dall’ONU come la prima causa di morte e di invalidità permanente per le donne di tutto il mondo, e non ha confini o differenze di classe, di cultura, di razze o etnie. Essa si configura nelle relazioni di potere fra i sessi, sviluppando così nella donna, fisicamente più debole, l’omofobia. Le vittime soffrono per le conseguenze del trauma psicologico ed emotivo, per il rischio di contrarre l’Hiv/Aids e altre malattie, ma anche per la condanna da parte delle famiglie per le quali, aver subito uno stupro, è una colpa. Nel 2006, secondo le rilevazioni Istat, in Italia sono state censite 6 milioni 734mila donne che sono state vittime di una forma di violenza.
Il 25 novembre, nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, le stesse rinnovano ogni anno un gran NO al donnicidio, alla violenza familiare, agli stupri, ai maltrattamenti, ai sequestri, agli abusi e molestie sessuali ed a tutte le altre aggressioni che violano i diritti umani. <<Continueremo a lottare fino a che riusciremo a vivere in uguaglianza di diritto>> hanno gridato le donne nella manifestazione tenutesi a Cesano Boscone.
In questa giornata, per urlare la “non violenza sulle donne”, ha visto, come sempre, impegnata la nostra tenace e dinamica Lilia Di Giuseppe, Assessora alle Politiche di Genere Cultura e Associazionismo, nonché Vice Sindaco del Comune di Cesano Boscone.
L’urlo della Di Giuseppe è il genuino mettere nero su bianco la violenza sulle donne diffusa soprattutto dentro le mura domestiche e che rappresenta la prima causa di morte femminile. <<Questa piaga può essere ridotta ed eliminata solo attraverso una trasformazione culturale – dice la Di Giuseppe – bisogna che provvediamo a fare una campagna di educazione al rispetto della donna a cominciare dalle scuole, e ad un costante coinvolgimento delle istituzioni a sostegno dei movimenti che si battono per i diritti delle donne>>.
<<Venire a conoscenza dei casi di violenza è raro perché la vittima tende a nasconderla per vergogna o perché il carico emotivo e di dolore è talmente grande che non sanno come gestirlo – dice l’Assessora – purtroppo, molte di loro vengono azzittite attraverso forme di ricatto, dove gli individui violentatori le riducono al silenzio, mentre la silente sofferenza mentale le fa smarrire nell’arco di un’intera esistenza”.
L’anno 2006, la manifestazione “La Notte Rosa” si era conclusa discutendo su un libro “Le pantofole dell’orco” di Rosalind B. Penfold che racconta la storia di una donna intelligente, circondata da molti amici e con una carriera avviata, ma che lentamente si fa soffocare nella morsa di un amore malato, perdendo la propria identità. Mentre la manifestazione dell’anno 2007, si è conclusa, alla presenza del Sindaco di Cesano Boscone Vincenzo D’Avanzo, alla Vice Sindaco Lilia Di Giuseppe; sono intervenuti personaggi importanti come l’Assessora Provinciale all’Ambiente Bruna Brembilla, la Consigliera Regionale Ardesia Oriami, la Consigliera con delega alle Politiche di Genere Arianna Censi, Tiziana Catalano della Casa dell’accoglienza donne maltrattate, la dr.ssa Maria Grazia Vantatori dell’SVS donna e chirurga Ospedale San Carlo Borromeo (Mi) e Ambulatorio Soccorso Rosa e Lidia Ravera, discutendo sul film "Terra Promessa" proiettato durante la manifestazione dove si racconta la storia di otto donne dell’Est che attraversano il deserto del Sinai con false promesse di libertà e lavoro. Tutto ciò non avviene. In questo viaggio, le donne subiscono ogni genere di abusi e violenze e poi, vendute all’asta come bestie. <<Questo è uno spunto per prendere atto di un allucinante crimine, ampiamente diffuso anche nel nostro paese. Bisogna far uscire allo scoperto il problema – dice la Di Giuseppe – non bisogna far finta di niente neanche per quanto riguarda l’immagine che la TV e tutti i mezzi di comunicazione danno della donna perché quelle strategie di mercato sono soprattutto un’istigazione alla violenza. Si dovrebbe invece rappresentare la donna mettendo in mostra le sue qualità intellettuali e la sua anima. Il far luce su questo grave problema è finalizzato ad incoraggiare le donne per denunciare la violenza. Nel mio sguardo interiore – continua con rammarico l’Assessora – vi sono le loro immagini, quelle delle donne che hanno paura di trovarsi sole, senza protezione e senza casa. Ciò non dovrà più avvenire, perchè nel nostro Hinterland esiste la Casa dell’accoglienza gestita dalla Società Cooperativa Sociale “La Grande Casa ONLUS” che si dedica, con impegno e spirito di sacrificio, per la difesa, la tutela ed il sostegno alle donne vittime di violenza, per farle affrontare un nuovo ciclo di vita con coraggio e gioia di spirito>>.
Ma la violenza che dobbiamo combattere, che fa maggiormente soffrire, è quella che viene perpetrata sui bambini. A tale proposito bisogna che teniamo a mente la storia della piccola Eleonora, morta di fame e di violenza a 20 chilometri da Bari, in un quartiere isolato dal mondo, in una orribile stato di solitudine e paura. E dove c’è solitudine e paura, non c’è voce. La madre di Eleonora, Francesca Scannicchio, rivela all’Umanità una storia di marginalità e di degrado causata dalle violenze a suo tempo anche da lei subite. Ma se anche lei da bambina aveva subito violenze, perché ha lasciato che venissero perpetrate anche a sua figlia? Perchè non ha parlato con nessuno? “Non potevo chiamare nessuno – dice Francesca ad una giornalista che l’aveva avvicinata – altrimenti mi toglievano gli altri figli”. Allora viene spontaneo domandarsi: la morte di Eleonora era già predestinata? Si sarebbero potuti fermare Francesca e il suo convivente? Forse si, ma nessuno l’ha fatto. Perché? Perché sono persone senza volto, senza nome e senza voce; sono persone sommerse, invisibili e ignorate. Questa è una storia di disperazione, di marginalità che va ben oltre la soglia della povertà economica, e ci deve fare interrogare anche sulle nostre responsabilità. Allora come intervenire? Come intervenire, per spezzare la violenza, un susseguirsi ciclico di dolore e di sofferenze, per dare a ogni creatura la possibilità di vivere serenamente? Come impedire ad una madre, già a suo tempo condannata, possa anche condannare sua figlia senza battere ciglio? Perché questo è riservato loro dalla sorte?
Forse bisogna che ci prendiamo le nostre responsabilità, riuscire a costruire una rete per collaborare, impegnarci in una battaglia, a cominciare da quella culturale per finire in quella di fatto. Il nostro impegno per contrastare la violenza sulle donne e sui bambini deve svilupparsi al più presto con interventi prima di tutto attraverso il Servizio Politiche per la Sicurezza e della Polizia Locale e di Stato affinché possano lavorare alla realizzazione di una serie di attività e progetti nell’ambito della sicurezza ai cittadini deboli. Da parte nostra, dobbiamo impegnarci affinché ogni 25 novembre non diventi solo l’occasione per non fare sentire sole le donne vittime delle violenze o per ricordare i casi come quello di Eleonora, non si devono dire solo parole per convincere le vittime ad uscire dal silenzio, ma bisogna concretizzare le parole intraprendendo un percorso atto al cambiamento, in primis, quello sociale.
Io non faccio parte di alcuna associazione per questo tipo di problema, ma se volete, parliamone. Il mio contributo potrebbe essere quello di portare a conoscenza della stampa le storie che mi vorrete raccontare scrivendo al giornale.
Principia Bruna Rosco