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Lo psichiatra Marco Marzolini: serata all’insegna della storia della follia in tutte le età

(mi-lorenteggio.com) Cesano Boscone, 12 giugno 2008 – Il 4 giugno 2008, presso la Sala dell’Affresco di Vicolo Cortuccio in Cesano Boscone, Salvatore Esposito, Presidente l’Associazione Socio-Culturale Cesanese, è stato lieto di presentare lo psichiatra dott. .Marco Marzolini dell’Ospedale San Carlo di Milano per parlare di Disagio Giovanile: Bulimia, Anoressia, Bullismo e altre patologie mentali.
A questa interessante serata, all’insegna della medicina più oscura e misteriosa, era presente l’Assessore Massimo Mainardi, proprietario della splendida Sala dell’Affresco che ospita il Circolo Socio-Culturale Cesanese con molte delle sue manifestazioni che vanno dall’arte alla medicina e altro.
Mainardi si dice soddisfatto della crescita dell’Associazione che si occupa non solo di arte, ma anche di medicina: <<Io che mi occupo da vicino di disagi sociali, economici e fisici, facendo il possibile per i loro bisogni, soprattutto mi dedico ai disagi giovanili di difficile interpretazione, sono convinto che questa serata sarà non solo interessante, ma molto utile per comprendere il problema>>.
Il dott. Marco Marzolini ha parlato di Follia nella Storia. Si è soffermato sul rapporto tra Società e malattia mentale. Ha parlato dell’impegno della professione che i medici psichiatri svolgono con i pazienti; un lavoro che utilizza anche il canale artistico e produce delle riflessioni su cos’è la follia e cosa evoca in noi. <<Ho pensato che parlare di disagio giovanile è un po’ restrittivo – dice il dott. Marzolini – In senso clinico tendiamo a classificare la malattia mentale, la quale va messa su un piano storico e come questo disagio sia la relazione tra il soggetto malato e la società. Prima ancora che la psichiatria diventasse una scienza scientifica, abbiamo gestito la malattia mentale controllandone la devianza. Dal 1951 abbiamo a disposizione una serie di farmaci e altri strumenti opportuni che applichiamo per curare la malattia mentale, senza dimenticare che viviamo quotidianamente l’ambiguità della terapia. Parlando di follia – continua Marzolini – la stessa a volte è scatenata da un forte dispiacere che provoca i sintomi nervosi più improvvisi e violenti che possono scatenare il delirio e la forza, moltiplicarsi o provocare immobilità. La malinconia accompagnata da tristezza e paura che viene definita una follia senza febbre, è quella follia strascicata da una fragile agitazione, ai limiti dell’impotenza, fissando un unico oggetto. Solo da pochi decenni le cure delle malattie nervose hanno assunto la consistenza dello scambio tra follia e medicina stabilendo un dialogo tra i folli e i medici che l’internamento aveva rifiutato. Nella sostanza l’orizzonte progettuale del supporto psicopedagogico al disagio mentale è quello di ottenere un allargamento della sfera di consapevolezza di sé e del rapporto sé-mondo dei soggetti. La sintesi della storia delle malattie mentali dice che i pazienti curati possono guarire, ma la follia rimane sempre sull’orizzonte, perciò è meglio prevenirla. Una volta, la follia classica non possedeva un suo linguaggio autonomo, si riconosceva soltanto dal linguaggio segreto del delirio. Solo l’esperienza negativa dell’isolamento, dell’internamento e della prigionia, contraddistinta fino alla metà il ventesimo secolo, comincia a farsi strada la mentalità attuale come la via dell’alienazione e della punizione sono state inumane e tragiche. Nel Medioevo il folle è un personaggio oggetto di rappresentazione artistica e di allegoria – prosegue lo psichiatra – il campo in cui più la figura del folle ebbe successo fu sicuramente la pittura. Il suo potere era di fascinazione e di insegnamento. In un dipinto di Bosch il folle è il protagonista di un viaggio del sapere universale che si riconduce ad antiche magie e cabale che nel Medioevo affiancavano costantemente la sua immagine. Emblematici di questo sono anche alcuni quadri di Brueghel ed il sinistro libro di Brandt, il Narrenschiff, odissea dantesca della follia a bordo di una nave carica di tipi umani e personaggi simbolici. Dunque, il folle è visto anche come il possessore di un sapere oscuro e proibito, capace di vedere realtà superiori che nascondono segreti misteriosi o rivelazioni religiose. Anche la saggezza di Dio, non si distacca molto nella sua definizione dall’abisso della follia. Anche la teologia si trova quindi implicata nel paradosso della follia; la ragione umana al confronto di quella di Dio non è che follia. Con Cartesio e Montaigne comincia a restringersi l’orizzonte medioevale della follia, e l’autorità del pensiero prevale sull’interpretazione allegorica della follia. "Se l’uomo può sempre essere folle, il pensiero, come esercizio della sovranità da parte di un soggetto che si accinge a percepire il vero, non può essere insensato. Viene tracciata una linea di separazione che renderà ben presto impossibile l’esperienza di una Ragione sragionevole e di una Sragionevole ragione". Il potere di suggestione del folle lascerà spazio alla sua visione come minaccia, o semplicemente come individuo superfluo da allontanare e rimuovere dalla coscienza sociale. I malati sono trattati senza rispetto per le condizioni in cui versano, e tutta l’organizzazione ricorda molto da vicino quella di un carcere che li ha visti nudi, coperti di stracci, senz’altro che un po’ di paglia per proteggersi dalla fredda umidità del selciato, grossolanamente nutriti, privati d’aria per respirare, dell’acqua per spegnere la loro sete, e delle cose più necessarie alla vita, in balia di veri carcerieri, abbandonati alla loro brutale sorveglianza. Quell’internamento destinato ad essere emblema di tutto il modo di pensare fino alla metà del secolo scorso (ma si può dire fino a tutt’oggi) e diventare strumento di potere, che non esita a ricorrere ad arbitrarie misure d’internamento, è la vera follia che nasconde una coscienza precisa ed esplicita, assolutamente arbitraria e profondamente sbagliata, perché mette in luce l’omogeneità di un processo che si è cominciato a criticare soltanto dopo la sua conclusione. La totale assenza di cure mediche specifiche all’interno delle vecchie case di cura a gente che non veniva rinchiusa per guarire, ma solo per terminare i propri giorni lontana dalla società – conclude il medico – si configura come punizione etica. La follia è anche scandalo della condizione umana abbassata a quella animale, il rinnegamento di quei valori che fin dall’antichità distinguevano l’uomo dalle bestie. L’animalità è il limite della ragione incarnata nello scandalo stesso della condizione umana>>.
Che dire di tutto ciò che è avvenuto in passato, arrivato alla nostra conoscenza solo di striscio, che per paura di perdere la ragione abbiamo rimosso dalla mente? La perdita della ragione, ci trascina in un universo di orrori, perciò ci chiudiamo in quel silenzio che cavalca le paure della nostra infanzia.

Ma, ora, alla luce della chiusura dei manicomi e delle nuove tecniche e medicine, ci interroghiamo: potrà il malato mentale essere ben curato e vivere una esistenza abbastanza dignitosa?

Principia Bruna Rosco

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