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Non bastano gli abbandoni, ucciso gatto a colpi di badile

(mi-lorenteggio.com) Pavia, 29 agosto 2008 – È accaduto il 19 agosto a Torre Beretti (PV), dove un gatto che gironzolava, è stato ucciso, presumibilmente con colpi di badile, dal proprietario di un fondo, un pensionato di 74 anni, il quale era infastidito della presenza del gatto e aveva già minacciato i proprietari. Dopo il misfatto, ha tentato anche di occultare il cadavere, gettandolo in un sacco dell’immondizia e poi nel cassonetto.

Al tentativo di inquinare le prove ha assistito un testimone oculare, il quale è andato a verificare il contenuto del sacchetto, rinvenendovi il gatto, ricoperto di sangue e prove dell’intenzionalità del gesto, che sono state portate all’attenzione della Magistratura, e su cui si serba il necessario riserbo dovuto dalle indagini in corso.

I proprietari si sono rivolti alla LAV.

L’uccisore del gatto è stato denunciato e ora rischia la reclusione da 3 a 18 mesi, come previsto dall’art. 544 bis del codice penale. La condotta posta in essere, oltre ad essere socialmente riprovevole e indicatore di uno scorretto controllo degli impulsi violenti, ha offeso un diritto, la cui lesione è stata elevata al rango di delitto (con conseguenze in ordine alla configurabilità del tentativo, all’impossibilità di estinzione del reato mediante oblazione) ad opera della l. 189/04, la quale ha introdotto un apposito titolo nel codice penale, attribuendone la perseguibilità all’Autorità Giudiziaria d’ufficio.

“Non ci sono parole per esprimere l’orrore di quello che è successo. Ovviamente chiederemo una condanna esemplare e soprattutto che il responsabile subisca il processo. Non si può passare sopra a tanta crudeltà, soprattutto se consideriamo come il crimine sia avvenuto con premeditazione, cioè inducendo in trappola il gatto. Non crediamo infatti alla versione fornita alla stampa, del raptus, dell’azione non voluta, sia per la minaccia preventiva di uccidere i gatti sia per le altre prove rinvenute, oggi al vaglio della Procura.

Esistono modi non cruenti per convincere i gatti a non transitare dove sono indesiderati e, in ogni caso, non può mettersi sullo stesso piano di valore la vita di un gatto – che, per sua natura, è libero – e il valore della proprietà privata. Il diritto alla non sofferenza e alla vita degli animali è stato riconosciuto, da ultimo dall’Unione Europea, la quale, proprio di recente, nel Trattato di Lisbona, ha definito gli animali ‘esseri senzienti’. Del resto la normativa sia nazionale che regionale sulle colonie feline riconosce la libertà dei gatti di muoversi, nello spazio, anche privato, così sancendo un principio di tolleranza che deve essere mostrata nei confronti dei gatti liberi, quali portatori di valori di rispetto della vita e della libertà.

Potrà essere disposta l’autopsia del gatto atta ad accertare le modalità con cui il gatto è stato ucciso, il mezzo utilizzato, il numero di colpi inferti, il tempo durante il quale il gatto ha subito tali colpi prima di trovare la morte, nonché perizia sulle prove rinvenute. Questo gesto deve essere inquadrato giuridicamente nella corretta fattispecie, tenuto conto anche delle aggravanti e dell’intensità del dolo, quale elemento soggettivo del reato. Inoltre la letteratura scientifica ha messo in evidenza che simili atteggiamenti, anche quando la vittima è un animale, denotano una particolare indifferenza alla sofferenza, da tenere in considerazione quale indice di valutazione della personalità dei colpevoli”, afferma la Dott.ssa Annalisa Gasparre, Responsabile Provinciale LAV e legale della famiglia offesa dal reato.

“L’uccisione brutale del nostro gatto ci ha provocato un grande dolore – dicono i proprietari-.

Temiamo inoltre che l’accanimento e la premeditazione di questa persona possa rivolgersi anche nei confronti di altri gatti, nostri e dei nostri vicini, che si vengono a trovare sulla sua strada. Purtroppo la minaccia ricevuta e le prove rinvenute dimostrano l’intenzionalità del gesto; anche i comportamenti seguenti e le dichiarazioni rese alla stampa ci lasciano amareggiati e perplessi. Confidiamo quindi nell’opera e nello scrupolo della Magistratura, che deve comunque procedere d’ufficio, secondo quanto previsto dalle vigenti leggi. L’uccisione di Cirillo, che faceva parte della nostra famiglia, è da considerarsi un reato vero e proprio e non è certo riconducibile a incidenti o a screzi tra vicini di casa; in merito a questo precisiamo, smentendo l’interpretazione data su alcuni organi di stampa, che non ci sono mai stati litigi o discussioni né lamentele su eventuali danni arrecati all’orto, ma solo l’episodio della minaccia, ricevuta alcuni giorni prima dell’uccisione del nostro gatto.”.

Redazione

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