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Verdi e Donizetti a Castellanza per la prima stagione lirico sinfonica della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate

(mi-lorenteggio.com) Castellanza, 24 marzo 2009 – Comincia con un acuto la stagione lirico sinfonica della Bcc: due successi da tutto esaurito con tanto di bis per le prime tappe della rassegna musicale che la nostra banca, insieme con orchestra e coro Amadeus, sta portando sul territorio. La terza sarà a Castellanza il prossimo 29 marzo alle ore 21 presso il Teatro di via Dante. L’ingresso è libero. Si potranno ascoltare, nell’esecuzione dell’Ensemble Amadeus diretta dal maestro Marco Raimondi estratti dalle opere Traviata, Rigoletto ed Elisir d’amore su musiche di Verdi e Donizetti. "Proponiamo al pubblico pagine del grande repertorio operistico italiano -spiega Enrico Raimondi, organista dell’ensemble Amadeus e protagonista dei concerti nelle chiese del territorio-. Abbiamo programmato una stagione lirico sinfonica con un occhio ai cori, alle arie e alle sinfonie d’opera più amati".
“Siamo soltanto a tre concerti sui cinque programmati, ma mi sento di dire che la Bcc ha fatto ancora centro -commenta il presidente della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate Lidio Clementi-. La partecipazione e il gradimento espresso dal pubblico sono la prova più tangibile della bontà della scelta fatta. Dopo il grande successo incontrato dalla rassegna organistica abbiamo ancora una volta visto giusto: in occasione del primo concerto, tenutosi in occasione della Candelora, la chiesa del Santissimo Redentore era gremita; per l’evento di Cassano Magnago i biglietti sono andati esauriti con grande anticipo. La scelta della Bcc ha pagato, il territorio ha risposto al meglio; puntare sulla musica è stata una mossa vincente». Dall’intuizione al risultato, naturalmente, c’è di mezzo la bravura degli esecutori, e come per la stagione organistica la Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate ha scelto la professionalità dell’orchestra e del coro Amadeus; decisione che, oltre che una garanzia per la qualità dell’esecuzione, rappresenta l’ennesima riprova della politica della nostra banca, l’investimento sulle risorse del territorio. Orchestra e coro Amadeus sono infatti composti da elementi giovani che gravitano nei comuni dell’Altomilanese e del Varesotto; un patrimonio di capacità cui è doveroso offrire la possibilità di esprimersi. «Esibirsi in concerti come quelli di Legnano e Cassano Magnago è appagante per un musicista -afferma Enrico Raimondi, organista dell’Amadeus-: pubblico partecipe, entusiasta, con richieste di bis non alla fine, come è prassi, ma al termine di un brano. In particolare il pubblico è stato trascinato dall’aria di Figaro del Barbiere e dal Libiamo de La Traviata; un obiettivo, dunque, quello che ci eravamo prefissi, che è stato centrato. Un grazie enorme alla Bcc che crede con forza al progetto e alla necessità di divulgare la musica al di fuori dei templi consacrati. Organizzare una rassegna come questa è meritorio, un bene e un investimento primario per la cultura".

Programma
29 amarzo 2009 – ore 21.00
Castellanza – Teatro di via Dante
Invito all’Opera
Estratti dalle opere:Traviata, Rigoletto, Elisir d’amore
Musiche di G.Verdi, G. Donizetti
Soprano: Oriana Castello – Tenore: Andrea Semeraro

Gli altri appuntamenti della Stagione lirico – sinfonica 2009
della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate
24 Aprile 2009 – ore 21.00
Castano Primo – Teatro Paccagnini
Concerto per l’Italia
Estratti dalle opere La Forza del destino, Nabucco, Aida, Turandot, Cavalleria rusticana
Musiche di G. Verdi, G. Puccini, P. Mascagni
08 Maggio 2009 – ore 21.00
Busto Arsizio – Chiesa di S.Edoardo
Concerto dell’Ascensione
Messe Solennelle
Musiche di G. Rossini

Coro e orchestra Amadeus
Il Coro e Orchestra Amadeus nasce nel 1997 sull’esempio delle società corali europee con il proposito di diffondere la musica colta colmando uno storico vuoto nella realtà musicale italiana. La sua attività comincia nel 1998 con la creazione di un laboratorio corale a cui nel 1999 se ne aggiunge uno orchestrale composto da giovani professionisti e studenti. Negli anni successivi, accanto all’attività formativa, viene costruito un repertorio concertistico che spazia dal Te Deum di M.A.Charpentier ai Credo RV591 e RV592 di A.Vivaldi, dalla Kronungsmesse KV317 alle Litanie de Venerabili Altaris Sacramento di W.A.Mozart, dalle principali opere del ‘7,’8 e ‘900 (Nozze di Figaro, Nabucco, Trovatore, Traviata, Aida, Cavalleria Rusticana,…) alla Messe Solennelle di Rossini, a cui si aggiungono ouvertures e sinfonie, concerti per strumento solista ed orchestra e brani inediti di autori contemporanei. Se il coro, preparato da validi maestri, cresce fino a raggiungere gli attuali 80 elementi, l’orchestra sinfonica, violino di spalla Stefano Grossi, è composta oggi da 60 professionisti provenienti dalle migliori scuole e orchestre italiane e internazionali.

Marco Raimondi Direttore
Marco Raimondi ha compiuto i suoi studi musicali a Milano, in pianoforte sotto la guida di R.Fontanella ed in organo nella classe di F.Castelli, per poi svolgere dal 1984 attività di organista presso diverse chiese della diocesi milanese. Si è successivamente diplomato con il massimo dei voti in musica corale e direzione di coro, conseguendo la laurea di magistero in musica sacra presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra della Santa Sede con una tesi sulla direzione orchestrale dalle origini all’età contemporanea. Ha studiato direzione d’orchestra a Perugia con F.Dorsi per poi perfezionarsi a Berlino con O.W.Muller. Ha partecipato a masterclass e seminari internazionali approfondendo le sue conoscenze in composizione con L.Molfino, interpretazione con G.Acciai, vocalità con M.LSanchez. Dopo essersi laureato anche in ingegneria gestionale, sempre a Milano, svolge attualmente attività di direttore in ambito internazionale e di docente presso diversi istituti accademici. Ha al proprio attivo un’intensa attività concertistica e ha collaborato con numerose formazioni tra cui la Philharmonisches Kammerochester Berlin, l’Orchestra dell’Accademia Musicale Umbra, la Philarmonic Orchestra of Vorpommern, l’Orchestra Goldberg, il Collegium Musicum J.S.Bach ed il Coro e Orchestra Amadeus di cui è uno dei fondatori e direttore stabile e con il quale ha inciso i cd "Christmas forever" (2006), "Kronunsgmesse" (2007) ed "Invito all’opera" (2008)

Enrico Raimondi Organo
Enrico Raimondi, ha cominciato lo studio del pianoforte con il M°Fontanella per proseguirlo con il M°Riva e diplomarsi presso il Conservatorio "G.Cantelli" di Novara. Svolge attività stabile di pianista, organista e maestro collaboratore presso il coro e orchestra "Amadeus", di cui figura tra i fondatori, e di clavicembalista con formazioni cameristiche con le quali svolge intensa attività concertistica. Ha affrontato un vasto repertorio dalla musica antica al periodo contemporaneo esibendosi in concerti, rassegne e festival musicali nazionali. Ha collaborato con diversi laboratori corali e svolge attività didattica in qualità di docente di Pianoforte, Teoria e Solfeggio, Armonia e Storia della Musica presso diverse scuole musicali. Ha studiato vocalità con il M°Jelo e tecnica orchestrale con il M°Dorsi ed attualmente studia canto lirico con il tenore georgiano M°Svanidze e organo con il M°Paolini. Nel 2005 ha costituito con Valentina Cagliani il duo pianistico "piano-four-te", nel 2006 il Trio Operistico Italiano con il tenore A.Semeraro ed il soprano F.De Poi e quindi la Camerata Lombarda, sestetto specializzato nel repertorio barocco. Ricopre il ruolo di organista presso diverse chiese e direttore del coro presso la chiesa S.Giulio di Castellanza. Svolge anche attività di compositore ed ha al proprio attivo una "Fantasia Natalizia" per soli, coro ed orchestra sinfonica, eseguita dal 2002 dal Coro e Orchestra Amadeus, che è giunta oggi ad oltre 50 repliche.

Oriana Castello Soprano
Oriana Castello, soprano si avvicina giovanissima alla musica e studia canto e pianoforte con il M° Giampaolo Vessella. Nel 1997 inizia gli studi accademici presso il Conservatorio Statale di Musica "Guido Cantelli" di Novara, dapprima sotto la guida del M° Wilma Borelli, poi con il M° Silvana Manga fino al conseguimento del diploma. Attualmente si sta perfezionando con il M° Paolo Vaglieri. Ha debuttato nel ruolo di Annina ne "La Traviata" di G.Verdi al Teatro di Bellinzona in Svizzera. Ha interpretato Ines ne "Il Trovatore" di G.Verdi, Giannetta ne "L’Elisir d’Amore" di G.Donizetti, Kete Pinkerton in "Madama Butterfly" di G.Puccini, Suor Dolcina in "Suor Angelica" di G.Puccini, Pastorello nella "Tosca" di G.Puccini, lo Spirito nel "Dido and Aeneas" di H.Purcell al Teatro Coccia di Novara. Nello stesso tempo si è esibita nella Messa dell’Incoronazione di W.A.Mozart e nel Gloria di A.Vivaldi nel repertorio di musica sacra. Svolge regolarmente concerti con repertorio operistico, sacro e da camera.

Andrea Semeraro Tenore
Andrea Semeraro, tenore, inizia a cantare a 6 anni con il coro di voci bianche "I Piccoli Cantori della città di Trieste". Inizia lo studio dell’oboe e del saxofono nel conservatorio della sua città e a collaborare con le istituzioni corali più importanti. Ha studiato canto a Trieste con i maestri R. Susovsky, A. Svab, W. Coppola e a Milano con B.M. Casoni frequentando vari corsi di perfezionamento con C. Desderi, C. Cossutta, D. Mazzola. Ha al suo attivo numerosi concerti in Italia ed all’estero che gli hanno permesso di affrontare un consistente repertorio sacro. Collabora con il Teatro Lirico "G. Verdi" di Trieste ed il Teatro Regio di Torino. Nel 2002 viene chiamato nel coro Filarmonico della Scala ove tuttora opera e dove, nel 2004, ha vinto il concorso internazionale per artisti del coro. Ha fondato con amici e colleghi del coro della Scala il sestetto "Italian Harmonists" con il quale svolge un’intensa attività concertistica, discografica e teatrale. Svolge un’intensa attività concertistica corale, solistica e in formazione in Italia ed all’estero. La sua discografia comprende: "Misa Criolla – Folklore Internazionale" (2001) ; "Arie Sacre" (2003); "Concerto di Natale" (2005), "Litanie alla beata vergine" di C.Monteverdi (2006).

Gaetano Donizetti
Bergamo, 29 novembre 1797 – Bergamo, 8 aprile 1848
Domenico Gaetano Maria Donizetti scrisse 69 opere, tra cui le più famose, L’elisir d’amore, Lucia di Lammermoor e Don Pasquale. Nato a Bergamo da una famiglia di umile condizione, fu ammesso alle lezioni caritatevoli di musica tenute da Giovanni Simone Mayr e dimostrò ben presto un talento notevole, riuscendo a rimediare con i progressi nello studio della musica alla modesta qualità della sua voce, visto che era necessario svolgere egregiamente il servizio di cantore per poter proseguire i corsi gratuiti. A Bologna, dove proseguì gli studi musicali, Donizetti scrisse la sua prima opera teatrale, Il Pigmalione, che sarà rappresentata postuma, ed interessanti composizioni strumentali e sacre. Ancora Mayr gli procurò la prima scrittura per un’opera al Teatro S. Luca di Venezia e quindi il compositore fu a Roma, presso l’impresario Paterni, come sostituto dello stesso Mayr e quindi a Napoli dove sostituì Rossini fuggito nel frattempo con la Colbran. Fu nel 1830, con Anna Bolena, scritta in soli trenta giorni per il Teatro Carcano di Milano, che Donizetti ebbe il primo grande successo internazionale, mostrando una piena maturità artistica. Di qui in poi, la vita professionale di Donizetti proseguì a gonfie vele, anche se non mancarono i fiaschi cui si intrecciarono vicende famigliari che non gli risparmiarono alcun dolore, spesso nei momenti di maggior gloria. Nel 1832, dopo l’insuccesso di Ugo, conte di Parigi, il pubblico milanese del Teatro della Cannobiana (l’odierno Teatro Lirico) applaudì una delle sue più grandi opere, L’Elisir d’amore, su libretto di Felice Romani da una commedia di Eugène Scribe ove l’azione ha luogo in un villaggio dei paesi baschi alla fine del XVIII secolo. Definita melodramma giocoso, l’opera rientra a pieno titolo nella tradizione dell’opera comica, anche se in essa trova ampio spazio l’elemento patetico, che raggiunge la sua punta più alta nel brano più noto: la romanza cantata dal protagonista Nemorino, Una furtiva lagrima, brano entrato – come del resto l’intera opera – nel cosiddetto "repertorio" e non a caso incluso – nella versione storica cantata da Enrico Caruso – quale leitmotiv della colonna sonora del film di Woody Allen, Match Point. A farlo amare da subito dagli appassionati della lirica è in particolare la tipica melodia donizzettiana, che anche in questo caso accompagna motivi piacevoli che bene mettono in risalto la vena buffa del compositore bergamasco, capace di trasformare con agilità inventiva la risata in sorriso, sia pure talvolta velato di malinconia e di una già citata aria della furtiva lagrima è limpida testimonianza. Immeditamente dopo, al Teatro San Carlo di Napoli la prima di Lucia di Lammermoor, su versi di Salvadore Cammarano, fu un trionfo e l’opera è considerata ancor oggi un capolavoro, come al solito scritto in tempi ristrettissimi (trentasei giorni). Seguirono tempi veramente duri per il compositore che, dopo la perdita dei genitori, dei figli e della moglie cadde nel più profondo sconforto. Donizetti tuttavia non smise mai di lavorare e si decise a lasciare Napoli alla volta di Parigi dietro consiglio di Rossini. In quegli anni le sue opere furono rappresentate ovunque, sia in traduzione che in lingua originale presso il Théâtre des Italiens decretandone il pieno successo artistico. Scrisse in quegli anni La fille du régiment e quindi, grazie ad una raccomandazione per Metternich da parte del solito Rossini, l’infaticabile Donizetti partì di nuovo, alla volta di Vienna. Si era ormai giunti al 1843, anno di composizione del Don Pasquale, ultima grande opera del maestro bergamasco. Il libretto, preparato da Ruffini sulla base del Ser Marcantonio di Anelli, fu pesantemente rimaneggiato dalo stesso Donizetti, al punto che l’autore alla fine ritirò la firma: l’opera fu per lungo tempo attribuita a Michele Accursio a causa della firma M.A. che fu invece apposta da Donizetti a significare Maestro Anonimo. Furono gli ultimi momenti di grande fervore creativo, poi la malattia ebbe il sopravvento, la pazzia lo fece rinchiudere nel manicomio da cui uscì solo qualche mese prima della morte.

Giuseppe Verdi
Busseto, 10 ottobre 1813 – Milano, 27 gennaio 1901
Giuseppe Fortunino Francesco Verdi nacque nelle campagne di Roncole, una frazione di Busseto (Parma), il 10 ottobre 1813 da Carlo, oste e rivenditore di generi alimentari, e Luigia Uttini, filatrice. Pur essendo il giovane di umile condizione sociale, riuscì tuttavia a seguire la propria vocazione grazie al grande desiderio di apprendere. L’organista della chiesa di Roncole, Baistrocchi, lo prese infatti a benvolere e lo iniziò allo studio della musica e alla pratica dell’organo. Più tardi, Antonio Barezzi, un negoziante amante della musica e direttore della locale società filarmonica, convinto che la fiducia nel giovane non fosse mal riposta, divenne suo mecenate e protettore aiutandolo a proseguire gli studi intrapresi. Verdi manifestò precocemente il proprio talento musicale, come testimonia la scritta posta sulla spinetta dal cembalaro Cavalletti, che nel 1821 la riparò gratuitamente "vedendo la buona disposizione che ha il giovinetto Giuseppe Verdi d’imparare a suonare questo istrumento". Verdi aveva solo quindici anni quando, nel 1828, una sua sinfonia d’apertura venne eseguita, in luogo di quella di Rossini, nel corso di una rappresentazione de Il Barbiere di Siviglia al teatro di Busseto. Dopo aver inutilmente tentato di essere ammesso al Conservatorio di Milano, Verdi seguì le lezioni private del clavicembalista del Teatro alla Scala, Vincenzo Lavigna e, ottenuto un contratto con l’editore Ricordi, esordì come operista il 17 novembre 1839, ottenendo un incoraggiante successo con Oberto, Conte di San Bonifacio. Nel 1836, aveva sposato la figlia del suo benefattore, Margherita Barezzi, da cui ebbe due figli che scomparvero in tenerissima età e nel 1840 perse anche la moglie, colpita da una encefalite incurabile. Visto l’esito dell’Oberto, l’impresario della Scala Bartolomeo Merelli gli commissionò la commedia Un giorno di regno, che ebbe esito disastroso a causa del dolore per la morte della moglie e dei figli, che aveva gettato il musicista nel più profondo sconforto. Fu ancora Merelli a convincerlo di non abbandonare la lirica, consegnandogli personalmente un libretto di soggetto biblico, il Nabucco, scritto da Temistocle Solera, che Verdi accettò di musicare. L’opera andò in scena il 9 marzo 1842 al Teatro alla Scala e fu un trionfo, tanto da meritarsi 64 repliche solo nel primo anno. La Sinfonia, di impianto imponente, preannunciava lo sviluppo musicale rapido e incisivo, caratteristica che avrebbe contraddistinto anche la successiva, e più matura, produzione del compositore. Tale opera è stata spesso letta come la più risorgimentale di Verdi, poiché gli spettatori italiani dell’epoca potevano riconoscere la loro condizione politica in quella degli ebrei soggetti al dominio babilonese. Questo tipo di lettura è soprattutto incentrata sul famosissimo coro Va’, pensiero, sull’ali dorate, intonato appunto dal popolo ebreo, che finì col divenire una sorta di canto doloroso o inno contro l’occupante austriaco, diffondendosi rapidamente insieme con il famoso Canto degli Italiani di Michele Novaro su testo di Goffredo Mameli. Se Nabucco segnò l’inizio di una folgorante carriera, I Lombardi alla prima crociata costituì l’immediata conferma del valore di Verdi. L’opera andò in scena al Teatro alla Scala l’11 febbraio 1843 sempre su libretto di Temistocle Solera e il famoso coro Oh Signore dal tetto natìo costituì l’analogo richiamo al precedente "Va pensiero", intonato questa volta dall’esercito crociato impegnato a liberare il Santo Sepolcro. Per i dieci anni successivi Verdi scrisse mediamente un’opera all’anno e tali opere, pur presentando talvolta al loro interno pagine di acceso lirismo e una lucida visione dei meccanismi e delle dinamiche teatrali, non danno tuttavia testimonianza di un’evoluzione del maestro verso forme musicali e drammaturgiche più personali. Furono creazioni generalmente di successo rappresentate in molti teatri italiani ed europei, ma composte spesso su commissione, con ritmi di lavoro talvolta massacranti e non sempre sorrette da una genuina ispirazione. Per tale ragione Verdi definì questo periodo della propria vita "gli anni di galera". Verdi si sarebbe però comunque definitivamente imposto come il massimo operista italiano del suo tempo con Rigoletto, seguito da altri due capolavori assoluti, Il trovatore e La traviata, che formano la cosiddetta "trilogia popolare".. Tratto da una pièce di Victor Hugo, Le roi s’amuse, Rigoletto è un’opera profondamente innovativa, sotto il profilo drammaturgico e musicale. Per la prima volta al centro della vicenda di un’opera drammatica troviamo un buffone di corte, cioè un personaggio che, utilizzando una terminologia moderna, potremmo definire un "emarginato sociale". La dimensione emotiva dei protagonisti è colta da Verdi magistralmente attraverso una partitura messa al servizio del dramma e di straordinaria bellezza melodica. Azione e musica sembrano rincorrersi e sostenersi mutuamente in una vicenda che ha un ritmo di sviluppo rapido, senza cedimenti né parti superflue. Il miracolo si ripeté con Il Trovatore (Roma, 1853), opera dall’impianto più tradizionale ma altrettanto affascinante. Dramma di grande originalità oltretutto, perché si struttura su una vicenda povera di avvenimenti e dove i protagonisti o sono proiettati verso un futuro gravido di incognite, o immersi nei ricordi di un passato lontano che ne condiziona l’azione e li sospinge verso un destino di morte ineluttabile. Rappresentata in prima assoluta il 19 gennaio 1853 al Teatro Apollo di Roma, fu Verdi stesso ad avere l’idea di ricavare un’opera dal dramma di Gutiérrez, commissionando a Salvadore Cammarano la riduzione librettistica. Il poeta napoletano morì improvvisamente nel 1852, appena terminato il libretto, e Verdi, che desiderava alcune aggiunte e piccole modifiche, si trovò costretto a chiedere l’intervento di un collaboratore del compianto Cammarano, Leone Emanuele Bardare. Questi, che operò su precise direttive dell’operista, mutò taluni passi e lo stesso Verdi intervenne personalmente sui versi finali dell’opera, abbreviandoli. La prima rappresentazione fu un grande successo: come scrive Julian Budden, "Con nessun’altra delle sue opere, neppure con il Nabucco, Verdi toccò così rapidamente il cuore del suo pubblico". Con quest’opera Verdi scrisse alcune fra le sue pagine più alte, ricche di patetismo e suggestione, (si pensi al coro delle incudini) che sarebbero nuovamente emerse pochi mesi più tardi, nella terza opera in ordine cronologico, della trilogia: La Traviata. Opera in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave tratto dalla pièce teatrale di Alexandre Dumas (figlio), «La signora delle camelie», viene considerata l’opera più significativa e romantica di Verdi. La prima rappresentazione avvenne al Teatro La Fenice di Venezia il 6 marzo 1853 ma, a causa soprattutto della scabrosità dell’argomento, si rivelò un sonoro fiasco; ripresa l’anno successivo riscosse finalmente il meritato successo e nel tempo La Traviata non ha mai smesso d’appassionare. Più che su alcuni accadimenti esteriori, la vicenda viene vissuta all’interno della coscienza della protagonista la cui natura umana è scandagliata da Verdi in tutte le sue minime sfumature e le scelte stilistiche del grande compositore risultano sempre adeguate alla complessa drammaturgia dell’opera traducendosi in un raffinamento orchestrale e in una complessità armonica la cui modernità non venne all’epoca pienamente recepita. La storia ruota attorno a una cortigiana, Violetta, travolta dall’amore per un giovane di buona famiglia. I passaggi più popolari e suggestivi sono il toccante Preludio e il famoso brindisi "Libiamo ne’ lieti calici". Oggigiorno alcuni critici considerano La Traviata una vera e propria pietra miliare nella creazione del dramma borghese degli ultimi decenni dell’ottocento e ne evidenziano l’influenza su Puccini e gli autori veristi. Con la "trilogia popolare", Verdi si era imposto come il più celebre musicista del suo tempo e in quegli anni riaffiorò prepotente in lui, ormai compositore affermato, ricco e noto al pubblico internazionale, il fascino della campagna. Nel 1848 Verdi acquistò la villa di Sant’Agata, una frazione di Villanova sull’Arda, dove diventò anche consigliere comunale. Qui si stabilì tre anni più tardi, assieme alla sua nuova compagna, il soprano Giuseppina Strepponi, che sposò nel 1859. La seconda metà degli anni cinquanta dell’Ottocento, furono invece, per il compositore, anni di travaglio: Verdi poteva finalmente comporre senza fretta, ma l’intero mondo musicale stava lentamente cambiando e un interessante connubio di elementi comici e tragici con decisa prevalenza di questi ultimi, si realizzò ne La Forza del destino, opera in quattro atti la cui "prima" ebbe luogo al Teatro Imperiale di San Pietroburgo il 10 novembre 1862. Il debutto italiano avvenne invece al Teatro Apollo di Roma nel 1863, con il titolo Don Alvaro e la seconda versione, per la quale Verdi aggiunse la celebre sinfonia, compose un nuovo finale e operò numerose altre modifiche, debuttò al Teatro alla Scala di Milano il 27 febbraio 1869. L’opera contiene la famosa aria di Leonora La vergine degli angeli, dove il soprano è accompagnato nella sua preghiera dal coro dei frati del convento e la tradizione vuole che tale aria sia stata ispirata a Verdi da una tela dello Scaramuzza, conservata nella Collegiata di Cortemaggiore. L’indubbio vigore musicale che caratterizza il tema portante dell’opera, che qui significa il divenire incessante del volere di Dio, sarà confermato nel Don Carlos, presentato al pubblico parigino nel 1867. Don Carlos è oggi considerato uno dei grandi capolavori verdiani. In quest’opera il compositore, pur facendo proprie alcune impostazioni del Grand opéra, riesce a scavare nella psicologia dei protagonisti, offrendoci una poderosa raffigurazione del dramma umano e politico che sconvolse la Spagna nella seconda metà del XVI secolo e che ruota attorno alla logica spietata della ragion di stato. Tale periodo di massima maturazione umana e artistica culminò con Aida, opera in quattro atti su libretto di Antonio Ghislanzoni. Narra la storia di Aida, una principessa etiope catturata e condotta in schiavitù in Egitto. La prima rappresentazione avvenne a Il Cairo la vigilia di Natale del 1871. Ismail Pasha, kedivè d’Egitto, commissionò l’opera a Verdi per celebrare l’apertura del Canale di Suez nel 1869, ma la prima dell’opera fu ritardata a causa della guerra franco-prussiana. Quando finalmente la prima ebbe luogo, l’opera ottenne un enorme successo e ancora oggi continua ad essere una delle opere liriche più famose e coinvolgenti (si pensi al travolgente finale del II atto) che ha costituito un grande passo in avanti verso la modernità tanto da accostarla al dramma wagneriano. In realtà Verdi aveva seguito un percorso del tutto autonomo in Aida, opera fondamentalmente intimista e poggiata su una vocalità dalle caratteristiche prettamente italiane. Ricordiamo a questo proposito che la prima opera wagneriana ad essere rappresentata in Italia fu il Lohengrin a Bologna, e ciò avvenne dopo la prima esecuzione dell’Aida. Verdi era quindi già al corrente di alcune innovazioni musicali del grande compositore tedesco, ma è indubbio che Wagner fu conosciuto dal grande pubblico italiano e iniziò a esercitare una decisa influenza sugli operisti italiani dopo tale data e non prima. Dopo Aida Verdi decise di ritirarsi a vita privata e iniziò così il periodo del grande silenzio interrotto solo dalla Messa di Requiem scritta in occasione della morte di Alessandro Manzoni. Verdi trascorse gli ultimi anni tra Sant’Agata e Milano dove morì in un appartamento del Grand Hotel et De Milan il 27 gennaio 1901, a 87 anni. Era venuto nella città lombarda per trascorrervi l’inverno, come faceva da tempo, ma colto da malore spirò dopo sei giorni di agonia. Lasciò istruzioni per i suoi funerali: si sarebbero dovuti svolgere all’alba, o al tramonto, senza sfarzo né musica. Volle esequie semplici, come semplice era sempre stata la sua vita. Le ultime volontà del compositore vennero rispettate, ma non meno di centomila persone seguirono in silenzio il feretro. Nei giorni che precedettero la morte di Verdi via Broletto e le strade circostanti vennero cosparse di paglia affinché lo scalpitio dei cavalli e il rumore delle carrozze non ne disturbassero il riposo.

Redazione

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