(mi-lorenteggio.com) Mesero, 29 giugno 2009 – Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviataci dai lavoratori e dalle lavoratrici della ESAB Saldatura, dove su 143 dipendenti 85 devono lasciare il posto di lavoro immediatamente, per i restanti il futuro
lavorativo in ESAB è incerto, come scrivono gli operai.
Ci risiamo. La storia si ripete. Incessante. Inarrestabile. Vergognosa.
Stavolta è toccato alla ESAB Saldatura di Mesero (via Mattei) che, dopo 74 anni di proficua attività, chiude i battenti o meglio, a detta dei dirigenti, “revisiona le proprie attività produttive”.
Una revisione certo non produttiva per gli 85 lavoratori che da un giorno all’altro, senza un minimo di etico e doveroso preavviso, si sono visti dare il foglio di via.
Ufficio vendite e amministrazione per ora no, ma chi lo sa tra qualche mese come si evolverà la situazione visto lo spettrale silenzio che precede questo tipo di decisioni?
E così anche i lavoratori di questa storica multinazionale che ha fatto girare per anni l’intera economia di un paese e non solo, si ritrovano da una settimana fuori dai cancelli a protestare per una chiusura che, forse, si poteva evitare, o quantomeno contenere.
La crisi impera, dato innegabile, ma è plausibile che chi perde il posto possa pensare che c’entri qualcosa la vicinanza al casello Marcallo-Mesero dell’autostrada Milano-Torino da cui parte la confluenza per il fruttuosissimo aeroporto di Malpensa?
La pensione sicura ormai non è più tra i sogni delle nuove generazioni, si sa, ma per gli operai che hanno alle spalle 20, 30 o 40 anni di massacrante ma onesto lavoro è un punto di arrivo fondamentale, il riconoscimento di anni di sacrifici.
E ora cosa si prospetta? Che tipo di iter lavorativo viene proposto a queste persone più che qualificate? Società interinale, tempo determinato, sostituzione di maternità oppure accattonaggio? Unica difesa in tutto questo (non certo del posto di lavoro ma della propria dignità) è il blocco delle merci , che l’Azienda si è affrettata subito a chiedere di rimuovere, in nome di chissà quale correttezza professionale.
Redazione