Donne e salute. La depressione più temuta del tumore al seno

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    Milano, 8 febbraio 2010 – Sei donne su dieci hanno vissuto uno stato depressivo o conosciuto donne che ne stanno soffrendo. Il 54% teme questo “male oscuro” perché lo ritiene incurabile, addirittura più del tumore al seno (considerato incurabile solo dal 24,2% delle donne). Ma se si entra nello specifico delle terapie, la quota di “sfiduciate” sale al 78% tra le giovani dai 30 ai 39 anni fino all’80,1% delle donne tra i 40 e 49 anni.
    Dopo questa età la percentuale si abbassa restando pur sempre alta: circa 70%. L’uso di farmaci convenzionali (complessivamente efficaci per il 60%, ma molto efficaci solo per il 15,9%) viene solo dopo terapia psicologica e gruppi di mutuo-aiuto, considerate le pratiche più efficaci rispettivamente nell’83,1% (nel 36% molto efficaci) e 75,2% (nel 27% circa molto efficaci) dei casi. Le donne, infatti, ritengono che i farmaci attualmente disponibili abbiano solo effetti limitati nel tempo e non risolvono le cause principali della depressione. Proprio chi conosce la malattia assegna un giudizio più basso rispetto a chi non l’ha mai incontrata. I numeri denunciano un gap tra il livello di aspettativa delle donne e le cure farmacologiche oggi disponibili. É anche per questo motivo che le donne temono il male oscuro.
    La conoscenza dei sintomi, invece, è buona, ma può essere migliorata: il 40,3% li sa riconoscere e sa quanto è importante agire tempestivamente. Il punto di riferimento rimane il medico di famiglia (29% delle donne) seguito dai familiari (23%), psicologo (15%) e psichiatra (13%).
    Sono questi i dati emersi da un’indagine presentata oggi a Palazzo Marino dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da).

    “Le donne – ha commentato l’assessore alla Salute Giampaolo Landi di Chiavenna – sono maggiormente colpite da disagio psichico soprattutto nelle aree urbane con popolazione superiore ai 200 mila abitanti, dove quindi aumenta il rischio di patologie gravi. I dati in nostro possesso ci hanno quindi indotto ad agire: abbiamo promosso, ad esempio, un progetto per un
    ambulatorio che si occupa esclusivamente di disturbi psichiatrici che compaiono durante la gravidanza, il post-partum e la premenopausa, in collaborazione con il professor Mencacci. Un centro unico in Italia proprio perché si occupa di ‘Psichiatria di genere’ con una équipe tutta al femminile”.

    “La depressione è una malattia subdola – ha affermato Francesca Merzagora, Presidente O.N.Da – che si insinua nella vita delle donne alienandola. Le donne ne sono consapevoli e sono abbastanza informate su manifestazioni e campanelli di allarme. Ma la temono, più del tumore al seno, come emerge dai dati presentati oggi, perché non hanno fiducia nelle cure attuali. È in questo ambito che si deve lavorare per migliorare l’efficacia delle terapie
    riducendo gli effetti collaterali dei farmaci. Soprattutto spiegando che le cure farmacologiche sono utili se affiancate al medico di medicina generale e al sostegno della famiglia”.

    “La ricerca – ha spiegato Giuseppe Pellegrini, professore di metodologia della ricerca sociale all’Università di Padova – è stata eseguita su tutto il territorio nazionale con interviste telefoniche a 1016 donne tra i 30 e i 70 anni di età. Si evidenzia subito un problema proprio nella gestione della malattia. Le donne prediligono il contatto umano e la cura psicologica dimostrando maggiore sfiducia nei confronti dei farmaci attuali. È evidente un gap tra il livello di aspettative e le cure reali,
    soprattutto tra le donne che soffrono o hanno sofferto di depressione.
    Queste, infatti, assegnano a ciascuna terapia un giudizio di efficacia più basso rispetto a chi non ha mai incontrato questa patologia”.

    “L’indagine – ha precisato Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano – mette in luce che vi sono ancora alcuni bisogni insoddisfatti nelle cure per le donne. E questo è sicuramente il risultato di una non ancora corretta informazione sulle dosi e, soprattutto, sulla durata delle terapie. Molte ricadute e insuccessi, che portano alla sfiducia nei farmaci, sono dovute proprio ai trattamenti inadeguati prescritti dal medico. È opportuno rivolgersi a centri specializzati in questo ambito così delicato. È anche vero, però, che esiste una psicofarmacologia di genere per cui le donne manifestano caratteristiche diverse nel tempo in relazione alla stessa molecola, che
    può avere maggiore o minore efficacia a seconda del ciclo di vita (per esempio è efficace durante l’età fertile e non nel climaterio) e maggiori effetti collaterali rispetto all’uomo legati proprio alla biologia stessa femminile e alle influenze ormonali. Tutti questi aspetti devono essere tenuti ben presenti quando si prescrive una terapia. Inoltre, per quanto riguarda la preferenza del trattamento psicologico – ha aggiunto Mencacci – è doveroso sottolineare che questo può essere combinato a quello
    farmacologico o sequenziale, cioè successivo, ma non risulta efficace da solo nei casi di gravità media e severa. È di aiuto per la ricerca delle cause relazionali cognitive che possono aver portato alla malattia, ma che non sempre sono riconducibili all’episodio depressivo in atto. Infine, ben venga lo studio di molecole più efficaci e con minori effetti collaterali, soprattutto a livello gastrointestinale e sul desiderio sessuale. Oggi la ricerca ci aiuta, con l’arrivo di nuove categorie di farmaci con meccanismi d’azione innovativi che rappresentano una reale opportunità di risposta ad alcuni bisogni oggi ancora insoddisfatti”.

    “Il medico di famiglia – ha detto Raffaella Michieli, Segretario Nazionale della Società Italiana di Medicina Generale (Simg) – svolge una funzione importante come punto di riferimento per le donne, come dimostrano i dati della ricerca. È un ruolo che si esplica nel riconoscimento dei sintomi, ma anche nel dare loro il giusto peso. Spesso, infatti, nel genere femminile le variazioni umorali legate agli ormoni possono portare a sottovalutare i segnali di un malessere ben più grave. Inoltre, il medico di famiglia deve seguire costantemente la paziente, convincerla a non interrompere le cure e monitorarla nel tempo. La collaborazione con lo specialista è indispensabile nei casi di una certa gravità”. In questo contesto si inserisce anche il lavoro di supporto di associazioni come Progetto Itaca.
    “Il nostro gruppo – ha spiegato il segretario nazionale Ughetta Radice Fossati Orlando – vuole attivare e coordinare una rete di associazioni e Istituzioni impegnate nel supporto alle mamme che soffrono di disturbi psichiatrici nel delicato periodo della gravidanza e dopo il parto.
    L’obiettivo è di riconoscere tempestivamente i sintomi della depressione e dare alla mamma, al bambino e a tutto il nucleo famigliare un aiuto concreto e personalizzato. Volontarie opportunamente formate e seguite dall’équipe del Centro Psiche Donna possono dare aiuto attraverso supporto telefonico, gruppi di auto aiuto e incontri in sede o a domicilio”.

    “Siamo di fronte a una patologia silenziosa – ha concluso la senatrice Emanuela Baio – che se trascurata coinvolge non solo la psiche, ma anche il corpo. Viene definito il ‘male dell’anima’ e nessuno ne è immune, anche se, come emerge dall’indagine di O.N.Da, le donne sono quelle maggiormente colpite. Il lavoro delle Istituzioni è spesso concentrato sulla salute
    fisica dei cittadini ma non si può continuare a sottovalutare la depressione. Per affrontarla il Sistema Sanitario Nazionale deve investire sulla qualificazione del personale sanitario, in modo particolare del medico di famiglia. È da lui infatti che parte la catena virtuosa per riconoscere e quindi diagnosticare e curare questa malattia”.

    Redazione

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