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Apre a Palazzo Reale di Milano la mostra “Arcimboldo”

Milano, 9 febbraio 2011 – Fiori, frutti e bizzarrie del Cinquecento in mostra a Milano. Apre al pubblico domani, giovedì 10 febbraio, a Palazzo Reale “Arcimboldo”, esposizione voluta e realizzata dal Comune di Milano, prodotta da Palazzo Reale e Skira editore, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Milano, la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale della città di Firenze – Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi e il Kunsthistorisches Museum di Vienna, con il sostegno di Cariparma Crédit Agricole e il supporto media del Corriere della Sera, posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana.

“Una mostra nel segno della tradizione, che approfondisce la vita e le opere di un artista milanese che ha avuto grande successo alla corte degli Asburgo – spiega il Sindaco Letizia Moratti – . Un uomo che propone un’arte stravagante e di forte impatto e che, partendo dalla scuola di Leonardo, ha saputo sviluppare uno stile personale ed innovativo. Opere che non ci lasciano indifferenti, che ci emozionano, stupiscono e, talvolta, fanno sorridere”.

“Proporre a Palazzo Reale un’esposizione sull’Arcimboldo vuol dire ricollocare l’artista nel contesto d’origine e reinterpretare lo sviluppo dell’arte lombarda coeva e a seguire – dichiara l’assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory -. E non soltanto. Poiché Arcimboldo dissolve l’artificio temporale nel porsi con l’immaginazione oltre le coordinate della storia, quella da noi scritta e quella ancora da scrivere. Nella nostra società della comunicazione binaria che tende spesso alla semplificazione, il mondo dell’artista milanese rivela, così, tutta la complessità e la ricchezza dei segni, delle figure e dei simboli”.

“Dopo le esposizioni di Dalì, con circa 6.000 presenze nelle sezioni didattiche, e di Ciurlionis, con più di 1.200 presenze, ancora una volta i laboratori per i bambini e i ragazzi delle scuole accompagnano una grande mostra a Palazzo Reale, avvicinando i più piccoli alle tematiche dell’esposizione”, ha commentato l’assessore alla Famiglia, Scuola e Politiche sociali Mariolina Moioli.

“Per la mostra Arcimboldo è stata predisposta una sezione didattica, per cui abbiamo già la prenotazione di 200 classi, che grazie all’ausilio di un’installazione, coinvolge i bambini in un gioco delle meraviglie- continua l’assessore Moioli – Dall’installazione, che rappresenta una dodecaedro, si estraggono oggetti, figure, parole che guidano i ragazzi in un gioco di immaginazione poetica, che li aiuta a guardare con meraviglia le cose, così come ha saputo guardarle l’occhio di Arcimboldo.”

La personalità di Giuseppe Arcimboldo, nel passato come oggi, è stata coronata da fama e successo. Lo stesso Arcimboldo, di ritorno a Milano da Praga nel 1587, si premura di consolidare la propria fama dettando agli amici artisti, umanisti e storici (tra cui Paolo Morigia, Giovan Paolo Lomazzo e Gregorio Comanini) le proprie imprese d’artista alla corte degli Asburgo. Il suo nome viene però presto dimenticato e nei secoli successivi la sua opera etichettata come “scuola di Leonardo”. Non c’è dubbio che il maestro di Vinci sia alla base della cultura di Arcimboldo, ma da questa inesauribile fonte d’ispirazione l’artista milanese trae le mosse per sviluppare uno stile personalissimo.
Il contesto culturale in cui si muove Arcimboldo, il suo apprendistato e le sue prime opere in ambito milanese sono state finora considerate come un prologo di un’attività artistica svoltasi principalmente fuori dall’Italia. La tradizione artistica milanese e lombarda ebbe invece un ruolo fondamentale nella formulazione delle famosissime teste composte e delle “bizzarie” di Arcimboldo, come gli studiosi lombardi hanno ripetutamente sottolineato: ma tali spunti non sono stati finora recepiti dalla ricerca internazionale.

Il principale obiettivo dell’esposizione milanese è quello di “restituire” Arcimboldo al suo contesto d’origine, per capire le ragioni della sua chiamata alla corte degli Asburgo (gli studi naturalistici, le coreografie per cortei e feste, o ancora i ritratti), precisare le radici culturali delle sue teste composte, e approfondire infine il ruolo giocato dall’artista nello sviluppo dei generi della natura morta e delle “pitture ridicole”.

La mostra, curata da Sylvia Ferino, Direttrice della Pinacoteca del Kunshistorisches Museum di Vienna – che presta il nucleo più corposo di opere – in collaborazione con un prestigioso Comitato Scientifico formato da Giacomo Berra, Giulio Bora, Chiara Buss, Silvio Leydi, Robert Miller, Giuseppe Olmi, Caterina Pirina, Francesco Porzio, Lucia Tomasi Tongiorgi, e divisa in nove sezioni, introduce il visitatore nella Milano cinquecentesca, in un percorso affascinante tra disegni, pittura e preziosi oggetti usciti dalle officine artigianali milanesi, all’epoca rinomatissime per la qualità e l’eccellenza dei propri manufatti artistici.

Le prime due sezioni si dedicano all’analisi dei poli principali attorno ai quali ruota la cultura artistica milanese del Cinquecento: da un lato il genio leonardesco, dall’altro le grandi officine artistiche milanesi. Una scelta di disegni grotteschi di Leonardo provenienti dalla Pinacoteca Ambrosiana, da Venezia e Vienna, accompagnati da disegni e dipinti di seguaci come Girolamo Della Porta, Bernardino Luini, Giovanni Antonio De Predis, Cesare da Sesto, Francesco Melzi, Giovanni Paolo Lomazzo, Giovanni Ambrogio Figino, attestano l’influenza di Leonardo nello studio della fisionomia caricata e della figura, della natura, dell’atmosfera come della flora e fauna. Milano fu senza dubbio, alla metà del Cinquecento, il più importante centro per la produzione di oggetti di lusso realizzati in oro e argento combinati con cristalli di rocca, pietre preziose e pietre dure e perfino conchiglie rare, destinati alle grandi corti europee.

Nella seconda sezione, dedicata alle arti suntuarie, l’occhio sarà catturato da stupendi cammei, vasi, scudi, preziose armi e armature, tessuti raffinati, codici miniati, medaglie, sculture, tutte opere di artisti e artigiani milanesi provenienti principalmente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna.

La terza sezione è intitolata “Arcimboldo a Milano” e presenta le opere giovanili di Arcimboldo e dei suoi maestri: il Ritratto di Biagio Arcimboldo di Bernardino Luini; le vetrate per il Duomo di Milano, realizzate su disegni di Arcimboldo e del padre Biagio; i disegni per il Gonfalone di Sant’Ambrogio attribuiti a Giuseppe Arcimboldo e a Bernardino Campi o Giuseppe Meda, dal Metropolitan Museum di New York e dal Museo Diocesano di Milano; l’arazzo con il Transito della Vergine (1561-1562) di Giovanni Karcher su cartone di Arcimboldo proveniente dal Duomo di Como.

La sezione successiva è dedicata all’illustrazione naturalistica in Italia e in Lombardia. Con la scoperta dell’America, specie rare di animali e vegetali furono importate in Europa e presentate ai principi d’Europa. Di queste straordinarie rarità veniva eseguito subito un “ritratto” dal vivo poi copiato e inviato ad altri regnanti, a scienziati e appassionati collezionisti. Il ruolo di Arcimboldo come illustratore di animali, uccelli e probabilmente anche di piante e fiori, viene correttamente collocato nell’ampio contesto delle scienze naturali: molti suoi disegni furono infatti utilizzati per i volumi pubblicati dal bolognese Ulisse Aldrovandi, il più famoso umanista delle scienze naturali.
Seguono le spettacolari Teste Composte di Arcimboldo (Stagioni ed Elementi), dipinte in più varianti a partire dal 1563, provenienti dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, che custodisce la raccolta qualitativamente più importante di opere di Arcimboldo, dalla Real Academia de San Fernando di Madrid e dal Museo del Louvre. Tre Stagioni delle Bayerische Staatgemäldesammlungen di Monaco saranno presentate accanto alle Stagioni di Vienna, Parigi e Madrid: il pubblico sarà così coinvolto nel confronto tra le varie fasi dell’invenzione e stimolato a cogliere le differenze tra i dipinti eseguiti quando Arcimboldo operava ancora a Milano e quelli presentati all’Imperatore. Le intricate composizioni di fiori, frutti e animali celano un complesso significato allegorico, legato alle vicende e alle aspirazioni universalistiche della dinastia asburgica. Giovanni Battista Fonteo nel suo poema in latino le interpreta come un panegirico del sovrano e ci consegna dettagli preziosi sulla loro presentazione a Massimiliano II nel 1569.
Segue la sezione sulla pittura ridicola, con disegni strepitosi di figure grottesche di Francesco Melzi (copie da Leonardo), Giovan Paolo Lomazzo, Camillo Procaccini e due dipinti di Arcimboldo provenienti da Stoccolma: Il bibliotecario e Il giurista.
Arcimboldo è profondamente innovativo e lancia anche in questo caso un nuovo genere di pittura in consonanza con gli intellettuali dell’Accademia della Val di Blenio.
Arcimboldo svolse inoltre un’intensa attività di inventore, animatore e regista di feste e tornei, contribuendo allo sviluppo della pittura di corte con l’invenzione di prodigiosi attrezzi e strabilianti mascherate. Con questa settima sezione si entra nel mondo sfavillante delle feste di corte con una straordinaria raccolta di cinquanta bellissimi disegni di Arcimboldo provenienti dagli Uffizi, uno studio di Giulio Romano dal Louvre, e la cosiddetta “armatura milanese” forgiata dal famosissimo artefice milanese Giovanni Battista Zarabaglia per l’arciduca Ferdinando II del Tirolo.
L’ottava sezione si concentra sul ritorno di Arcimboldo a Milano e si apre con un Autoritratto del maestro del 1587 proveniente da Palazzo Rosso a Genova. In questo disegno Arcimboldo si raffigura come “testa cartacea”, come se si volesse presentare in veste di letterato e poeta. E infatti questa sezione riunisce libri e raccolte di poesia composti dagli amici poeti e letterati intorno alle pitture inviate a Rodolfo, fra le quali il celeberrimo Vertunno (Ritratto di Rodolfo II) del Castello di Skokloster. Fra questi testi figurano le opere in latino, in volgare e in dialetto di Gherardini, Borgogni e di un poeta che (casualmente?) si firma “G.A. da Milano”.
Chiude la mostra la sezione sulle teste reversibili e la natura morta, con alcuni capolavori assoluti di Arcimboldo come L’ortolano e Testa reversibile con canestro di frutta, da cui Caravaggio avrebbe preso ispirazione per la natura morta più celebre della storia dell’arte: La canestra di frutta della Pinacoteca Ambrosiana. Tra i primi esempi di natura morta sono presentati: il Piatto metallico con pesche e foglie di vite del Figino e la Fruttiera di ceramica con uva, prugne e pere di Fede Galizia.
Il dipinto scoperto durante la preparazione della mostra di Parigi e Vienna (2007-2008) Testa delle quattro stagioni dell’anno, e acquistato in occasione della mostra di Washington dalla National Gallery of Art chiude festosamente la mostra.

A testimonianza di quanto ancora oggi le invenzioni di Arcimboldo rappresentino un’inesauribile fonte di ispirazione per l’arte contemporanea, nel periodo della mostra verrà esposta in piazzetta Reale un’opera realizzata dall’artista americano Philip Haas (courtesy Sonnabend Gallery, New York e Robilant+Voena, Londra-Milano): una scultura in vetroresina di 5 metri di altezza ispirata all’Inverno di Arcimboldo.

La mostra nasce inoltre in stretto collegamento con la National Gallery of Art di Washington, dove si è appena conclusa una mostra che ha condiviso con quella milanese il nucleo fondamentale delle Teste di Arcimboldo.

Redazione

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