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Al Castello Sforzesco di Milano la mostra “Michelangelo Architetto”

(mi-lorenteggio.com) Milano, 10 febbraio 2011 – Il Castello Sforzesco celebra il genio di Michelangelo. Apre al pubblico domani, venerdì 10 febbraio fino all’8 maggio, la mostra “Michelangelo Architetto” che espone oltre 50 disegni di progetti celeberrimi, talora incompiuti se non addirittura mai realizzati, come quello per la basilica di San Giovanni dei Fiorentini a Roma.
L’iniziativa fa parte del progetto “Michelangelo al Castello” che prevede due importanti mostre e un ciclo di conferenze con i massimi esperti del Buonarroti.

L’esposizione, curata da Pietro Ruschi, nasce da un progetto di Casa Buonarroti e presenta oltre 50 disegni – di edilizia civile, religiosa, di fortificazioni – attentamente selezionati per ricostruire il modo di concepire l’architettura di Michelangelo. Nell’occasione sono stati realizzati in 3D alcuni grandi progetti michelangioleschi.

Inoltre, la concomitanza con la mostra “Leonardo architetto”, in corso alla Pinacoteca Ambrosiana, consente un significativo confronto tra due giganti della storia dell’arte.

“L’arte di Michelangelo è la sua tensione all’infinito – spiega l’assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory – il che, però, non equivale a quel ‘carattere di non finito’ che spesso e, non senza equivoci, a lui è stato associato. In questa mostra, progettoed esecuzione sono indagati con particolare attenzione alle tecniche e con l’intento di mettere in luce lo
stile di un artista di indiscusso valore. Così Michelangelo diventa quell’artista che unisce forma e sostanza, letteratura e scultura, lavorando sull’uomo e sul divino che lo abita”.

Il percorso allestito nelle Sale Viscontee del Castello offre al visitatore uno sguardo privilegiato sul modo unico e personale che il Buonarroti aveva nell’affrontare la materia “architettura” del secondo Cinquecento.

È proprio Michelangelo infatti a iniziare, come negli altri settori della sua arte, un nuovo linguaggio. La sua attività d’architetto non è precoce come quella di scultore e pittore. Leone X, nel 1513, appena eletto al soglio pontificio, indice un concorso per ultimare la facciata della Basilica di San Lorenzo, lasciata incompiuta da Brunelleschi. Michelangelo firma il contratto per realizzare il suo progetto, che però, forse per l’eccessiva complicatezza, non viene mai portato a termine.
In mostra si possono ammirare gli schizzi e i disegni del progetto per la basilica romana.

È il 1520 quando al maestro viene revocato l’incarico per San Lorenzo. Lo stesso anno il cardinale Giulio de’ Medici, futuro Clemente VII, gli affida la realizzazione di una cappella funebre nella medesima chiesa, destinata ad accogliere le spoglie di uomini illustri. La “Cappella Medicea”, detta sagrestia Nuova, verrà documentata in mostra da otto disegni.
Quasi contemporaneamente alla Cappella Medicea (nel 1523), Michelangelo attende alla Biblioteca Laurenziana, voluta sempre da Giulio de’Medici, che ormai è Papa. Il luogo è silenzioso, in modo da consentire la lettura ed è posto accanto alla Basilica di San Lorenzo, su un lato del chiostro. Nel progetto, Michelangelo pone massima attenzione ai particolari, studiando persino la perfetta inclinazione dei leggii, pensando le panche ed i vani per contenere i libri.
Di questo progetto, le Sale Viscontee ospitano diciotto disegni.

Nel 1546, alla morte di Antonio da Sangallo il Giovane, Michelangelo viene chiamato a dedicarsi a tutte le principali opere architettoniche di Roma, dal completamento di Palazzo Farnese alla realizzazione della chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, dalla trasformazione del tepidarium (la parte destinata ai bagni in acqua tiepida) delle Terme di Diocleziano nella chiesa di Santa Maria degli Angeli alla facciata di Porta Pia e alla sistemazione del Campidoglio, fino alla direzione dei lavori della fabbrica di San Pietro.
L’impresa della costruzione della Basilica di San Pietro era iniziata anni addietro, sotto la direzione di Donato Bramante. Alla sua morte, nel 1514, gli era succeduto Raffaello, il cui posto, alla scomparsa, era stato preso da Antonio da Sangallo il Giovane. Alla morte di quest’ultimo, Michelangelo viene chiamato a Roma da Paolo III.
L’artista critica l’operato del suo immediato predecessore e intende tornare a quella che egli definisce la “verità”, cioè il progetto del Bramante. In realtà, del Bramante rimane solo l’idea originaria, costituita dalla pianta centrale, raccordata da un ambulacro quadrato e sormontata da una cupola centrale. L’impostazione michelangiolesca è del tutto originale.
Egli predilige spazi interni maestosi – la cupola di 42 metri che compete con il Pantheon – e un perimetro curveggiante. A Milano saranno esposti gli studi sulla sezione della cupola.

Analizzare il Buonarroti architetto comporta alcune difficoltà: è estremamente complesso, se non impossibile, correlare i disegni con le diverse indicazioni grafiche (appunti, lettere, ecc.) e con altri studi presenti nello stesso foglio, in quanto Michelangelo usava riutilizzarlo, perfino ad anni di distanza. A ciò si aggiunge che disegni e schizzi venivano talora eseguiti ruotando il foglio in posizioni diverse, o utilizzando casualmente il recto o il verso, così da rendere assai
difficile stabilire una connessione fra di loro. La dimensione delle architetture disegnate, così come il loro grado di definizione, variava poi secondo l’arbitrio dell’artista; raramente era presente un braccio o un modulo a indicare un riferimento in scala.

Come è stato osservato, l’architettura e la scultura furono per Michelangelo due aspetti di un unico problema, ovvero quello di trasformare la materia in una forma plastica e dinamica. I disegni che egli eseguì in tarda età sono spesso lo specchio di quanto progettato in quelli precedenti e, per molti aspetti, li spiegano e li integrano. Il progetto per la cupola di San Pietro, ad esempio, compendia e svela un percorso che muoveva dall’esperienza del completamento del tamburo della cupola brunelleschiana di Santa Maria del Fiore e passava attraverso quella della cupola della Cappella Medicea di San Lorenzo. È difficile scorgere un percorso lineare nella produzione architettonica di Michelangelo. Egli progettava attraverso una sorta di memoria ideale assolutamente estranea alla successione cronologica: studi e ricordi lontani, esperienze passate si sommavano a quelle recenti e a nuove idee.

Il secondo appuntamento espositivo, “L’ultimo Michelangelo”, curato da Alessandro Rovetta, in programma dal 18 marzo al 19 giugno, raccoglierà attorno al capolavoro di Michelangelo, la Pietà Rondanini, l’ultima produzione artistica e letteraria del Buonarroti.

Redazione

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