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A Monza percorso cittadino per le sculture monumentali di HELIDON XHIXHA

(mi-lorenteggio.com) Monza, 25 ottobre 2011 – A partire dal 29 ottobre fino al 20 novembre 2011 nelle principali piazze e vie di Monza si snoderà un percorso artistico dal titolo “LAMPI DI LUCE IN CITTA’” dello scultore Helidon Xhixha realizzato dall’associazione Spirale Milano in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Monza.

Il percorso prevede l’esposizione delle sculture monumentali in acciaio del maestro Xhixha, le cui opere sono conosciute anche per la versatilità e mutevolezza a seconda della luce circostante.

Luoghi espositivi:
PIAZZA CARROBIOLO
PIAZZA SAN PIETRO MARTIRE
PIAZZA ROMA
PIAZZA SAN PAOLO
PIAZZA DUOMO
VIA ITALIA GIARDINO LA RINASCENTE
VIA D’ANNUNZIO – CIRCOSCRIZIONE 3
VIA SOLFERINO – CIRCOSCRIZIONE 4
VILLA REALE – CORTILE PRINCIPALE

Inaugurazione:
sabato 29 ottobre ore 11 presso i portici dell’Arengario di Monza.

BIOGRAFIA ARTISTA
Helidon Xhixha

Nato a Durazzo nel 1970 da una famiglia di lontana origine italiana, Helidon Xhixha si può definire figlio d’arte. Dal padre eredita infatti una forte passione per le arti visive che inizia a coltivare frequentando prima l’Accademia di Belle Arti di Tirana e successivamente, trasferitosi in Italia, conseguendo il diploma in scultura monumentale presso l’Accademia di Brera. Da allora il suo percorso è stato sempre in salita e lo ha portato oggi ad essere considerato tra gli artisti emergenti più interessanti a livello internazionale. Il suo apprendistato artistico è stato fondamentale nel gettare le basi di una formazione a trecentosessanta gradi nel campo delle arti visive: oltre a frequentare l’Accademia, nel 1998, grazie ad una borsa di studio l’artista studia presso la Kingston University di Londra le tecniche di incisione, scultura e fotografia. Un bagaglio di esperienze che confluisce in uno stile nuovo ed eclettico, capace di imprimere un nuovo corso allo sviluppo tradizionale della scultura. Distante anni luce dallo stereotipo dell’opera che nasce nella solitudine di un angusto atelier, Xhixha dimostra la propria modernità anche nel processo stesso di produzione dell’opera, che entra a far parte di un contesto “allargato” fatto di molte mani e numerose sequenze, una sorta di impresa in cui il genio dell’artista si unisce in forma corale ad altre competenze, necessarie per dar vita alle sculture – monumentali e non – che la sua inventiva richiede. Nuovo è anche il materiale scelto, l’acciaio inox, forse per quella sua caratteristica che lo rende anch’esso un figlio del nostro tempo, la freddezza, ma anche la flessibilità, l’adattabilità allo spazio moderno, di cui si fa interprete e mediatore. Fra la realtà e il mondo interiore dell’artista si frappongono le lastre d’acciaio, in un continuo gioco di specchi, di rimandi e riflessi che deformano la realtà e dialogano con l’ambiente lasciandolo entrare nell’opera con i suoi colori, in un flusso continuo di energia, di luce, di forza.
Ogni opera viene lavorata a mano e ogni opera è un pezzo unico. La lastra d’acciaio viene tagliata e poi lavorata a freddo con strumenti, anche modificati, che alla fine permettono compressioni ed estroflessioni, curvature e tagli che consentono al materiale freddo ed inerte di trasformarsi in una forma espressiva, rendendo leggibile sulla superficie così modificata la scrittura informale di un racconto interiore.
La modernità trionfa nell’opera di Xhixha che ha abbracciato pienamente l’esigenza di innovazione dei linguaggi plastici realizzando con l’acciaio una sublime sintesi fra pittura e scultura. Il continuo mutare del rapporto fra luce e volume definisce forme astratte che nei riflessi di luce sempre cangianti esprimono quel dinamismo libero di forme nello spazio che ritroviamo nelle opere dei maestri futuristi e quella libertà dal vincolo della forma naturale che percepiamo nell’action painting e nell’informale.

LE OPERE
Nelle sue lamiere l’artista è animato da una furia sperimentatrice che lo porta quasi a violentare l’acciaio, a creare forme semicircolari che si accavallano una all’altra andando a riempire quasi per intero la superficie complessiva.
I pieni e i vuoti si alternano con eleganza, quasi fossero una trasposizione su lamiera di una magia musicale che esiste dapprima solo nella mente dell’artista e che poi prende forma poco a poco contorcendo, piegando e addomesticando la resistenza dell’acciaio.
In alcuni casi questo gioco di pieni e vuoti, di luci ed ombre, di visibile ed invisibile prende forme insospettabili: anfratti impenetrabili e pieghe tanto ardite da apparire impossibili concorrono a comporre la magia dell’opera non meno delle bombature e delle parti più manifeste.
L’artista si confronta con l’enigma il mistero da sempre affascinante della luce e lo tratta alla sua maniera, non cercando cioè di imprigionarla per studiarla, ma lasciandola vivere in un gioco continuo di rimandi, di riflessioni, di specchiature che assumono una dimensione a dir poco magica.
La preferenza va alle opere di acciaio che catturano la luce del mondo piegandola piuttosto che a quelle monocrome gialle rosse o blu che sono ancora un’imposizione dell’artista rispetto al mondo che le ospita. In quelle d’acciaio e nelle loro forza riflettente, ancorché deformata, l’artista opera un ulteriore passo in avanti nel suo personalissimo rapporto con la materia e con la luce.
Non è un caso che il ciclo forse più importante realizzato dall’artista sia intitolato proprio “Luce” e sia realizzato con l’elemento che più di ogni altro si presta a fungere da supporto per permettere alla luce di giocare con se stessa, di riprodursi, di rifrangersi e di moltiplicarsi in quelle che diventano fugaci fantasmagorie.
Il metallo viene finalmente liberato dalle angustie e dalle costrizioni nelle quali si trova, vorremmo dire “naturalmente”, in virtù del suo stesso modo d’essere. In queste opere luminose, l’acciaio riesce a liberarsi da quella stolida compattezza per dar vita, in una nuova veste, a figurazioni che hanno la consistenza impalpabile dell’acqua e dei suoi riflessi.

Redazione

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