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Quali sono i principali sensori di pressione?

Milano, 30 ottobre 2018 – I sensori di pressione possono essere definiti come strumenti che si basano su elementi di rilevazione della grandezza di misura della pressione. Quest’ultima corrisponde alla forza che viene applicata su una superficie da un gas o da un liquido, e nella maggior parte dei casi viene misurata in unità di forza per area di superficie. Possono essere utilizzate diverse unità di misura, come per esempio le libbre per pollice quadrato, i Newton per millimetro quadrato, i bar o i Pascal. Lo scopo di un sensore è, dunque, quello di misurare una grandezza fisica – la pressione, in questo caso – per poi convertirla in un segnale.

 

Le tecnologie che possono essere adottate a questo scopo sono diverse, ma tutte sono in grado di garantire dei risultati contraddistinti da un livello di accuratezza molto elevato. Ci sono, per esempio, i sensori di pressione capacitivi, che sfruttano un diaframma allo scopo di generare un condensatore variabile e si basano sulla pressione in cavità. Nel momento in cui la pressione viene applicata, si verifica una deformazione del diaframma, mentre la capacità elettrica si riduce in modo proporzionale. Di conseguenza, è prevista una misurazione elettrica della variazione di capacità, che viene rapportata alla pressione che è stata applicata. I sensori di pressione capacitivi, però, possono essere chiamati in causa unicamente in presenza di pressioni ridotte, non superiori ai 40 bar.

 

Diverso è il caso dei sensori di pressione che fanno riferimento agli estensimetri: in tale situazione sull’elemento che è deputato a rilevare la pressione sono applicati degli estensimetri in lamina di metallo contraddistinti da un design monolitico di tipo incapsulato. Così, non solo si beneficia di una rigidezza molto elevata, ma si ha anche la possibilità di procedere alla misurazione di livelli di pressione decisamente alti, addirittura pari a 15mila bar. Un ponte di Wheatstone permette di eseguire il collegamento elettrico, e ciò permette di beneficiare di una amplificazione ottimale del segnale, oltre che – ovviamente – della massima precisione per i risultati di misura.

 

Infine, ci sono i sensori di pressione a risonanza, che non si basano sulla curvatura di un corpo di misura, come i dispositivi che sono stati menzionati in precedenza, ma sfruttano le variazioni che si registrano nella frequenza di risonanza. Un sensore di pressione di questo tipo, che a volte può essere sensibile rispetto alle vibrazioni e rispetto agli urti, di norma prevede un’esposizione al mezzo dell’elemento di risonanza.

L. M.

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