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Corsico. Caso mensa, il Consigli di Stato respinge il ricorso

Era stato presentato dal Coordinamento genitori democratici della Lombardia, che chiedevano l’annullamento

 

(mi-lorenteggio.com) Corsico, 12 marzo 2019  – Dopo il Tar, anche il Consiglio di Stato respinge il ricorso che il Coordinamento dei genitori democratici della Lombardia aveva presentato contro il Comune di Corsico.
L’associazione chiedeva l’annullamento della delibera con la quale la Giunta corsichese aveva deciso, su proposta del sindaco Filippo Errante, di non consentire l’accesso ai servizi a domanda individuale, tra i quali anche la mensa scolastica, alle famiglie morose e non in stato di comprovato bisogno. In particolare, nella delibera era stato deciso di “rideterminare gli indirizzi precedentemente espressi, al fine di assicurare il recupero tempestivo delle morosità pregresse e, per l’effetto, dare indicazione agli uffici competenti affinché si provveda ad inoltrare agli utenti morosi solleciti di pagamento (…); in caso di mancato pagamento, entro i termini suindicati, si provvederà a sospendere il servizio nei confronti degli utenti morosi”.
“La mia decisione – evidenzia il sindaco Filippo Errante – era di equità sociale e di pieno rispetto dei diritti dei cittadini, che però hanno anche dei doveri. Era in continua crescita il numero di famiglie che non pagava perché emulava altri, forse troppo sicuri che nessuno avrebbe verificato e chiesto quindi il dovuto. Così da un debito superiore al 12% si è passati a una media del 4%. Dire che il provvedimento era ingiusto, quando abbiamo attivato sia misure straordinarie di politiche sociali sia rateizzazioni a lunghissimo termine, è inaccettabile. E anche la giustizia amministrativa non ha riscontrato azioni illegittime”.
I giudici del Consiglio di Stato, nel rigettare il ricorso, precisano che “l’associazione appellante non risulta comunque portatrice di un proprio, concreto e attuale interesse legittimo, quand’anche i genitori morosi vi fossero associati, la domanda di annullamento da essa proposta configurerebbe una violazione della regola della sostituzione processuale di cui all’art. 81 Cod. proc. civ., poiché l’associazione finirebbe per avere un diritto di azione a tutela di una situazione soggettiva altrui fuori dai casi previsti dalla legge, e, in un’ultima analisi, senza che l’effettivo titolare abbia espresso la volontà che i suoi interessi siano da terzi rappresentati, con conseguenze che potrebbero rilevarsi anche dannose”.
Non solo. I giudici aggiungono che “l’associazione appellante non ha, a tutto in mera ipotesi concedere, nemmeno comunque offerto prova di avere una struttura organizzativa in grado di svolgere con continuità e in maniera realmente rappresentativa l’azione di promozione degli interessi degli associati, non avendo depositato in giudizio la lista degli iscritti, ed essendosi solo limitata ad affermare di aver, nel ricorso in primo grado, indicato il numero degli iscritti dell’associazione lombarda e di quella nazionale”.

 

Redazione

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