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Proverbio: Febbraio, febbraiello, cortino e bugiardello

Come il nostro Stato si sta adattando alla nuova tecnologia e come questa potrebbe tutelare il Made in Italy

 

Milano, 4 luglio 2019 – Quella tra Bitcoin e l’Italia è sicuramente una storia recente. Al netto di qualche early adopter, le prime mining farm sono iniziate a nascere nella penisola solo nel 2017, proprio quando Bitcoin iniziava a riscuotere la sua fama mondiale come mezzo di investimento.

Da allora però la storia è cambiata, e l’industria del bel paese si è mostrata ben disposta alla rivoluzione lanciata dal protocollo di Bitcoin. L’atteggiamento intraprendente verso la nuova tecnologia della blockchain da parte dell’Italia sta aprendo scenari sempre più interessanti. Esempi virtuosi di comuni che hanno deciso di implementare questa tecnologia per automatizzare e rendere più veloci processi burocratici sono in continuo aumento come Bari, Napoli e Firenze.

La blockchain sta rivoluzionando l’assetto di moltissime imprese anche al di fuori del mondo della finanza: dall’agrifood alla logistica le aziende si stanno digitalizzando per una gestione più trasparente e veloce dei propri asset.

 

Stiamo, dunque, andando oltre la visione delle criptovalute come moneta e i molteplici esempi dimostrano come la blockchain stia riscuotendo un enorme successo a livello mondiale, trovando utilizzi in più settori che nulla hanno a che vedere con il trading cripto. L’esteso utilizzo comporta quindi una doverosa regolazione a livello fiscale e legislativo degli assets virtuali, misure intraprese già da tempo in vari Stati e in corso anche nel nostro paese.

Andiamo a vedere l’aspetto fiscale delle criptovalute

Innanzitutto, bisogna dire che possedere, scambiare e investire in criptovalute in Italia è totalmente legale. Le criptomonete non possono essere assimilabili a valute ordinarie in quanto mancano di alcune componenti fondamentali. Queste non sono emesse da un istituto centrale (Banca d’Italia), né controllate da un ente pubblico.

La legge n.90 del 25/05/2017 definisce la valuta virtuale come segue: “La rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente.” Tuttavia, a livello fiscale l’Agenzia delle Entrate ha risposto in maniera totalmente opposta con la Risoluzione Ministeriale n. 72 E del 02/09/2016. L’ente regolatore dei meccanismi fiscali in Italia ha dichiarato che Bitcoin e simili sono assimilabili, dal punto di vista tassativo, a valute estere e dunque soggetti a tassazione di conseguenza. In breve, nel caso in cui si generassero plusvalenze nel trading criptovalute, e nel caso in cui si dovessero superare i 7 giorni consecutivi di detenzione di Bitcoin per un controvalore di € 51,000 o superiore allora questi guadagni sarebbero tassabili – l’aliquota sulle plusvalenze finanziarie è del 26% in Italia.

Un altro passo in avanti nella regolamentazione si è avuto nel 19 Marzo 2019, quando il CONSOB ha deciso di riconoscere le criptoattività come forma d’investimento aprendo anche alla regolamentazione delle ICOs (Initial Coin Offering). ICO rappresenta un particolare tipo di crowdfunding, molto diffuso nel mondo delle criptovalute. Prima che una moneta venga messa sul mercato, essa viene venduta sotto forma di token per finanziare il progetto. Gli investitori comprano tokens sperando in un ritorno economico all’uscita della moneta.

Nonostante il notevole impegno da parte delle istituzioni, dal punto di vista fiscale, la gestione delle criptovalute è ancora poco chiara nel nostro paese ed è difficile amministrare i propri guadagni. Una maggiore chiarezza è auspicabile negli anni a venire poiché la crescita del fenomeno è significativa e si proietta verso un futuro ancora più interessante.

L’obiettivo sembra infatti chiaro: estendere la tecnologia blockchain in vari ambiti. Il 27 Settembre 2018, l’Italia entra a far parte dell’European Blockchain Partnership, un comitato che aiuterà nella regolamentazione della tecnologia nonché nella sua implementazione e sviluppo in vari ambiti.

Nell’industria vinicola, e più in generale nel settore agroalimentare la digitalizzazione fatica a prendere piede

È evidente quanto sia importante riuscire a tracciare in maniera trasparente il percorso di un prodotto, risalendo a tutta la catena industriale per conoscere l’effettiva provenienza del bene acquistato. Nell’esempio dei vini italiani, si sta provando a implementare la blockchain per difendere e comprovare la natura delle bottiglie. La tecnologia infatti garantisce che le informazioni sul ciclo produttivo del prodotto siano immutabili, così che il consumatore possa avere dettagli certi sulla provenienza dell’uva utilizzata, sulla qualità del terreno e tutti gli altri dettagli che stanno a cuore ai consumatori.

Il settore agroalimentare italiano sta ancora combattendo con una burocrazia invasiva che rende difficile la digitalizzazione dei processi facendo aumentare i costi di gestione delle attività e non garantendo chiarezza sui prodotti. Con l’utilizzo della blockchain, si potrebbero fare importanti passi in avanti nell’ambito del Made in Italy.

 

 

L’implementazione della tecnologia troverebbe terreno fertile nei cuori degli italiani: una ricerca di Coin Idol mostra come il 15,3% dei luoghi dove è possibile pagare con Bitcoin, si trovano in Italia! Anche il numero di bancomat Bitcoin (circa 40) è abbastanza elevato rispetto agli altri paesi. Il servizio QuiBitcoin è un ottimo strumento per vedere dove le criptovalute sono accettate in Italia e dove è possibile trovare dei bancomat per criptovalute.

Dal punto di vista informativo, il numero di exchange dove comprare criptovalute online e informarsi sui vari trend nella nostra lingua è ancora esiguo, Kriptomat è una delle piattaforme in lingua italiana autorizzata. Il trading è comunque un settore da sempre dominato dalla lingua inglese, ma il mondo delle criptovalute in particolare lascia poco spazio alle altre lingue.

Il nostro Paese ha risposto presente all’innovazione

La tecnologia blockchain sta trovando sempre più spazio in più e più settori, dal privato al pubblico. Le iniziative di comuni e aziende nell’intraprendere questo sentiero ancora poco conosciuto sono sicuramente coraggiose e rappresentano una nota di merito per l’industria nostrana. Alcune tra le imprese che hanno adottato la blockchain stanno già vedendo i progressi concretizzarsi, grazie a una gestione più trasparente dei dati e una sicurezza più elevata rispetto ai sistemi tradizionali. Il trend potrebbe presto contagiare anche i più diffidenti e si auspica che tale scelta garantisca all’Italia un ritorno economico sostenibile.

 

L. M .

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