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Violenza di genere: poche denunce durante il lockdown, ma, aumentate del 70% le telefonate ai centri

La violenza di genere al tempo del COVID19. Rispetto al 2019 registrato un calo del 36% nei due Pronto Soccorso dell’Asst Rhodense

 

 

(mi-lorenteggio.com) Rho / Garbagnate,  15 luglio 2020 – Il fenomeno della violenza di genere, nella fase di restrizione forzata nei contatti e nelle relazioni, ha acuito la drammatica fotografia che si legge su tutto il territorio nazionale e che non ha fatto sconti in nessuno dei contesti presi in analisi. Infatti, alla luce delle informazioni provenienti da tutto il mondo sull’incremento delle violenze durante il lockdown e della letteratura scientifica disponibile, possiamo escludere che anche in Italia, la diminuzione degli accessi nei Pronto Soccorso sia sintomo di una diminuzione della violenza. Paradossalmente, risultano aumentate di circa il 70% le telefonate o gli accessi telefonici al numero nazionale 1522 e ai Centri antiviolenza a dimostrazione che le donne necessitano, di fatto, di sostegno e aiuto perché la convivenza forzata con il maltrattante, dettata dal regime restrittivo causato dalla pandemia, ha accentuato conflittualità e disagio intrafamiliare. Da una indagine statistica, effettuata presso l’ASST Rhodense a cura del tavolo aziendale contro la violenza di genere, durante il periodo di lockdown anche gli accessi al pronto soccorso di Rho e di Garbagnate Milanese risultano quasi azzerati.

“Infatti – spiega Alberti Annalisa – il confronto tra il primo quadrimestre del 2020 rispetto al quello del  2019 riporta un calo di circa il 36,4%. Nei mesi di marzo e aprile è stato registrato una diminuzione del 65% rispetto allo stesso bimestre del 2019. Questo non implica che il fenomeno sia scomparso, ma, verosimilmente che le vittime abbiano avuto più difficoltà nel cercare aiuto in quanto costantemente sotto il controllo, o la convivenza forzata, degli aggressori”.

Le donne vittime più fragili della convivenza forzata sono quelle di età compresa tra i 18 e i 48 anni, prevalentemente di nazionalità italiana, mentre la tipologia degli aggressori si conferma, nella maggioranza dei casi, dai partner che vivono nella medesima abitazione della vittima, a conferma di quanto la convivenza forzata sia deleteria per i rapporti tra coniugi. “L’isolamento al domicilio, previsto per contrastare la pandemia, in quelle situazioni famigliari già fortemente a rischio per il verificarsi di violenze fisiche e psicologiche, ha reso impossibile l’attivarsi del supporto esterno che consente alle donne di chiedere aiuto e sostegno, proprio a causa della costante presenza dei loro aggressori”.

“Considerati tutti gli elementi a conforto dei dati raccolti e analizzati, continua Franca di Nuovo – referente regionale per la medicina di Genere,  si può concludere affermando con forza che l’isolamento, la convivenza forzata e l’instabilità socio-economica in questo periodo di emergenza coronavirus, sono fattori che hanno reso le donne, e i loro figli, più fragili e maggiormente esposte alla violenza domestica, senza peraltro avere la possibilità di accedere ai servizi che possono fornire risposte immediate e concreto supporto”. I dati raccolti sono stati occasione di approfondimento in un Live Webinar con il Gruppo Italiano Salute e Genere (GiSeG) dove l’Asst Rhodense è stata rappresentata da Annalisa Alberti e Franca Di Nuovo.

 

V. A.

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