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IL MESSAGGIO DELL’ARCIVESCOVO DELPINI AI TEOLOGI E ASSISTENTI PASTORALI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA

Milano, 14 settembre 2020 – Si inoltra il messaggio che l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha rivolto ai docenti di teologia e agli assistenti pastorali durante il seminario “Una storia che sa di futuro” svoltosi oggi nell’aula magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Saluto per il Seminario di studio dei docenti di teologia e degli assistenti pastorali Università Cattolica del Sacro Cuore Una storia che sa di futuro (Milano 14 settembre 2020).

1. Che cosa ha da dire, che cosa ha da fare le teologia e l’assistenza spirituale per il futuro?

L’impressione di estraneità e di irrilevanza può indurre a una certa rassegnazione a eseguire il proprio compito il meglio possibile, rimanendo nel proprio ambito e fornendo quello che è richiesto.
Il futuro è una categoria confusa e forse più una espressione retorica che un pensiero o un progetto.
Spontaneamente viene da pensare che per questa nozione vaga di futuro siano più rilevanti gli investimenti, le previsioni, le competenze amministrative, le relazioni internazionali. Ma la teologia?
Anche la teologia è esposta alla tentazione di essere funzionale a una domanda che riguarda il futuro intenso come una problematica di organizzazione, invece che come un deserto da attraversare per giungere alla terra promessa.

2. A chi si rivolge l’insegnamento e le proposta del centro pastorale dell’UC?

L’ovvio riferimento agli studenti, coloro che sono indicati come il futuro del paese, propone questioni interessanti e complesse.
Infatti a proposito del futuro i giovani di questa generazione hanno forse idee ancora più generiche e confuse. La trepidazione e l’insicurezza su quello che succederà o che sarà richiesto espone i giovani ad aspirare a rendersi adeguati alle aspettative del sistema. Forse la motivazione più condivisa raccomanda loro di acquisire conoscenze e competenze che assicurino possibilità di lavoro, di essere inseriti nell’ingranaggio incontrollabile del mondo del lavoro, della organizzazione della società.
In questo contesto che cosa offre la teologia e l’assistenza spirituale?
Mi sembra che ci sia il rischio di presentarsi come un adempimento inevitabile, ma marginale e non pertinente, quindi auspicabilmente almeno innocuo. La constatazione che il livello di partenza di conoscenza del messaggio cristiano e dell’insegnamento della Chiesa è molto modesto se non nullo può essere un fattore mortificante per il docente e una sorta di proposta di ridimensionamento della proposta accademica.
Più in generale si può forse sospettare che l’ambito teologico e pastorale sia una sorta di supporto consolatorio per i fallimenti accademici e le frustrazioni o ferite della vita, quelle ferite che la vita non risparmia ai docenti, al personale amministrativo e agli studenti. Tutti attraversano lutti, malattie, momenti depressivi. Per questa via, forse, può essere apprezzata la parola che viene da Dio e la relazione che viene offerta per un accompagnamento personale.

3. In quale contesto si avvia quest’anno il cammino verso il futuro?

Il contesto della pandemia impone il suo discorso e il suo linguaggio. La pandemia ha imposto non solo comportamenti e relazioni del tutto impreviste e sconvolgenti le consuetudini: ha anche imposto di parlare solo di questo: i protocolli, le modalità didattiche, i comportamenti in ogni prevedibile evoluzione. Non si riesce a parlare d’altro.
In questo contesto che cosa fa la teologia? Che cosa fanno gli operatori pastorali?
Come tutti sono esposti al rischio di omologarsi ai discorsi imposti dalla pandemia, gli unici che sembrano interessare a tutti.
Quindi non si parla di scuola, ma di come applicare a scuola i protocolli elaborati, non si parla della celebrazione eucaristica, ma di come applicare in chiesa i protocolli, non si parla di oratorio, di missioni, di proposte pastorali, ma di come applicarvi i protocolli.

4. Il mio augurio.

Mentre si avvia il nuovo anno accademico io formulo un augurio, forse ingenuo e astratto.
Il mio augurio è che la teologia e la dimensione religiosa, anzi cristiana, spirituale, anzi ecclesiale della vita mostri la sua pertinenza all’elaborazione delle discipline accademiche, non sia solo una disciplina tra le altre. Il magistero del Papa si azzarda a interagire con il complesso della vita delle persone, delle società, del pianeta. I docenti di teologia dell’Università Cattolica hanno forse la possibilità di essere animatori di una comunità accademica che renda possibile all’Università cattolica di assumere, praticare, esibire in modo convincente la sua identità, la sua proposta culturale.
Non saprei indicare altra via che la dinamica di una comunità che radunata da una vocazione comune, animata da uno spirito comune, orientata all’unica terra promessa possa interpretare il futuro e contribuire alla formazione delle giovani generazioni.
L’invito a un pensiero che non sia solo funzionale è forse un azzardo velleitario del Presidente del Toniolo, ma per conto mio non saprei augurare altro.

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