7.4 C
Milano
giovedì, Marzo 28, 2024

Proverbio: Febbraio, febbraiello, cortino e bugiardello

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2023

Ascesi quaresimale, itinerario sinodale

(mi-lorenteggio.com) Roma, 17 febbraio 2023 –

Alle ore 11.30 di questa mattina, ha avuto luogo in diretta streaming dalla Sala Stampa della Santa Sede, Sala San Pio X, Via dell’Ospedale 1, la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2023 sul tema “Ascesi quaresimale, itinerario sinodale”.

Sono intervenuti: l’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I., Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; il Rev. Don Walter Magnoni, Responsabile della comunità pastorale Madonna di Lourdes in Lecco e Docente di Etica Sociale nella la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e la Dott.ssa Sandra Sarti, Presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia.

Raramente colleghiamo Quaresima e bellezza, ma è ciò che Papa Francesco ci invita a fare nel messaggio che presentiamo oggi. Egli richiama l’attenzione al monte sul quale Gesù offre a tre dei suoi discepoli un momento molto luminoso, che dovrà sostenere il loro cammino.

Qui ci sono due sfide al senso comune.

La prima: che la bellezza proceda dal cambiamento, o meglio dalla fatica di ripensare se stessi Nel linguaggio biblico: dalla conversione.

Secondo: che la bellezza sia un’esperienza collettiva, intima sì, ma non privata. Nel linguaggio ecclesiale, sia un’esperienza sinodale. Così, quando lavoriamo su noi stessi in Quaresima – sperimentando un’ascesi – desideriamo che la luce aumenti, che la gioia aumenti. Speriamo nella luce del cambiamento e nella gioia collettiva.

È consuetudine che il messaggio quaresimale del Papa contenga un richiamo alla carità: Francesco esorta i credenti a vivere la preghiera e il digiuno in direzione di un miglioramento del mondo. San Paolo VI diceva: in direzione di uno sviluppo umano integrale. L’immagine evangelica della Trasfigurazione ci aiuta quest’anno a interpretare questo orientamento in modo più radicale.

Siamo angosciati da eventi drammatici. La situazione che ha fatto seguito alla pandemia è ancora incerta. La guerra in Ucraina non sembra volgere al termine ed è solo una tra decine di altre, forse tra tutte quella che rivela in modo più evidente quanto il mondo intero sia esposto al pericolo della distruzione. Inoltre, il devastante terremoto in Turchia e in Siria ci ricorda le numerose catastrofi naturali di una creazione che sembra gridare, che geme e soffre (cf. Rm 8). Un’idea primitiva di divinità suggerirebbe di ricorrere a sacrifici e penitenze per placare le forze che ci danneggiano. Non è questa la Quaresima dei cristiani, che piuttosto confessano Cristo come luce del mondo e a lui si orientano.

Alla fine del secolo scorso, il cardinale Carlo Maria Martini scelse il brano della Trasfigurazione per rispondere alla domanda di Dostoevskij: “Quale bellezza salverà il mondo?”. E osservava: «Nei discepoli che salgono al monte, portando nel loro cuore tutte le inquietudini e le pesantezze che agitano la loro storia personale e collettiva, è possibile leggere le domande che sono in noi sul senso del tempo, la richiesta di significato che viene dalle angosce prodotte dalla violenza e da tutte le tragedie».

Nel messaggio di quest’anno, Francesco si approssima a queste considerazioni, ricorrendo a quella che Sant’Ignazio chiamava la “composizione di luogo”, cioè l’esercizio dell’immaginazione che ci fa identificare con la situazione descritta. Scrive il Papa: «Come in ogni impegnativa escursione in montagna: salendo bisogna tenere lo sguardo ben fisso al sentiero; ma il panorama che si spalanca alla fine sorprende e ripaga per la sua meraviglia». Così, sentiamo la sorpresa della Trasfigurazione: «La divina bellezza di questa visione fu incomparabilmente superiore a qualsiasi fatica che i discepoli potessero aver fatto nel salire sul Tabor».

Certo, questo ci porta a pensare alle fatiche di tutti coloro che soffrono e vivono la loro vita come una salita troppo aspra. E potremmo chiederci se non sia la nostra indifferenza a rendere più duro il loro cammino. La Chiesa vuole aiutare a rimuovere gli ostacoli e i pesi che impediscono lo sviluppo umano, la vita in abbondanza.

Un altro tema di quest’anno, a cui Papa Francesco fa esplicito riferimento, è la fatica di essere Chiesa sinodale. O meglio, la fatica di diventarlo: è come una lunga salita. Scrive il Papa: «Anche il processo sinodale appare spesso arduo e a volte ci potremmo scoraggiare. Ma quello che ci attende al termine è senz’altro qualcosa di meraviglioso e sorprendente, che ci aiuterà a comprendere meglio la volontà di Dio e la nostra missione al servizio del suo Regno».

Dobbiamo quindi comprendere che il cambiamento di mentalità – la conversione – e la natura comunitaria della vita umana sono fatiche benedette, da cui dipende “qualcosa di meraviglioso e sorprendente” per questo mondo a pezzi. Se vogliamo una Quaresima di carità, se crediamo che preghiera e digiuno abbiano effetti reali sul mondo, dobbiamo allargare l’idea di elemosina a qualcosa di più grande, cioè all’idea biblica di restituzione. Come il cammino sinodale rende presente la Parola di Dio tra tutti i battezzati e all’interno delle Chiese locali, così il Vangelo vissuto restituisce gioia e speranza a tutta l’umanità. Gioia e speranza, Gaudium et spes: è il movimento del Concilio Vaticano II, un cammino in salita che Francesco ci esorta a non abbandonare. Il cammino è la missione. E la missione è la carità, che mette in discussione un’organizzazione del mondo e della Chiesa che può sembrare immodificabile, ma è mutevole, perché è frutto di decisioni, di libertà.

Conversione, gioia, speranza. Il Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale, a partire da oggi, rilancerà di settimana in settimana i contenuti di questo messaggio. Desideriamo offrire alle Chiese di tutto il mondo il nostro aiuto, diversificato e molto concreto, per abbracciare la proposta quaresimale di Papa Francesco e vivere ciascuno la propria Trasfigurazione.

Grazie!

Intervento del Rev. Don Walter Magnoni

Ho letto il Messaggio del Papa per la Quaresima e mi sono immaginato le volte che Gesù saliva sui monti, per pregare nel silenzio della notte, per raccontare alla gente chi è davvero l’uomo beato, l’uomo felice e per trasfigurarsi e mostrare in anticipo – a Pietro, Giacomo e Giovanni – la gloria della Pasqua.

Ho pensato a quante volte nella mia vita mi sono preso del tempo per salire sui monti, che da sempre amo, per cercare pace, per godermi la bellezza del creato e per lodare il Dio della vita.

Quando ero ancora ragazzo, credo avessi 13 o 14 anni, fu proprio l’esperienza della montagna a farmi dire con convinzione, per la prima volta: “Ma allora Dio esiste!”.

Sono cresciuto in una famiglia che fin da piccolo mi ha educato alla fede cattolica, ma col tempo nascevano in me tante domande e avevo dubbi su Dio e la sua esistenza.

Così quel giorno, mentre con i miei amici dell’oratorio camminavo per quei monti, ebbi come un’illuminazione. Ero un ragazzino senza grandi interessi, al dì là del calcio. Ma quella visione fu una bellezza che mi conquistò. I monti che avevo di fronte a me mi raccontavano di un’immensità, e la loro bellezza mi rimandò alla mano creatrice di Dio.

La montagna da quel giorno è sempre stata un luogo spirituale, un’esperienza di bellezza che mi dona energia e voglia di raccontare a tutti come nel silenzio dei monti sia più facile “sentire Dio”. I fiori e le pietre, le sorgenti d’acqua e i ghiacciai continuano a incantarmi.

Scrive il Papa: “Come in ogni impegnativa escursione in montagna: salendo bisogna tenere lo sguardo ben fisso sul sentiero; ma il panorama che si spalanca alla fine sorprende e ripaga per la sua meraviglia”. Vorrei sottoscrivere queste parole e dire come davvero interpretano il mio sentire. Aggiungo un particolare: la montagna ci racconta anche la nostra sete di Dio. Anche Gesù sul monte del Calvario sperimenta la sete. La montagna, soprattutto quando la salita è faticosa e nelle giornate più calde, fa venir sete e non sempre abbiamo con noi acqua a sufficienza per saziare la nostra fede. Così ogni volta penso alla nostra “sete di Dio” e mi tornano alla mente le parole di José Tolentino Mendonça: “La fede non risolve la nostra sete. Spesso la intensifica, la porta allo scoperto e, in talune circostanze, la rende persino più drammatica. Ma la fede ci aiuta a vedere nella sete una forma di cammino e di preghiera”.

Mi piace molto il collegamento che il Pontefice fa tra cammino quaresimale e sinodalità. È un camminare insieme come discepoli dell’unico Maestro.

A tal proposito vorrei raccontare un’iniziativa che ho promosso da quando, circa un anno e mezzo fa, sono stato chiamato a fare il parroco di tre parrocchie nella città di Lecco. Vivo in un territorio magnifico tra il lago e i monti. È la terra da cui Alessandro Manzoni ha preso spunto per scrivere il famoso romanzo “I promessi sposi”.

Quando sono arrivato mi sono trovato di fronte una comunità segnata dall’esperienza del Covid. I più fragili non si fidavano ancora a venire in Chiesa. Tutti indossavano la mascherina e non era facile incontrarsi. Eppure sentivo che nell’aria c’era un forte bisogno di tornare a stare insieme. Così ho lanciato l’iniziativa della “Domenica in montagna” e l’ho presentata come una proposta di sinodalità. In effetti, “sinodo” è etimologicamente un “camminare insieme”. Ogni mese dopo la messa domenicale partiamo a piedi per una delle tante mete che si possono raggiungere. Non è necessario iscriversi, basta venire a messa già pronti per il cammino. Non usiamo macchine o altri mezzi per avvicinarci ai monti, anche perché siamo davvero ai piedi delle montagne. Piccoli e grandi camminano insieme. Giunti alla meta condividiamo il pasto. È bello vedere che c’è sempre qualcuno che offre agli altri qualcosa che ha cucinato. I ragazzi mangiano sempre in modo veloce e poi giocano all’aperto. Gli adulti parlano tra loro. Ci sono persone arrivate da poco in parrocchia che hanno l’opportunità di conoscere quelli che già vivono da sempre su quel territorio. Poi, prima di scendere, leggiamo insieme il discorso della Montagna di Mt 5 e ogni volta qualcuno racconta perché ama una delle beatitudini narrate da Gesù. La preghiera del Padre nostro chiude questo momento comunitario.

Mi rendo conto che è qualcosa di molto semplice, ma vedo come le persone che partecipano sentono che anche questo “camminare insieme” aiuta a costruire passi di comunità.

La cosa bella è che anche qualcuno non di Lecco mi inizia a telefonare per unirsi e vivere con noi queste “domeniche in montagna”. Camminare, pregare e condividere il cibo in semplicità favorisce la crescita dei legami e mostra la possibilità di andare leggeri per le strade della vita.

Nella Laudato si’ scrive il Papa: “Camminiamo cantando! Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza” (LS 244).

Intervento della Dott.ssa Sandra Sarti

Ringrazio Sua Eminenza il Cardinale Michael Czerny, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, per il cortese invito a partecipare a questa conferenza stampa di presentazione del Messaggio di Quaresima 2023 di Papa Francesco.

L’episodio del Vangelo scelto dal Santo Padre, e che costituisce oggetto di riflessione, è quello della Trasfigurazione avvenuta sul Monte Tabor, il Monte Santo il cui nome è Gebel et-Tur ovvero la Montagna. Il Monte, nella cultura antica, era il luogo della condizione divina. Su quel Monte sono salita, anni fa, sotto la guida del mio sacerdote, insieme alla mia comunità parrocchiale, dopo un lungo periodo che a livello personale e familiare era stato estremamente pesante e nel quale il mio dolore e la mia impotenza si erano spesso mescolati con la rabbia. Proprio sul Tabor, “in disparte”, in silenzio, seduta tra le foglie di un ramo basso di un albero, ho meditato sul senso di questo Vangelo. E l’abbandono alla preghiera in quel silenzio medicamentoso mi ha ridato luce e speranza. Salire sul Monte mi ha consentito di percepire l’abbraccio del Signore e di lasciare andar via la rabbia che era dentro di me. La mia anima scese allora rinvigorita, purificata e leggera e, ancor oggi, quando ne ha bisogno, risale sulle ali veloci del ricordo e torna lì, sul Tabor, per ritrovare quel silenzio che è conditio sine qua non per la ricerca di Dio e per ascoltare Gesù che ci parla.

Ma al di là di questo mio personalissimo vissuto, oggi sono qui anche in qualità di Presidente della Sezione italiana della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), organizzazione che dal 1947 è a fianco dei cristiani perseguitati, e desidero testimoniare come il lavoro che nel nostro istituto svolgiamo si vada a coniugare con l’indicazione offertaci dal Sommo Pontefice di percorrere due sentieri per salire sul Monte insieme a Gesù.

Il primo sentiero è quello indicato dalla Voce di Dio che irrompe dalla Nube – che simboleggia lo Spirito Santo – dicendo: “Questi è il mio figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!”. Questo termine “ascoltatelo” è la strada Maestra che ci viene indicata. Ascoltate Lui che è mio Figlio, dice il Padre, e con ciò intende indicare che tutti noi fedeli dobbiamo ascoltare Gesù e lo dobbiamo ascoltare anche quando parla della Croce perché la sofferenza non può non far parte della vita di ogni uomo.

Papa Francesco afferma anche che il Signore «…. ci parla nei fratelli, soprattutto nei volti e nelle storie di coloro che hanno bisogno di aiuto». Ebbene, questo non solo è il sentiero che la comunità di Aiuto alla Chiesa che Soffre percorre sin dalla sua fondazione ma, anzi, è il suo prioritario obiettivo: quello di aiutare i fratelli nella fede che soffrono.

Per ACS “i volti e le storie di coloro che hanno bisogno di aiuto” sono anche quelli dei circa 416 milioni di cristiani che vivono nelle 26 nazioni del mondo in cui ancora è attivo il fenomeno della persecuzione. E sono anche le voci dei 5,2 miliardi di persone che in ben tre quarti del mondo

vivono la negazione del fondamentale diritto alla libertà religiosa e subiscono le conseguenze della sua violazione.

Privare qualsiasi fedele della possibilità di manifestare il proprio credo e della possibilità di esercitare il proprio culto, vuol dire esercitare una violenza sulla sua anima e violare uno dei diritti umani fondamentali.

Il bisogno d’aiuto dei nostri fratelli nella fede, la sofferenza a cui sono sottoposti solo perché cristiani, esiste e condiziona dolorosamente le loro vite. Molti rischiano la vita per partecipare ad una Messa, altri non possono parteciparvi affatto. Papa Francesco non ha mai mancato di denunciare ripetutamente questo dramma. Per questo motivo Aiuto alla Chiesa che Soffre, realizza, grazie alla raccolta fondi, circa 5.000 progetti annui in quasi 140 nazioni ed impiega risorse per denunciare l’indifferenza che circonda il dramma della violazione della libertà religiosa. In questi ultimi giorni poi, i volti e le voci che gridano aiuto e che reclamano il nostro più attento ascolto sono quelle che emergono dalle rovine del devastante sisma che ha colpito la Turchia e la Siria.

Il Santo Padre ha inoltre indicato un secondo sentiero da percorrere, quello di «non rifugiarsi in una religiosità fatta di eventi straordinari, di esperienze suggestive, per paura di affrontare la realtà con le sue fatiche quotidiane, le sue durezze e le sue contraddizioni».

Il Vangelo ci insegna che non si può restare nella tenda ma che, ascoltando la parola di Gesù, occorre piuttosto abbracciare le proprie pene, come fa Lui con la Croce, e affrontare le fatiche quotidiane sostenendo anche quelle altrui perché il cammino che ci viene indicato è un cammino comune, di vicinanza, di solidarietà e di condivisione.

Anche in questa direzione ACS procede, sorretta dall’esempio dei benefattori che donano per aiutare fratelli che non conoscono e che non incontreranno mai e, allo stesso tempo, grazie al senso di condivisione riusciamo a far sentire ai cristiani che soffrono quella vicinanza e quel sostegno che rinnova la loro speranza e nutre il loro coraggio.

Con tutto il nostro impegno personale e professionale, nella consapevolezza che “la Croce salva”, rinnoviamo ogni giorno la comunione con la nostra Chiesa e perseveriamo nel tentativo di mettere in pratica l’insegnamento con cui il Santo Padre ci invita a percorrere quei due sentieri nei quali ogni nostro passo si deve tradurre in azioni cristiane da compiere insieme.

Grazie per la Vostra attenzione.

Ecco il messaggio:

Cari fratelli e sorelle!

I vangeli di Matteo, Marco e Luca sono concordi nel raccontare l’episodio della Trasfigurazione di Gesù. In questo avvenimento vediamo la risposta del Signore all’incomprensione che i suoi discepoli avevano manifestato nei suoi confronti. Poco prima, infatti, c’era stato un vero e proprio scontro tra il Maestro e Simon Pietro, il quale, dopo aver professato la sua fede in Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio, aveva respinto il suo annuncio della passione e della croce. Gesù lo aveva rimproverato con forza: «Va’ dietro a me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” (Mt 16,23). Ed ecco che «sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte» (Mt 17,1).

Il Vangelo della Trasfigurazione viene proclamato ogni anno nella seconda Domenica di Quaresima. In effetti, in questo tempo liturgico il Signore ci prende con sé e ci conduce in disparte. Anche se i nostri impegni ordinari ci chiedono di rimanere nei luoghi di sempre, vivendo un quotidiano spesso ripetitivo e a volte noioso, in Quaresima siamo invitati a “salire su un alto monte” insieme a Gesù, per vivere con il Popolo santo di Dio una particolare esperienza di ascesi.

L’ascesi quaresimale è un impegno, sempre animato dalla Grazia, per superare le nostre mancanze di fede e le resistenze a seguire Gesù sul cammino della croce. Proprio come ciò di cui aveva bisogno Pietro e gli altri discepoli. Per approfondire la nostra conoscenza del Maestro, per comprendere e accogliere fino in fondo il mistero della salvezza divina, realizzata nel dono totale di sé per amore, bisogna lasciarsi condurre da Lui in disparte e in alto, distaccandosi dalle mediocrità e dalle vanità. Bisogna mettersi in cammino, un cammino in salita, che richiede sforzo, sacrificio e concentrazione, come una escursione in montagna. Questi requisiti sono importanti anche per il cammino sinodale che, come Chiesa, ci siamo impegnati a realizzare. Ci farà bene riflettere su questa relazione che esiste tra l’ascesi quaresimale e l’esperienza sinodale.

Nel “ritiro” sul monte Tabor, Gesù porta con sé tre discepoli, scelti per essere testimoni di un avvenimento unico. Vuole che quella esperienza di grazia non sia solitaria, ma condivisa, come lo è, del resto, tutta la nostra vita di fede. Gesù lo si segue insieme. E insieme, come Chiesa pellegrina nel tempo, si vive l’anno liturgico e, in esso, la Quaresima, camminando con coloro che il Signore ci ha posto accanto come compagni di viaggio. Analogamente all’ascesa di Gesù e dei discepoli al Monte Tabor, possiamo dire che il nostro cammino quaresimale è “sinodale”, perché lo compiamo insieme sulla stessa via, discepoli dell’unico Maestro. Sappiamo, anzi, che Lui stesso è la Via, e dunque, sia nell’itinerario liturgico sia in quello del Sinodo, la Chiesa altro non fa che entrare sempre più profondamente e pienamente nel mistero di Cristo Salvatore.

E arriviamo al momento culminante. Narra il Vangelo che Gesù «fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce» (Mt 17,2). Ecco la “cima”, la meta del cammino. Al termine della salita, mentre stanno sull’alto monte con Gesù, ai tre discepoli è data la grazia di vederlo nella sua gloria, splendente di luce soprannaturale, che non veniva da fuori, ma si irradiava da Lui stesso. La divina bellezza di questa visione fu incomparabilmente superiore a qualsiasi fatica che i discepoli potessero aver fatto nel salire sul Tabor. Come in ogni impegnativa escursione in montagna: salendo bisogna tenere lo sguardo ben fisso al sentiero; ma il panorama che si spalanca alla fine sorprende e ripaga per la sua meraviglia. Anche il processo sinodale appare spesso arduo e a volte ci potremmo scoraggiare. Ma quello che ci attende al termine è senz’altro qualcosa di meraviglioso e sorprendente, che ci aiuterà a comprendere meglio la volontà di Dio e la nostra missione al servizio del suo Regno.

L’esperienza dei discepoli sul Monte Tabor si arricchisce ulteriormente quando, accanto a Gesù trasfigurato, appaiono Mosè ed Elia, che impersonano rispettivamente la Legge e i Profeti (cfr Mt 17,3). La novità del Cristo è compimento dell’antica Alleanza e delle promesse; è inseparabile dalla storia di Dio con il suo popolo e ne rivela il senso profondo. Analogamente, il percorso sinodale è radicato nella tradizione della Chiesa e al tempo stesso aperto verso la novità. La tradizione è fonte di ispirazione per cercare strade nuove, evitando le opposte tentazioni dell’immobilismo e della sperimentazione improvvisata.

Il cammino ascetico quaresimale e, similmente, quello sinodale, hanno entrambi come meta una trasfigurazione, personale ed ecclesiale. Una trasformazione che, in ambedue i casi, trova il suo modello in quella di Gesù e si opera per la grazia del suo mistero pasquale. Affinché tale trasfigurazione si possa realizzare in noi quest’anno, vorrei proporre due “sentieri” da seguire per salire insieme a Gesù e giungere con Lui alla meta.

Il primo fa riferimento all’imperativo che Dio Padre rivolge ai discepoli sul Tabor, mentre contemplano Gesù trasfigurato. La voce dalla nube dice: «Ascoltatelo» (Mt 17,5). Dunque la prima indicazione è molto chiara: ascoltare Gesù. La Quaresima è tempo di grazia nella misura in cui ci mettiamo in ascolto di Lui che ci parla. E come ci parla? Anzitutto nella Parola di Dio, che la Chiesa ci offre nella Liturgia: non lasciamola cadere nel vuoto; se non possiamo partecipare sempre alla Messa, leggiamo le Letture bibliche giorno per giorno, anche con l’aiuto di internet. Oltre che nelle Scritture, il Signore ci parla nei fratelli, soprattutto nei volti e nelle storie di coloro che hanno bisogno di aiuto. Ma vorrei aggiungere anche un altro aspetto, molto importante nel processo sinodale: l’ascolto di Cristo passa anche attraverso l’ascolto dei fratelli e delle sorelle nella Chiesa, quell’ascolto reciproco che in alcune fasi è l’obiettivo principale ma che comunque rimane sempre indispensabile nel metodo e nello stile di una Chiesa sinodale.

All’udire la voce del Padre, «i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”. Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo» (Mt 17,6-8). Ecco la seconda indicazione per questa Quaresima: non rifugiarsi in una religiosità fatta di eventi straordinari, di esperienze suggestive, per paura di affrontare la realtà con le sue fatiche quotidiane, le sue durezze e le sue contraddizioni. La luce che Gesù mostra ai discepoli è un anticipo della gloria pasquale, e verso quella bisogna andare, seguendo “Lui solo”. La Quaresima è orientata alla Pasqua: il “ritiro” non è fine a sé stesso, ma ci prepara a vivere con fede, speranza e amore la passione e la croce, per giungere alla risurrezione. Anche il percorso sinodale non deve illuderci di essere arrivati quando Dio ci dona la grazia di alcune esperienze forti di comunione. Anche lì il Signore ci ripete: «Alzatevi e non temete». Scendiamo nella pianura, e la grazia sperimentata ci sostenga nell’essere artigiani di sinodalità nella vita ordinaria delle nostre comunità.

Cari fratelli e sorelle, lo Spirito Santo ci animi in questa Quaresima nell’ascesa con Gesù, per fare esperienza del suo splendore divino e così, rafforzati nella fede, proseguire insieme il cammino con Lui, gloria del suo popolo e luce delle genti.

Roma, San Giovanni in Laterano, 25 gennaio, festa della Conversione di San Paolo

FRANCESCO

ARTICOLI CORRELATI

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

- Ads -
2,585FansMi piace
160FollowerSegui
0IscrittiIscriviti

Ultime news

- Ads -