(mi-lorenteggio.com) Roma, 12 giugno 2024 – Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto all’Assemblea Generale di Confcommercio-Imprese per l’Italia che si è svolta all’Auditorium Conciliazione.
I lavori della mattinata sono iniziati con la relazione del Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, e si sono conclusi con l’intervento del Presidente Mattarella.
IL DISCORSO DI MATTARELLA
Rivolgo un saluto molto cordiale ai Presidenti del Senato e della Camera, al Vicepresidente del Consiglio, ai Ministri presenti, a tutti quanti. ai congressisti, ai partecipanti a questa Assemblea.
Ringrazio Confcommercio e il Presidente Sangalli per l’invito a essere presente in questa occasione, in questa Assemblea importante per tante ragioni.
Il commercio, radice tra le più antiche della civiltà europea, costituisce un pilastro del modello sociale del nostro continente, oltre che un motore decisivo, imprescindibile, dell’economia.
È stato un elemento generativo della società moderna.
È bene ricordare che l’Italia dei Comuni e delle libertà comunali deve molto ai mercanti.
In quella esperienza si saldavano le aspirazioni di autonomia – e, non a caso, l’Italia è anzitutto quella delle autonomie, dei Comuni – con le aspirazioni di progresso sociale rispetto al feudalesimo, dell’innovazione, della nascita delle città, di quella che oggi chiameremmo internazionalizzazione per i rapporti creati con i corrispondenti esteri.
Dai mercanti nascono i primi servizi postali e di trasporto. Per dirla con il linguaggio di oggi: la logistica.
Nascono gli strumenti finanziari, l’esercizio del credito, le lettere di cambio, le assicurazioni, le banche.
Il commercio è libertà.
È veicolo di libertà.
Libertà di fare.
Libertà di scambio.
Libertà di impresa.
Di scelta per i consumatori.
Volontà e capacità di corrispondere ai bisogni delle persone, delle famiglie.
Il commercio è valore: dà valore alle cose.
È specializzazione.
È territorio.
È innovazione. Circolazione di consumi, di costumi, di idee.
Il commercio accompagna la crescita delle persone, alimenta, con l’accesso ai beni, la società del benessere. Quella che l’Italia ha conosciuto con la Repubblica, dopo la Liberazione. Quella società garantita dalla pace, conseguita in Europa con la realizzazione dell’Unione.
Il commercio è dunque servizio alla coesione sociale, spinta allo sviluppo.
Strumento essenziale per obiettivi come la sostenibilità ambientale.
Palestra per l’integrazione, come testimonia la presenza, significativa, di aziende guidate da immigrati da altri Paesi. Palestra per la legalità: il commercio è termometro dello stato di salute di una società.
Ed è apprezzabile il progetto legalità sviluppato da Confcommercio, per combattere ogni forma di criminalità, contro la contraffazione, contro l’abusivismo, per combattere l’usura. Fenomeno, quest’ultimo, che suscita interrogativi sullo stato di funzionamento del sistema del credito nei confronti dei piccoli operatori.
Il commercio in Italia è stato colpito severamente dalla contrazione dei consumi dovuto alle crisi che abbiamo attraversato, a partire da quella del Covid, per giungere all’aggressione russa all’Ucraina, agli attentati alla libertà di navigazione, crisi con ripercussioni sulla rete distributiva al dettaglio.
La Repubblica ricorda e deve conservare memoria.
Questa è l’occasione per me per rinnovare la riconoscenza per quello che avete fatto nei momenti più duri della pandemia, quando le nostre società erano paralizzate e le strade deserte: i negozi aperti sono diventati presidi della resilienza collettiva, anticipatori di quella ripartenza che poi è avvenuta.
Grazie per quanto avete fatto in quei frangenti.
Grazie per quel che siete.
Si registra, talvolta, stupore rispetto ai risultati della ripresa economica dopo quel periodo terribile.
L’Italia ha stupito per essersi collocat, per crescita economica, subito dopo Stati Uniti e Canada nel G7, davanti a Francia e Germania.
A questo riguardo va ricordato – come poc’anzi ci ha fatto rammentare il filmato che abbiamo visto – che il terziario di mercato conta per quasi il 50% del valore aggiunto del nostro Paese e concorre, nella stessa misura, ai livelli occupazionali dell’Italia.
Il commercio è, cioè, protagonista del divenire d’Italia.
Un divenire – come ha ricordato il Presidente Sangalli – sempre più parte attiva della dimensione europea, che è stata moltiplicatore di opportunità e di ricchezza. Un’Unione Europea che, oltre a essere giustamente definita “infaticabile costruttore di pace”, è essenziale per non cadere nella irrilevanza.
Toccherà ora al Parlamento Europeo, appena designato dalla sovranità dei popoli europei, definire la propria identità e concorrere, con i governi, alle scelte di fronte alle quali siamo, senza indugio.
Quello europeo è un ambito in cui il tema delle piccole e medie imprese è all’attenzione, dato che rappresentano – poc’anzi lo ricordava il Presidente Sangalli – la quasi totalità delle imprese europee, impiegando cento milioni di persone: è e viene considerato elemento di grande rilievo del mercato unico europeo.
L’iniziativa assunta dal Parlamento di Strasburgo e Bruxelles di promuovere, sull’esempio di esperienze in altri settori, la designazione di una “Capitale europea del commercio e del commercio al dettaglio locali”, per sostenere i cambiamenti necessari, merita apprezzamento e va salutata con favore assieme all’avvio di una campagna, attraverso il marchio “commercio locale dell’Unione europea”, a sostegno degli operatori al dettaglio.
Poc’anzi sottolineavo che il commercio è veicolo di libertà, di conoscenza, al di là e attraverso le frontiere.
La nostra Costituzione riconosce il valore dell’iniziativa economica privata.
Le costrizioni, le posizioni dominanti, il dirigismo finiscono sempre per invadere anche il campo di altre libertà, indebolendo così la stessa democrazia.
Memorabile rimane la battaglia parlamentare, condotta da Luigi Einaudi all’Assemblea Costituente, per inserire norme che impedissero pratiche di favoritismo statale nei confronti di privati e categorie: a tutela della concorrenza e quindi della libertà di impresa e di scelta di tutti.
La coesione, l’equilibrio tra bene individuale e bene comune, sono fattori di crescita e di ricchezza, mentre diseguaglianze e squilibri frenano gli stessi mercati.
Anche la diversità è un bene prezioso. Voi ne avete esperienza: il commercio, con il suo pluralismo distributivo, è la prova di quanto la diversità è capace di suscitare progresso. E, tuttavia, la diversità va coniugata con l’equilibrio, per impedire che divenga ragione di sopraffazione del più forte, di esclusione del più debole.
Molti aspetti di vita delle nostre comunità sono debitori nei confronti del commercio, a partire dalla sicurezza e dalla stessa vita dei borghi
Le luci della città sono spesso le luci dei negozi, delle loro insegne. Preziose anche ai fini della sicurezza.
Gli esercizi commerciali di prossimità danno vita ai centri storici e ai quartieri periferici. Oltre che presidi economici sono agenzie sociali: luoghi di incontro, di relazione, di amicizia. Senza di essi gli anziani diverrebbero più soli – e talvolta lo diventano- , i giovani perdono punti di aggregazione nel loro territorio. Si tratta di punti nodali della rete di servizi offerta ai cittadini.
L’equilibrio territoriale, del resto, è un fattore cruciale di equilibrio sociale.
Anche per questa ragione la perdita di oltre centodieci mila attività negli ultimi dieci anni non è questione che riguardi soltanto il mondo del commercio, ma i suoi effetti interpellano – perché si riverberano su di essa – l’intera società.
È significativo che Confcommercio abbia avviato una riflessione con il Progetto CiTIES, con l’obiettivo di definire soluzioni per il contrasto alla desertificazione di cui poc’anzi parlava il Presidente Sangalli e per la rigenerazione delle comunità urbane e rurali, per luoghi in cui le attività economiche contribuiscano al senso di appartenenza, sviluppino interconnessioni, partecipino alla cura delle comunità.
Sarebbe grave se ci rassegnassimo a un declino senza prospettive delle piccole e medie imprese commerciali nelle città e nei borghi italiani, oltre alla rarefazione del presidio di alcuni servizi, che solo parzialmente surrogabili dalla strategia digitale.
Vi è oggi un divario che penalizza le aree interne e insulari, i territori montani, insomma quelle parti del Paese più lontane dalle reti infrastrutturali e da alcuni servizi essenziali.
Questo divario frena lo sviluppo di tutto il Paese, nel suo insieme, e si tratta di un tema decisivo della competitività del nostro Paese.
Lo sviluppo tecnologico e digitale, il potenziamento delle reti immateriali, una più efficiente organizzazione del welfare possono fare molto per la vitalità dei centri più piccoli e dei borghi, anche per potenziare il turismo, interno ed estero.
Ma questo non riduce, anzi accresce, l’esigenza di evitare lo spopolamento di persone e di negozi.
Vi è un rapporto diretto tra insediamenti abitativi completi e i servizi.
La bellezza italiana, le espressioni diffuse della nostra cultura, hanno bisogno di luoghi vivi, di presenze intergenerazionali, di creatività, di progettualità.
“Densità commerciale” suggerisce stato di salute dell’economia e vivacità nella vita dei nostri centri.
È un contributo indispensabile alla tutela e allo sviluppo del “senso dell’Italia”: questo senso – il senso dell’Italia – trova nel turismo il suo più formidabile elemento promozionale, diretto com’è a sviluppare attenzione e interesse verso il nostro modo di vivere, i nostri prodotti, la nostra cultura, i nostri paesaggi.
È l’aspirazione a essere “italici”, anche per un po’, almeno per un po’, che muove tante persone di altri Paesi nei grandi numeri di flussi turistici verso la penisola e le nostre isole.
Colpisce registrare che l’Italia sia il primo Paese dell’Unione Europea per numero di notti trascorse da turisti provenienti da altri continenti.
E non sfugge a nessuno la rilevanza fondamentale che il turismo riveste per la trasversalità degli elementi che lo accompagnano, dai trasporti, alle visite dei luoghi del sistema culturale italiano, ai settori di alta gamma, accanto a quelli dell’ospitalità.
Creare e distribuire ricchezza vuol dire corrispondere a un ruolo sociale.
Un ruolo che vede nella capacità di dialogo con i lavoratori del settore un aspetto positivo.
Il rinnovo del Contratto nazionale del terziario, poc’anzi ricordato dal Presidente Sangalli, è passo che va salutato in questa direzione, accompagnato da prese di posizione coraggiose contro i “contratti pirata” espresse dal vostro Presidente.
Un contratto di lavoro equilibrato invera diritti e modella, per la sua parte, la società in cui viviamo.
Tanto più in una fase di transizione, di trasformazione come quella che attraversiamo che accresce i valori di istituti come la sanità integrativa, la previdenza integrativa, la bilateralità che valorizza le specificità dei territori, aiutando a gestirne le diversità.
Voi sapete che il commercio è sempre chiamato a stare al passo.
È, del resto, la vostra vocazione alla qualità professionale.
Le associazioni che rappresentano questi mondi corrispondono a una preziosa funzione, richiamata dalla nostra Costituzione. Rappresentano parte del sistema di democrazia e libertà che non si riassume esclusivamente nelle Istituzioni.
Spesso, il mondo dell’economia, portatore e rappresentante di interessi vitali, parla e si rivolge alla politica, alle Istituzioni ai vari livelli, per sollecitarne attenzione sui temi, per richiamarne le responsabilità.
Nel far questo non obbedisce soltanto alla vocazione legittima di rappresentare i propri associati, ma assolve anche a un ruolo di valore costituzionale, applicando quel principio di sussidiarietà riconosciuto anche a livello europeo, per il bene comune.
Sapervi impegnati, come mondo delle imprese del terziario, per concorrere al progresso della Repubblica, è motivo di apprezzamento.
E desidero esprimervelo.
Auguri di buona assemblea.
Redazione