Rho. Focus sui reperti di piazza Visconti e sui progetti per valorizzarli e farli conoscere

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Serata di approfondimento con gli archeologi con lo sguardo rivolto al futuro

(mi-lorenteggio.com) Rho, 4 dicembre 2024. Un resoconto dettagliato, particolari finora inediti, la prospettiva di avviare un percorso di memoria che dia rilievo ai reperti rinvenuti nel sottosuolo di piazza Visconti. La serata del 28 novembre, svoltasi all’Auditorium Maggiolini grazie alla disponibilità della Parrocchia San Vittore, ha permesso di compiere importanti passi avanti, oltre che di riflettere con la cittadinanza sul ritrovamento del cardo e decumano di una strada di epoca romana e di altre memorie del passato rhodense.

Gli Assessori Valentina Giro (Cultura) ed Edoardo Marini (Urbanistica) hanno prospettato, sulla piazza rinnovata con spazi verdi e di incontro, alcuni segni che permetteranno di individuare i percorsi conservati sotto terra e i punti chiave dei ritrovamenti. Tommaso Quirino, funzionario della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano, è intervenuto accanto a Stefano Cervo, archeologo che per la società C&V ha seguito gli scavi in pieno centro. Obiettivo comune è valorizzare i reperti, magari nel Museo che il Sindaco Andrea Orlandi sogna di realizzare a Palazzo Visconti una volta costruito il nuovo municipio.

I relatori hanno raccontato tutto il percorso compiuto, a partire dai sondaggi avvenuti prima dell’avvio della rigenerazione urbana, preceduti a loro volta da uno studio preliminare condotto su materiale edito, archivi, cartografia storica e foto aeree e satellitari. Uno dei quattro sondaggi ha permesso di ritrovare un pozzo e un muro del Seicento, collegabili a Villa Visconti Banfi, gli altri tre non hanno portato alla luce strutture archeologiche sepolte. Si è deciso così di proseguire comunque i lavori con assistenza archeologica, ovvero con la presenza di archeologi accanto all’impresa che stava portando avanti il cantiere.

Il progetto nasce con l’idea di trasformare quella che era una distesa di asfalto in uno spazio che fosse accogliente e guardasse al futuro pensando ai cambiamenti climatici che stiamo vivendo: una piazza verde, ombreggiata, con la presenza dell’acqua – ha spiegato l’assessora Valentina Giro – Questo progetto che guarda al futuro ovviamente è partito studiando la storia di quel luogo: i carotaggi hanno restituito una certa idea della città antica, ma poi si è scoperto molto di più. Si è compiuto un viaggio nella storia, dal Seicento al Medioevo fino all’età romana, che ha creato entusiasmo e curiosità. Vedo in sala tanti appassionati di storia locale, a partire dagli esponenti della Biblioteca Popolare, che svolge un lavoro costante con le scuole. Ora si aggiunge un altro pezzo di storia. Pensando a come conservare tutto, d’istinto viene da dire che si possa collocare un vetro e lasciare tutto a vista, non è così semplice. Vogliamo tenere materialmente viva la memoria delle tracce fisiche e avere momenti come questi per riflettere insieme sulla storia della città. Una prima tappa sono state le visite guidate, ora questa serata, continueremo con pubblicazioni, mostre, eventi temporanei”.

L’assessore Edoardo Marini ha presentato il progetto di piazza Visconti che sta prendendo forma. Quindi, ha aggiunto: “La città è l’esito di un continuo lavorio: cancellazioni, modifiche, distruzioni e riutilizzi. Gli architetti dicono che la città è un palinsesto fatto di persistenze (oggetti che rimangono nel tempo) e permanenze (oggetti che non ci sono più ma hanno forme, orientamenti e dimensioni che ricordano la città passata). Le permanenze sono più numerose delle persistenze. Gli oggetti della città nella vita di tutti i giorni diventano paesaggio e ci si dimentica cosa abbia generato quel luogo. E’ come quando a casa troviamo una scatola o un cassetto che nasconde cose che avevamo dimenticato: in piazza Visconti abbiamo trovato cose che avevamo dimenticato che si trovassero nel sottosuolo di Rho e ora diamo un nome a quella scatola per ricordarcene in futuro”.  

Tommaso Quirino ha precisato che, trattandosi di un’opera pubblica che prevedeva non solo scavi superficiali ma anche scavi più profondi per la realizzazione di vasche di drenaggio, è stato messo in atto quanto previsto dalla normativa in merito alla valutazione preventiva dell’interesse archeologico, ovvero studi e sondaggi preliminari finalizzati a definire in anticipo quale fosse la potenzialità archeologica dell’area e a evitare possibili rallentamenti durante l’esecuzione di un progetto importante che, contando su fondi PNRR, deve rispettare precise scadenze.

Il rischio di imbattersi in qualche contesto archeologico era alto – ha spiegato Quirino – se considerati i numerosi ritrovamenti che hanno riguardato Rho da 150 anni a questa parte. Solo per fare alcuni esempi, a fine Ottocento a Villa Burba e a Terrazzano sono stati recuperati alcuni oggetti pertinenti a corredi tombali di epoca romana, a Lucernate nella ex Bianchi nel 1917 sono state trovate alcune tombe a incinerazione in anfora segata sempre di epoca romana. Di scavi recenti non ce ne sono stati tantissimi, ma tra questi si segnalano quello condotto in via del Gerolo-via Archimede, dove è venuta alla luce un’altra estesa necropoli romana, e quello condotto a Lucernate lungo il tracciato dell’Autostrada e dell’Alta Velocità, dove è stata trovata una villa rustica romana. A Rho un tempo c’era una Saletta archeologica che raccoglieva quanto rinvenuto prima del 1909 e materiali raccolti da Piero Airaghi, che è stato ispettore onorario per la Soprintendenza e ha fatto gran parte delle segnalazioni dei siti archeologici di Rho. Quella Saletta è stata poi dismessa: il materiale di proprietà comunale è rimasto a Rho, quello di proprietà statale è attualmente nei nostri magazzini, ma nulla ci vieta in futuro di trovare nuove forme di valorizzazione”.

In piazza Visconti a fine anni Novanta emersero, durante gli scavi per la fognatura, alcuni materiali sporadici in diversi punti attorno alla chiesa di San Vittore: “Un indizio importante se rapportato alla posizione delle necropoli che in genere si trovavano fuori dalla città e lungo i principali assi viari. Questo dato e le altre informazioni raccolte prima dell’inizio dei lavori   hanno così portato a richiedere la presenza di un archeologo durante i lavori. É stato così possibile riconoscere, documentare e indagare scientificamente quanto le ruspe portavano via via alla luce. Oltre alle strade, che conservano ancora i solchi dei carri, sono emerse anche alcune tracce di precedenti sepolture: tutti resti materiali ma che rimandano a gesti antichi, molto simili a quelli che compiamo anche oggi”.

Stefano Cervo ha precisato che gli studi sui reperti sono in corso: “L’area di piazza Visconti è ben inserita nel tessuto antico. Il catasto teresiano indica i limiti del cimitero della Chiesa di San Vittore, che affacciava in passato sulla piazza, le strutture murarie di recinzione di Villa Visconti Banfi e la roggia che passava davanti alla stessa. Tre dei sondaggi preventivi su quattro hanno restituito una stratificazione compatibile con un uso agrario della piazza; solo uno ha restituito un muro, un piano pavimentale, un pozzo e un pilastro che hanno spinto ad attivare l’assistenza archeologica in corso d’opera durante tutti i movimenti di terra. Durante i successivi scavi sono così emersi alcuni tratti di un muro in ciottoli e laterizi, quello che appunto delimitava il giardino della Villa, di epoca post medievale; un pozzo settecentesco due strade glareate. La fase di frequentazione più antica documentata risale all’età romana: abbiamo identificato un grosso canale centuriale che misura circa 5 metri di larghezza, un sistema con cui i romani organizzavano le campagne, le famose quadrettature”.

A poco a poco sono emersi cardo massimo (da Nord a Sud, largo 10 metri, accanto al canale) e decumano massimo (da Est a Ovest): “Una strada di grandi dimensioni, importante, costruita a schiena d’asino, con la parte centrale più rilevata per consentire lo scolo delle acque sulla sua superficie. L’acqua piovana poteva infatti scorrere dal centro ai lati, questo manteneva la strada asciutta e pulita, il fango finiva in canaline da cui poteva essere asportato. Il cardo era in connessione col decumano, nel punto di contatto tra i due assi stradali si notano ancora i solchi dei carri che nella curva lasciavano le loro impronte. Un primo strato di limo argilloso formatosi sulla superficie glareata corrisponde a una fase di disuso della strada che, non venendo pulita, si infangava. Un nuovo strato di ghiaia ci parla invece di un successivo ripristino”.

Il cardo resta ben conservato sotto gli alberi. Scavi di qualche decennio fa legati alla posa di sottoservizi hanno danneggiato pesantemente il decumano. Il ritrovamento di alcuni lacerti ancora conservati ha permesso comunque di evidenziare in sezione la successione di tre strade una sopra l’altra. Gli strati sono in tutto cinque: “La strada ha avuto lunga vita nel tempo, è nata tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo ed è stata dismessa nel Seicento, una vita lunghissima per un asse stradale. A ridosso abbiamo trovato elementi di vita: c’era il passaggio di uomini e di carri, ci sono monete perse camminando (la più antica è di età imperiale), ma anche chiodi, un ferro di cavallo, un elemento che appartiene alla ruota di un carro. Qui si transitava, non troviamo oggetti di vita quotidiana come piatti e stoviglie. Sono emerse anche due tombe a incinerazione indiretta: questa pratica prevedeva la creazione di una pira funeraria e la raccolta di ceneri e carboni insieme agli oggetti di corredo, bruciati con il defunto e deposti in un contenitore o in nuda terra. Le due tombe hanno un minimo corredo, nella prima c’era un balsamario vitreo, con un vago di una collana azzurro. Materiali della fine del primo secolo dopo Cristo. Negli scavi non è usuale trovare epigrafi, qui è stato rinvenuto un frammento di lastra litica incisa (pertinente a una lapide tombale o a un cippo stradale) ma con testo di difficile lettura, mentre il frammento di una seconda lastra presenta la preparazione dell’incisione che però non venne realizzata”.

Non mancano resti di strutture abitative: in una delle trincee si è trovato un piano con una impronta di suspensura, una delle pile di mattoni che servivano a reggere il pavimento e a creare condotti in cui far passare l’aria calda generata da un fuoco acceso in un ambiente dedicato. I primi impianti di riscaldamento a pavimento: “L’impronta in negativo suggerisce la presenza di una domus di età romana, ma ci sono anche un frammento di laterizio con l’impronta di una zampa di cane, una cornice marmorea, residui di intonaco dipinto, due frammenti di ceramica invetriata usati come rivestimenti parietali di fontane o vasche – ha concluso Stefano Cervo. Alla fase romana si sovrappone una fase alto medievale, sigillata da strati duecenteschi. Abbiamo trovato tracce di alcune buche di palo che delineano un’area recintata o forse il perimetro di una capanna, ricovero per uomini o per le bestie. In età medievale la strada è stata saccheggiata, si vedono buche e asportazioni, non era più pulita regolarmente. Ci sono ancora un pozzo, pilastri, due fasi di piano acciottolato (probabilmente il sagrato della chiesa originaria). C’è stato un lungo fare e disfare, un’attività edilizia in continua trasformazione. Sono emersi elementi in connessione a un uso agricolo. In una fossa furono deposti tre bovini senza la testa, i corpi sono stati disgregati dal terreno molto acido. Ci sono poi i già citati lacerti di muro pertinenti al recinto del giardino di Villa Visconti Banfi e la roggia, all’interno della quale sono stati documentati i resti di una chiusa idraulica. Abbiamo la fognatura della villa, del Seicento, un muro, che è una delle due spallette di condotto fondiario connessa a canaline di scolo”.

Molte le domande dal pubblico, soprattutto da parte del giovanissimo Samuele, sul passato della città. Tanta la curiosità sul futuro. Il cantiere per la rigenerazione della piazza prosegue con l’ausilio degli archeologi, parte delle strutture (soprattutto il decumano particolarmente compromesso da scavi del passato) sono state documentate e rimosse, parte lasciate nel sottosuolo.  

Vogliamo mantenere la memoria – ha evidenziato Edoardo Marini – Lo studio del paesaggista Michel Desvigne ha scartato le coperture in vetro, che creano problemi di condensa, e proposto placche di ottone come quelle della via Francigena, a indicare cosa ci sia nel sottosuolo. Occorre definire come saranno strutturati e posizionati”. “I bottoni di ottone sono qualcosa di semplice, da collocare subito rispettando i tempi del PNRR – ha proseguito Valentina Giro – La parte meglio conservata rimane integra sotto gli alberi. Uno scavo è sempre possibile, ma deve avere tempi diversi dal progetto in corso. Lavoriamo con la Soprintendenza proseguendo con momenti di divulgazione e studio”.

Il Sindaco Andrea Orlandi ha tratto le conclusioni: “Il progetto della piazza è nato pensando alle sfide del futuro e, incredibilmente, ci ha riportato alle origini della città. Emoziona sapere che rhodensi di duemila anni fa abbiano calpestato il suolo di allora. La città è un organismo vivente che perde pezzi e ne aggiunge altri. Rho già c’era duemila anni fa e vanta un glorioso passato, questo riempie di orgoglio noi che la abitiamo e le generazioni che verranno. Lavoriamo per raccogliere informazioni ma soprattutto per trasferire l’orgoglio di appartenere a questa comunità. Non esiste futuro se non si hanno radici ben salde nel terreno. Questo genera un legame tra una vasca di drenaggio di oggi e una strada romana che è stata percorsa per oltre un millennio”. 

Nella foto Edoardo Marini, Tommaso Quirino, Stefano Cervo, Andrea Orlandi e Valentina Giro

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