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«Cristiani, non rinunciate alla politica della speranza»: l’invito dell’Arcivescovo Delpini nella Messa per la seconda domenica di Avvento

(mi-lorenteggio.com) Milano, 21 novembre 2021 – «I messaggeri inviati dal Signore non impongono la loro religione, ma non rinunciano alla loro testimonianza e non possono tacere del rilievo pubblico della preghiera e della pratica religiosa come un bene comune. La degenerazione che anche la religione può conoscere per alimentare il fanatismo non è una buona ragione per censurare la religione, così come la degenerazione che la scienza può conoscere per creare strumenti di morte non è una buona ragione per censurare la scienza». Lo ha detto l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, nell’omelia che ha pronunciato in Duomo oggi pomeriggio, nella seconda domenica di Avvento.

Proseguendo le riflessioni sulla politica avviate la scorsa domenica, nel suo commento alle letture del giorno mons. Delpini ha sottolineato che è tempo di «inaugurare la politica della speranza». Essa, ha precisato, non ha, «in primo luogo, un programma di leggi e di organizzazioni, ma il riferimento al Signore». In virtù di tale riferimento, questo tipo di politica «costruisce la Città del Sole non in una qualche isola separata dal mondo, ma in mezzo all’Egitto, il paese straniero, la terra dove lo straniero è schiavo», dove «uomini e donne si contano come numeri e si usano come forza lavoro».

L’Arcivescovo si è espresso anche sul ruolo che può esercitare la Chiesa in questo ambito: «L’accusa alla Chiesa di “fare politica” è una critica fondata se si intende per politica il prendere parte per un partito o per uno schieramento», ha precisato. «Forse – ha aggiunto – è più grave l’accusa di “non fare politica” se i cristiani per paura, per incompetenza, per il quieto vivere non praticano la politica della speranza, quel tenace costruire strade per l’incontro».

Alla Messa in Duomo di oggi – vigilia di santa Cecilia, patrona della musica, degli strumentisti e dei cantanti – sono state invitate in modo particolare le persone che prestano il loro servizio nelle corali della Diocesi. L’attenzione dell’Arcivescovo su questo tema è manifestato anche dalla nuova lettera indirizzata agli animatori musicali, che offre spunti di riflessione affinché le comunità possano sempre godere del prezioso – e al contempo rinnovato – servizio dei cantori e musicisti che animano le assemblee liturgiche. La lettera – dal titolo Cantate, cantate al Signore! Lettera agli animatori musicali delle celebrazioni (Centro ambrosiano) – è stata distribuita in occasione della celebrazione di oggi e sarà disponibile da domani nelle librerie cattoliche e sul sito www.itl-libri.com.

Seconda domenica di Avvento

Duomo di Milano

21 novembre 2021

La politica della speranza

Città del sole

  1. Possono tacere i messaggeri di Dio?

Possono tacere i messaggeri di Dio quando hanno l’impressione di essere in un paese straniero, in mezzo a gente che parla una lingua incomprensibile? Possono tacere i messaggeri di Dio quando si contano e si sentono così pochi di numero e sprovvisti di risorse in mezzo a potenze così impressionanti come gli imperi invincibili, come l’Egitto e l’Assiria?

O possono tacere i messaggeri di Dio, se si trovano in un deserto e sembra che la loro voce lasci indifferente la città? Può tacere Giovanni voce di uno che grida nel deserto?

O possono tacere i messaggeri di Dio, se la loro storia non è ineccepibile e chiunque potrebbe alzarsi a dire: taci tu che sei un peccatore? Può tacere Paolo, l’ultimo tra tutti i santi, il persecutore temibile dei discepoli di Gesù?

  • Il messaggio, la promessa, l’impresa.

Il messaggio che il Signore affida ai suoi messaggeri non è solo una parola, ma una chiamata, la convocazione per una impresa da compiere. L’impresa da compiere si può chiamare la politica della speranza. La politica della speranza si azzarda a dare alle parole la forma di una città.

In mezzo all’Egitto la città del sole. In mezzo alla terra d’Egitto un altare dedicato al Signore.

La politica della speranza non ha, in primo luogo, un programma di leggi e di organizzazioni, ma in primo luogo il riferimento al Signore. La Città del Sole non è una specie di immaginazione fantastica, una leggenda di Eldorado. La Città del Sole è la città in cui il riferimento a Dio non è rinchiuso in qualche tempio inaccessibile, non è riservato a qualche momento marginale, ma ispira le scelte, offre un fondamento alla speranza, infonde il timor di Dio come senso del limite e vocazione al trascendimento della banalità e della rassegnazione.

La profezia della Città del Sole non può essere sbrigativamente liquidata come una fantasia di altri tempi e di altri paesi dove non sia ancora arrivata la secolarizzazione. I messaggeri inviati dal Signore non impongono la loro religione, ma non rinunciano alla loro testimonianza e non possono tacere del rilievo pubblico della preghiera e della pratica religiosa come un bene comune. La degenerazione che anche la religione può conoscere per alimentare il fanatismo non è una buona ragione per censurare la religione, così come la degenerazione che la scienza può conoscere per creare strumenti di morte non è una buona ragione per censurare la scienza.

La politica della speranza costruisce la Città del Sole non in una qualche isola separata dal mondo, ma in mezzo all’Egitto, il paese straniero, la terra dove lo straniero è schiavo, dove la politica è un programma di opere grandiose costruite con lo sfruttamento di uomini e donne senza volto, uomini e donne che si contano come numeri e si usano come forza lavoro.

In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria. La politica della speranza costruisce strade, Non strade per aggredire e conquistare, ma strade per comunicare. I popoli sono chiamati a incontrarsi nella fraternità.

Le politiche imperialistiche che hanno seminato rovina e derubato gli sconfitti hanno scritto sentieri storti sulla faccia della terra. I messaggeri del Signore annunciano il tempo per raddrizzare i sentieri, preparare l’incontro, favorire la pace.

È tempo di inaugurare la politica della speranza. Paolo dichiara che la sua missione ha come scopo che per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alla Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù Signore nostro.

La Chiesa, quindi tutti noi, ha la missione di farsi luogo di incontro, di ospitare gli operatori di pace, di promuovere incontri tra l’Egitto e l’Assiria, cioè tra popoli che si sono affrontati in guerra. La politica della speranza è quella che impegna uomini e donne di buona volontà a costruire rapporti di pace, di solidarietà.

L’accusa alla Chiesa di “fare politica” è una critica fondata se si intende per politica il prendere parte per un partito o per uno schieramento. Forse è più grave l’accusa di “non fare politica” se i cristiani per paura, per incompetenza, per il quieto vivere non praticano la politica della speranza, quel tenace costruire strade per l’incontro.

L’iniziativa della Chiesa Italiana Il Mediterraneo frontiera di pace (Bari 19-23 febbraio 2020) e l’evento di Firenze (febbraio 2022) sono eventi che danno evidenza a un popolo immenso che pratica politica di speranza, costruendo incontri tra popoli.

La gratitudine e l’ammirazione per molti uomini e donne di buona volontà, come i padri fondatori dell’Europa, come il sindaco La Pira, incoraggiano noi tutti a continuare ad essere messaggeri che esortano a preparare la via del Signore, la via della riconciliazione con Dio e tra i popoli.

Redazione

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