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MUDEC. LA COLLEZIONE PERMANENTE SI RINNOVA E RACCONTA UNA STORIA NUOVA: “MILANO GLOBALE. IL MONDO VISTO DA QUI”

Un nuovo percorso di oltre 500 opere tra oggetti inediti e noti capolavori del Museo, l’ingresso è gratuito 

(mi-lorenteggio.com) Milano, 16 settembre 2021 – A cinque anni dall’apertura del MUDEC Museo delle Culture di Milano, la casa delle collezioni etnografiche civiche, l’esposizione permanente si rinnova presentando al pubblico, a partire da domani 17 settembre, oggetti inediti e noti capolavori dalle collezioni del Museo e di altre raccolte cittadine.  

Nel nuovo percorso, dal titolo “Milano globale. Il mondo visto da qui”, si parlerà di globalizzazione e dei grandi processi che hanno portato alla fisionomia della città contemporanea. 
Milano è stata definita la città più “internazionale” d’Italia. Sebbene per breve tempo capitale dell’Impero Romano, è soprattutto all’inizio dell’età moderna che il profilo internazionale della città inizia a definirsi. Ed è proprio da qui parte il racconto: in un mix di sguardi che si allargano e si restringono, troveremo la città, il suo territorio e il suo tessuto sociale ed economico inserito in dinamiche più ampie: dall’era delle grandi navigazioni alla società dei consumi, dall’età coloniale alla Milano multiculturale.  
Alla ricerca, appunto, della vocazione internazionale della sua gente. 

In un viaggio di quasi 500 opere (di epoche, materiali, tipologie e culture diverse), selezionate tra i 9.000 oggetti di etnografia del Comune di Milano provenienti dai quattro continenti, il visitatore ripercorrerà alcuni temi cardini della storia globale – come il colonialismo, le migrazioni, la multiculturalità – attraverso una “lente” milanese. 
Quella che oggi chiamiamo globalizzazione, infatti, è un processo che affonda le radici nel periodo moderno, dal XV secolo in avanti: grazie alla navigazione atlantica e alla conseguente dimensione intercontinentale dell’impero spagnolo, le tante e complesse relazioni transcontinentali già esistenti conoscono una grande accelerazione. Questo processo, declinato in modalità diverse nello scorrere dei secoli, ha generato una serie di incontri e scontri che si è materializzato con l’arrivo di una grande quantità di beni e materie prime diverse, che hanno largamente influito sull’economia, la cultura e la società, anche a Milano.  

LE SEZIONI DELLA MOSTRA 


Sezione 1. Milano nel mondo spagnolo 

Milano si proietta su scala internazionale sin dal XVI secolo, quando entra a far parte del vasto scacchiere dell’Impero Spagnolo. I traffici con l’America consentono l’arrivo di oggetti non europei che entrano nelle collezioni cittadine come quelle di Manfredo Settala, le cui opere costituiscono un sorprendente esempio dell’apertura intellettuale e dell’interesse enciclopedico del tempo. In città arriva anche l’argento delle miniere boliviane di Potosì, destinato assieme agli altri metalli ad essere trasformato in armi, prodotti suntuari e monete per tutta Europa. L’impatto dell’argento americano sarà dirompente sull’economia mondiale e devastanti saranno i risvolti per le popolazioni native americane e il loro territorio, con ripercussioni fino all’Africa occidentale, da dove le persone venivano rapite per servire come schiavi negli ingenios di raffinazione del metallo e per altre attività economiche a beneficio delle economie coloniali. 
Le Americhe, dove venne impiantato il sistema coloniale più longevo di sempre, furono il teatro di società complesse antiche quanto quelle mesopotamiche: una grande vetrina esemplifica varietà e raffinatezza della cultura materiale attraverso una grande installazione che espone l’arte fittile delle Ande centrali tra il 3000 a.C. fino alla conquista (1532).  
L’ultima parte della sala è dedicata al cacao che, assieme ad oggetti e metalli, arriva dal vasto mondo iberico, cambiando le abitudini alimentari dell’intero globo. 

Sezione 2. La nuova dimensione globale del continente asiatico 

Mentre l’uso di consumare cacao e tabacco deriva dalle Americhe, caffè e thè hanno origine dal mondo orientale, da cui proviene anche la maggior parte degli oggetti utilizzati come contenitori per queste nuove bevande: sarà la fortuna della Cina, antica potenza quasi sconosciuta agli Europei di allora, in grande espansione economica verso Occidente grazie ai traffici commerciali marittimi sostenuti dalle Compagnie delle Indie. 
Tra la fine del XVII e il principio del XVIII secolo si diffonde in Europa la moda del consumo di alcuni alimenti ‘nuovi’ riservati sino ad allora ai regnanti e alle corti, ma che già alla fine del Settecento godono di una popolarità capillare. La Cina diventa egemone nel mercato dell’export di prodotti di lusso, tra cui le raffinatissime porcellane, grazie a un elevato grado di capacità manifatturiera quantitativo e qualitativo. L’immagine del mondo orientale, visto dagli Europei come un luogo mitico, diventa di grande moda e imperversa nelle arti applicate (anche in Lombardia), dando vita anche al fenomeno delle cineserie, imitazioni occidentali (talvolta di elevato livello qualitativo, come nel caso delle manifatture milanesi di ceramica Clerici e Rubati) ispirate ai modelli decorativi cinesi, giapponesi e indiani. 
Ma non è soltanto la Cina a realizzare prodotti ed esempi estetici che influenzano il gusto dell’Occidente: il mondo del tessile è quello più intrecciato e motivi decorativi e materiali originari dell’Oriente si ibridano per soddisfare il gusto della moda europea. Anche Milano e la sua fiorente industria tessile si inseriscono in questo complesso fenomeno, sia con produzioni proprie che con l’importazione di tessuti alla moda. 

Sezione 3. La corsa per l’Africa 

Alla fine del XVIII secolo le potenze europee imprimono una svolta di carattere militare alle attività strettamente commerciali, finalizzata al controllo di vasti territori non industrializzati, a partire dall’Africa. Giuseppe Vigoni viaggia con scopi commerciali al seguito della Società di Esplorazione Commerciale in Africa con sede a Milano dal 1879. In seguito, il Regno d’Italia maturerà la decisione di un intervento militare occupando parte di Tripolitania, Eritrea e Somalia, preludio del colonialismo di matrice fascista concentrato sulla conquista definitiva della Libia e dell’Eritrea. 
Un nucleo di opere inedite provenienti dall’ex Museo della Guerra consente una riflessione sul portato culturale del passato coloniale italiano: gli oggetti giuntia Milano per celebrare le imprese militari in Etiopia permettono di sviluppare una narrazione che, ribaltando le intenzioni dei coevi, si concentra sulla identità e la storia della popolazione etiope la cui voce e immagine fu messa a tacere e distorta dall’azione della propaganda fascista. Manifesti, riviste scientifiche o di intrattenimento, documenti e oggetti quotidiani, descrivono la problematica relazione con i “colonizzati” e la contraddittoria rappresentazione dell’‘altro’ ricca di luoghi comuni, mettendo in luce la ripercussione di questo sentire sulla società milanese e italiana. Una modalità di relazione consolidatasi durante il ventennio fascista che non svanisce con il processo di decolonizzazione ma rimane presente, più o meno consapevolmente, nella società civile del secondo dopoguerra. 
La Conferenza di Berlino (1884-1885) segna l’occupazione occidentale di buona parte del continente africano. Due focus, dedicati alla guerra e alla religione, documentano attraverso le opere il colonialismo europeo e le forme di resistenza e resilienza africane. Modernità e tradizione non sono presentate come l’una successiva all’altra, ma come contemporanee, nel loro modellarsi reciproco dentro la situazione coloniale. Siamo a questo punto di fronte a una storia non solo africana ma globale, come simbolicamente testimoniano i soldati africani che combatterono negli eserciti europei in diverse parti del mondo. 

Sezione 4. Dalla decolonizzazione al multiculturalismo 

Il processo di decolonizzazione italiano si è sviluppato rapidamente in Eritrea, Etiopia e Libia, mentre l’influenza sulla Somalia si prolungò fino alla fine del protettorato che avrebbe dovuto preparare il paese africano all’indipendenza, nel 1960. Sin dal secondo dopoguerra, una certa corrente apologetica ha portato alla costruzione e diffusione del mito degli “italiani brava gente”; a partire invece dagli anni Settanta fino agli anni Duemila, una nuova corrente storiografica si è impegnata in una revisione critica del passato coloniale italiano. È all’interno di questo contesto che si inseriscono le opere presenti in questa sezione. A causa delle dichiarazioni di Indro Montanelli circa il suo “matrimonio” con Destà, una ragazzina etiope di 12 anni, la statua che lo raffigura (all’interno dei Giardini di via Palestro, intitolati a suo nome) è stata periodicamente presa di mira dagli interventi di attivisti fino alla richiesta del 2020 della rimozione dell’opera. L’installazione di Cristina Donati Meyer, “Il vecchio e la bambina” si inserisce nel dibattito nel giugno 2020 mettendo nuovamente l’accento sugli orrori del cosiddetto “madamato”. Anche l’opera di Alan Maglio invita alla riflessione sul periodo coloniale attraverso l’accostamento di cartoline coloniali e i ritratti fotografici contemporanei. 
La città di Milano esce distrutta dal grande conflitto mondiale, ma non fiaccata nel profondo. La matrice internazionale e imprenditoriale che la città ha assorbito nei secoli gioca un ruolo fondamentale in quello che è stato definito il boom economico dell’Italia. Nel passaggio da città industriale a città dei servizi, Milano diventa attrattiva anche per persone provenienti dall’Africa, dall’Asia e dall’America. Quelle che negli anni ‘70 erano comunità composte da poche persone (attive e integrate nella vita cittadina) crescono fino a diventare il motore della trasformazione attualmente in corso verso una metropoli di natura globale e multiculturale. 

Sezione 5. Afrodiscendenti nella Milano Globale 

Milano, metropoli multiculturale e città globale, vista attraverso gli occhi degli “afrodiscendenti” che vi abitano, con l’obiettivo di mostrare come contribuiscano a cambiare la città e il senso dell’essere milanesi e italiani.  Si tratta di incrociare le forme di auto ed etero rappresentazione, storicamente ereditate o prodotte attualmente, che rendono queste persone visibili o invisibili, configurando identità simboliche rivendicate o subite.   
La cornice è costituita dalle rappresentazioni, spesso stereotipate, che compongono l’immaginario sui neri in Italia: immagini pubblicitarie, film, canzoni, propaganda politica, ma anche i modelli mediatici della celebrity culture, mentre il “cuore” della sala è costituito dalle forme molteplici di autorappresentazione messe in campo dagli “afrodiscendenti” milanesi e in particolare da coloro che, lavorando nel mondo delle industrie culturali e creative, più di altri influiscono sul senso comune. L’intero progetto è stato improntato su un’impostazione aperta e partecipativa del processo di ideazione e allestimento della sala espositiva (che ha caratterizzato sia questa ultima sezione che le precedenti) attraverso workshop e discussioni in presenza e da remoto, con un approccio polifonico volto a evitare il “pericolo di un’unica storia” quale che sia.  Di qui anche la scelta di invitare a esporre professionisti della parola e dell’immagine (artisti, stilisti, musicisti, videomaker, scrittori, influencer) sia per la qualità delle loro opere che per la loro capacità di contribuire ad articolare gli spazi simbolici dentro i quali gruppi e persone possono riconoscersi a partire dalle loro somiglianze e differenze e immaginare i propri futuri. Tutti hanno avuto la possibilità di portare in mostra le opere che ritenevano più significative in relazione alla questione, raccontandole liberamente nei testi in catalogo e in mostra. Tutti diversamente milanesi e diversamente italiani. 

Sul sito e sui canali social del Mudec è disponibile un videodocumentario che racconta il grande lavoro svolto dal Museo nei suoi primi cinque anni di vita. 

Il Comitato Scientifico di “Milano Globale. Il Mondo visto da qui” è composto da Anna Maria Montaldo (Presidente) e da: Anna Antonini, Ivan Bargna, Giorgia Barzetti, Simona Berhe, Carolina Orsini, Giorgio Riello, Alberto Rocca, Luca Tosi. Coordinamento scientifico: Carolina Orsini. 

Info e orari su www.mudec.it Ingresso gratuito.

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