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Proverbio: D'aprile non ti scoprire.

Se n’è andato Francesco Cappelli, ex assessore del Comune di Milano

di Valeria Acquarone

 

(mi-lorenteggio.com) Milano, 6 marzo 2020 – Ex assessore a Milano, ma prima ancora preside di migliaia di bambini e ragazzi, e prima prima insegnante di matematica, e … Cosa si può dire di Francesco, soprattutto dovendo usare il passato, cosa che fatico a fare, perché mi sembra impossibile, e sono sicura che prima o poi lo incontrerò di nuovo, come quando occhieggiava dal corridoio nella classe, e mi faceva un sorriso e un cenno, senza che i ragazzi lo vedessero: era come dicesse, dai, va tutto bene, avanti così. Perché le cose per lui dovevano andare bene: le affrontava di petto, con entusiasmo e passione, piegandole alle sue soluzioni, anche se a volte non erano proprio quelle canoniche che da un preside ti saresti aspettata, ma funzionavano sempre e facevano contenti tutti. “Una persona contenta è una persona che lavora bene” questo era il suo motto, così cercava di accontentare chi lavorava con lui nelle piccole quotidianità, e in cambio aveva una collaborazione incondizionata nelle grandi scelte, cui mai avrebbe rinunciato.

Ricordo un collegio in cui lui non era presente, e dove all’ordine del giorno c’era una proposta sua che a noi insegnanti proprio non piaceva. Ne discutemmo a lungo, poi una di noi disse “Ma dobbiamo votarla solo per far piacere a Cappelli?” Ci guardammo interrogativi, poi un altro rispose” Se ci tiene tanto, avrà i suoi motivi…” e approvammo.
Nella mia lunga carriera ho assistito a tanti collegi: litigi a sangue, polemiche, rivalità, ripicche, rinvii perché non si trovava un accordo: i collegi con Francesco erano brevi, con critiche costruttive e rapide conclusioni “Chi è d’accordo, alzi la mano!” e tutto era risolto. Non che si tirasse a campare o che si facesse il minimo: anzi c’era sempre da lavorare su qualcosa, nuovi aggiornamenti, nuove proposte didattiche, incontri e interscambi. Ho lavorato con lui molto di più che in altre scuole, ma, come gli altri, l’ho sempre fatto volentieri, perché arricchivo me stessa e i miei alunni, seguendo strade e percorsi fino ad allora ignorati.
Se si andava lontano ti offriva volentieri un passaggio, e si mangiava insieme un panino, scherzando come amici. E come amici voleva che ci si desse del tu, e ci si chiamasse per nome: io che sono cresciuta nel timore per l’autorità, feci un po’ di fatica ad accettare il suo invito, ma poi “Francesco” mi divenne naturale, e ancora così lo ricordo nel mio cuore.

Non dimenticherò mai le serate di fine anno, nell’aia della cascina di un collega, a mangiare bere e cantare tutti insieme, sotto le stelle di giugno e il vento fresco che soffiava dal Ticino. Una volta cantammo le canzoni di De Andrè, mito della mia adolescenza, lui le conosceva tutte. E aveva una bella voce, così potei unirmi a lui, anche se ero stonata, e ripercorrere ogni emozione raccolta in quelle parole. Se riguardo ai miei 41 anni di scuola questo è uno dei ricordi più preziosi che mi porto dentro.

E il suo rapporto coi ragazzi prima e bambini poi, quando diventammo un istituto comprensivo? Me lo ricordo con quelli più piccoli vestito da Babbo Natale, che gli veniva anche bene, con la sua bella barba da Mangiafuoco buono. Non si curava dell’eleganza, e noi lo prendevamo in giro, paragonandolo al suo vice, sempre inappuntabile, ma lui scuoteva la testa e rideva, gli interessavano cose più serie, come i ragazzini problematici che gli mandavamo in presidenza, e che dopo una ramanzina e una paternale rientravano in classe con le caramelle, per cui le terribili parole “ti mando in presidenza” diventavano una sorta di premio. I più fortunati riuscivano a passare la mattina con lui, e a volte se li portava nelle sezioni staccate, alleviando la classe e infondendo autostima in chi di solito veniva ripreso e castigato.

Tante cose ha fatto Cappelli, a scuola, in politica, addirittura alla fine in Comune a Milano, scelto per la sua esperienza, disponibilità, capacità ed empatia. Ma io non ne parlerò, perché il mio Cappelli è legato ai momenti magici delle scuole di Basiglio e di Lacchiarella, i più coinvolgenti che abbia vissuto. Quando durante gli scrutini, nell’intervallo del mezzogiorno, si mise in testa un cappellino con l’elica per il caldo, quando alla fine dell’anno mi stringeva la mano dicendo “grazie Valeria”, quando appese alla porta della presidenza una mia poesia sul palio dell’oca.

Negli ultimi tempi ho visto andarsene tante persone care, e ho sentito dentro il vuoto farsi via via più grande. Ma per te è un vuoto particolare, che si sente solo per persone speciali, quale sei stato tu, Francesco, per me e per tante, tante persone.
Ave atque vale, Francesco, grazie da tutti noi.

Valeria Acquarone

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