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Proverbio: Aprile fa il fiore e maggio si ha il colore

UCRAINA. IN MIGLIAIA ALL’ARCO DELLA PACE A MILANO: IL DISCORSO DEL SINDACO SALA

(mi-lorenteggio.com) Milano, 19 marzo 2022 – Nella piazza all’Arco della Pace, per l’occasione illuminato di giallo e blu, in migliaia hanno aderito e partecipato alla manifestazione promossa dal Consiglio Comunale con tutte le forze politiche.

Il discorso del Sindaco Sala:

Questa è una manifestazione per la pace: cioè per tutte e tutti.
Siamo all’Arco della Pace. In origine questo poteva essere considerato un Arco della Guerra, perché era stato pensato per celebrare una vittoria in battaglia. Milano ha trasformato un Arco di Guerra in Arco di Pace. Ha fatto una scelta di pace.
E così l’Europa nel tempo ha inteso non permettere mai più di realizzarsi un conflitto sul proprio suolo. Da questo risultato enorme, garantito soltanto dal progresso delle democrazie, nessuno di noi intende recedere. 
Partiamo dalla base, che è questa. 
La pace  deve, oggi più che mai, essere un sogno concreto.
Certo, è difficile che i sogni siano concreti. Quando si sogna, si è capaci di vivere al di sopra dei propri mezzi e proprio per questo i sogni sembrano sempre poco concreti. Anche gli ideali, anche le profezie sembrano essere poco concreti.
Ma io dico che oggi la pace deve essere un sogno concreto. E questa manifestazione per la pace è un sogno concreto – siamo in tantissime e tantissimi, qui in questo momento, per dire che ciò che sogniamo deve essere reale.
 
Purtroppo lo sappiamo, da più di venti giorni la Russia ha invaso l’Ucraina. E da più di venti anni Putin ha invaso la Russia.
E’ fondamentale capire questo: le ucraine e gli ucraini sono nostre sorelle e nostri fratelli, ma anche le russe e i russi lo sono. 
La popolazione ucraina è sorella della popolazione russa ed entrambe sono sorelle della nostra popolazione: che è la popolazione europea.
Le formazioni partigiane, che hanno dato un contributo determinante alla conclusione della Seconda Guerra mondiale, non si sognavano di pensare o dire che attaccavano i tedeschi: dicevano, invece, che attaccavano i nazisti. 
Non c’è e non deve esserci un popolo nemico di un altro popolo.
Di fronte al disastro che Putin sta imponendo al mondo, e non soltanto al popolo ucraino, vale però la responsabilità personale e quella collettiva: nei cuori di ciascuno non può esserci spazio per il desiderio di conquistare, avvilire e devastare un altro popolo, cioè altre persone.
Se siamo qui, in tante e tanti, è per dire che per noi non contano i confini: contano le persone.
 
Stiamo assistendo, con questa ignominia perpetrata dai vertici politici e militari russi, a quello che speriamo essere un ultimo sussulto di un modo vecchio e sbagliato di guardare al mondo e al pianeta.
C’è chi sta pensando ancora che l’umanità possa tollerare un continuo confronto competitivo.
Passa tutto per la competizione: si compete per conquistare territorio e si compete economicamente con sanzioni reciproche. L’occidente toglie alla Russia l’aggancio finanziario, i social e il digitale; la Russia blocca le esportazioni di grano. Sono misure necessarie. Ma non è il mondo che vogliamo costruire.
La pandemia ci ha mostrato plasticamente che i confini sono labili. Noi abbiamo fatto a meno dei confini nel tentativo di elaborare tutti insieme una soluzione come i vaccini, i laboratori di tutto il pianeta hanno cooperato a uno sforzo di ricerca gigantesco. La pandemia ci ha mostrato che non la competizione, ma la cooperazione è la chiave per affrontare i problemi mondiali.
Non possiamo più pensare di essere nella fase storica dell’amico-nemico: è un gioco, questo, al massacro (e abbiamo visto cosa ha combinato nella storia dell’umanità e nel Novecento in particolare).
Dobbiamo sperare che l’esito di questo conflitto risieda proprio nel cambiare la prospettiva e dire: almeno su questo enorme continente noi intendiamo non competere, ma cooperare. Lo sviluppo è evoluzione. Desideriamo sviluppare relazioni, scambi, economie. Lo sviluppo è il progresso che l’Europa unita deve volere, profondamente volere.
 
Che cosa lega la nostra città, Milano, all’Ucraina, all’Europa, al Mondo?
Milano ha un DNA molto preciso: è la città che accoglie, da sempre, chiunque venga a vivere qui.
Se spesso si è detto che Milano è la città più europea del nostro Paese, ora dovrebbe forse valere anche il contrario: l’Europa deve osservare quello che fa Milano, nel senso che deve disporsi ad accogliere tutte e tutti coloro che vogliono venirci a vivere, aderendo a un modello che si basa sulla pace insieme con lo sviluppo e il progresso.
Alla scelta tra rosso e nero o bianco, noi rispondiamo con una magnifica bandiera multicolore: con la bandiera dell’arcobaleno, che è il simbolo della pace e dei diritti.
Il diritto di ogni persona ai diritti: ecco il motore della pace e del modello che l’Europa propone al mondo, cioè il diritto di ogni persona a costruire tutti insieme il diritto a essere in pace. 
Poi possiamo dividerci sulle visioni singole, sui provvedimenti specifici, ma il minimo comun denominatore è la cosa più importante: tutti noi ci riconosciamo in uno spazio in cui costruire il diritto a essere liberi, a essere trattati con giustizia.
E essere trattati con giustizia oggi per gli ucraini significa soprattutto essere accolti. Dall’Europa tutta.
 
Solo in Italia si stima che mezzo milione di persone dall’Ucraina cercheranno di trovare conforto.
Sarà necessario aumentare la capacità di accoglienza per questi profughi. 
Sono nostre sorelle e nostri fratelli: loro sono noi. E accogliere vuol dire tante cose. Certo, prima di tutto dare un tetto a chi non ce l’ha. Ma poi cure mediche. Vaccinazioni, non solo per il Covid. Una scuola per i bambini e i ragazzi. E un lavoro per quanti più possibile.
Dante, il Sommo Poeta, diceva che l’Italia è “di dolore ostello”. Confermiamo Dante: l’Italia e Milano è l’ostello dove possono trovare rifugio coloro che sono sottoposti a una prova tanto dolorosa.
 
Fatemi dire qualche parola sulle bambine e sui bambini.
Ci sono un milione e mezzo di bambine e bambini in viaggio dall’Ucraina per trovare accoglienza in Europa. 
Praticamente la popolazione di Milano. Una Milano di bambini si sta spostando verso l’Europa. 
Ogni qual volta si pensa alla guerra, bisogna pensare a questo: alle bambine, ai bambini. Sta lì tutta la nostra responsabilità, tutta la nostra civiltà. Il grado di civiltà di una società si misura da questo: da quanto si riesce a permettere ai bambini di crescere nella libertà e nella giustizia dello sviluppo.
 
“E le genti che passeranno ti diranno che bel fior!” : lo conosciamo questo verso.
Abbiamo visto e sentito in questi ultimi anni come “Bella ciao” sia stata cantata un po’ in tutti gli scenari di guerra del mondo, in cui le persone resistevano in nome della libertà. 
In questi giorni la versione ucraina di “Bella ciao” è diventata l’inno della resistenza a Kiev, a Mariupol, ovunque ci si oppone alle truppe inviate da Putin. “Bella ciao” è la cartina al tornasole dei valori che ciascuno di noi professa. 
“Le genti che passeranno ti diranno che bel fior!” Ecco, teniamolo presente: chi viene dopo di noi giudicherà la bellezza di ciò che abbiamo fatto e siamo stati.
In che modo pensiamo di vincere questa guerra? Consegnando a chi viene dopo un pianeta in cui fioriscono fiori di pace, di uguaglianza e di giustizia.
Grazie di essere qui.

V. A.

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