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giovedì, Aprile 18, 2024

Proverbio: D'aprile non ti scoprire.

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Intervento in C. Comunale del 10-11-08 sul Decreto Gelmini

Intervento in C. Comunale del 10-11-08 sul Decreto Gelmini
 
NON CHIAMIAMO RIFORMA MA TAGLI DI SPESA
 
Questo è l’ennesimo decreto legge sul quale il governo ha posto la fiducia per impedire il confronto in Parlamento, è la lampante dimostrazione dell’arroganza con cui il centrodestra si muove su un tema così importante per il Paese e per il futuro quale è la scuola». Questa riforma richiama ad una logica economico-politica più che ad una pedagogia utile ad un progresso per i nostri figli, dei nostri ragazzi, al governo non gliene frega nulla, se così non fosse non impoverirebbero un servizio molteplice dove la crescita e la maturazione di ogni individuo passa dalle conoscenze didattiche basilari, ad una maturazione personale, sociale, civile, dove gli insegnanti EDUCATORI vengono a contatto giornalmente ai vari momenti, stadi e stagioni, di una maturazione che ha bisogno continuamente di attenzioni. Come farà mai il maestro unico, in classi numerosissime, dove ci sono bimbi da sostegno, bimbi con problemi familiari, bimbi iperattivi, ecc…ognuno di loro ha bisogno di attenzione continua, e non solo per imparare a leggere e a fare i conti, il maestro è al pari della figura genitoriale; quindi in una classe ridotta a minimi termini come personale e ai massimi termini come utenza, pensate che questa attenzione spesso individuale e particolare, per ogni mutamento o difficoltà possa essere piena e completa? Che ne pensa il Ministro Gelmini dei maestri anche precari che per dedizione verso i propri ragazzi si portano il materiale da casa quando questo manca, si inventano mezzi e momenti per dare il massimo che si può, perchè certi lavori, si fanno per vocazione e non per scopo di lucro, come invece accade per certi politici. Perché i tagli devono essere fatti a spese dei nostri Bambini? e non hanno pensato a taglare i loro superstipendi? I nostri bambini faranno le spese di questo scellerato decreto che ha il solo scopo di mettersi in vista e compiacere un governo, che le ha concesso uno spazio, e che pensa solo ai propri tornaconti, sono sicuro che queste persone che hanno così tanto pensato a riformare la scuola, in realtà è da tanto che non entrano dentro una scuola, e non sanno cosa significa collaborazione, lavoro d’equipe, attenzione individualizzata ad utenti che non sono numeri, ma sono persone con una grandezza dentro che solo gli educatori con cui stanno a contatto possono tirare fuori avendo a disposizione mezzi tempo e risorse umane, insomma tutto l’opposto del decreto. I tagli servono a coprire altre “spesucce” del Governo ( vedi totale abolizione ICI anche a coloro che certo non hanno problemi su come sbarcare il lunario e mettendo in crisi i Comuni); iniziativa che dimostra chiaramente che il governo non utilizza bene gli introiti che pervengono nelle Casse dello Stato ( vedi tasse a poveri dipendenti dissanguati) solo per un giochino condotto in campagna elettorale per guadagnare più voti. La privatizzazione sarà a mio avviso un colossale insuccesso e la fine definitiva dell’istruzione e della ricerca in questo paese, perché in Italia Privatizzare significa solo avere più utili e più dividendi agli azionisti con ovviamente minori costi. Abbiamo già visto in Italia, la fine che hanno fatto e che stanno facendo aziende che prima erano a partecipazione statale e che una volta totalmente privatizzate, non hanno più fatto investimenti e sono state spolpate fino all’osso. I studenti e i professori hanno seri motivi per protestare, ma non per il voto in condotta o il grembiulino (che possono anche andar bene), ma per i tagli indiscriminati che «colpiscono il cuore pulsante di una nazione», Nel mirino c’è una legge approvata di corsa, in piena estate. La "Riforma della scuola"; cioè "contenimento della spesa", a colpi di decreti, senza dibattito e un progetto che non si garantisce il diritto allo studio: prima si decide e poi, travolti dalle proteste, s’abbozza una farsa di dialogo. Il bene della scuola (ma anche del Paese) richiede la sospensione o il ritiro del decreto Gelmini. Per senso di responsabilità; l’ostinazione, infatti, è segno di debolezza. Né si potrà pensare di ricorrere a vie autoritarie o a forze di polizia. Un Paese che guarda al futuro investe nella scuola e nella formazione, razionalizzando la spesa, eliminando sprechi, privilegi e "baronìe", nonché le "allegre e disinvolte gestioni". Ma i tagli annunciati sono pesanti: all’università arriveranno 467 milioni di euro in meno. Nei prossimi cinque anni il Fondo di finanziamento si ridurrà del 10 per cento. Solo il 20 per cento dei professori che andranno in pensione verrà sostituito. Come dire: porte chiuse all’università per le nuove generazioni. Tremonti ha dettato la linea, la volenterosa Gelmini è andata allo sbaraglio, spacciando per riforma la scure sulla scuola. Nessun Governo era giunto a tanto, anche se i vari ministri dovevano sempre chiedere in ginocchio le briciole al Tesoro. Oggi l’università italiana ha una "produttività" pessima, ha il record mondiale dei fuori corso, la metà delle matricole non arriva alla laurea. Per i dottorati di ricerca stiamo peggio della Grecia: 16 ogni mille abitanti (in Francia sono 76 e in Germania addirittura 81). Un Paese in crisi trova i soldi per Alitalia e banche: perché non per la scuola? Si richiedono sacrifici alle famiglie, ma costi e privilegi di onorevoli e senatori restano intatti. Quando una Finanziaria s’approva in nove minuti e mezzo; quando, furtivamente, si infilano emendamenti rilevanti tra le pieghe di decreti legge, il Parlamento si squalifica. I tagli finanziari impediranno dal 2010 il pagamento degli stipendi ai dipendenti. Il blocco del turn over significa chiudere la porta in faccia a migliaia di giovani, i più preparati, che vorrebbero dedicarsi alla ricerca e alla didattica nelle università e che spesso hanno già trascorso un lungo periodo di esperienza nella ricerca di punta. La privatizzazione delle università presenta pericoli sociali e culturali senza garanzie di vero miglioramento e porterebbe l’Italia fuori dalla tradizione europea e dagli impegni sottoscritti a livello internazionale che definiscono la formazione e la ricerca universitarie beni pubblici e pubbliche responsabilità. Le dichiarazioni del Governo al dialogo sono state solo una farsa, si perché venerdì 7-11 il Consiglio dei Ministri ha approvato velocemente il DL, per le Università. Il ministro Gelmini tenta il recupero, ma è troppo poco, ha dovuto accettare alcune richieste, sperando probabilmente in un’operazione di recupero di consenso, ma i tagli su scuola e università rimangono e non viene ritirata l’indicazione di trasformare le università in fondazioni private". I tagli alla ricerca sono contenuti nelle tabelle della finanziaria 2009 per tutti gli enti, quelli all’università sono, sia nelle tabelle, sia nella legge 133.
La terapia proposta dal governo è chiara: ridurre ulteriormente e drasticamente sia i finanziamenti statali che il personale e spingere gli atenei ad una auto-privatizzazione mediante la trasformazione in fondazioni. L’illusione è che il cavallo affamato (e privatizzato) ricominci a galoppare. All’università italiana servono più autonomia responsabile in un quadro di regole semplici e chiare,  più valutazione e riconoscimento del merito degli studenti, dei docenti e delle istituzioni, più spazio ai giovani e alla ricerca libera, più internazionalizzazione della ricerca, dei docenti, degli studenti e dei modi di funzionamento, più attenzione all’equità sociale e infine, come conseguenza e non come condizione, più investimenti pubblici e privati.
Solo così gli atenei italiani potranno competere ad armi pari nella società globalizzata della conoscenza, attraendo ricerche e studenti da tutto il mondo e non solo esportando i nostri migliori talenti. Solo così le università potranno veramente costituire i centri della conoscenza e i motori dell’innovazione dei loro territori.
Solo così il Paese potrà tornare ad esprimere fiducia nella sua università.
 
Grazie per l’attenzione
Il Capogruppo
Salvatore Ariemma

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