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Proverbio: Aprile fa il fiore e maggio si ha il colore

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E’ morto Riccardo Cassin leggenda dell’alpinismo

(mi-lorenteggio.com) Abbadia Lariana, 07 agosto 2009 – Si è spento ieri sera intorno alle 23.30, all’età di 100 anni,  nella sua casa di Pian dei Resinelli, in provincia di Lecco, l’alpinista Riccardo Cassin.

Nato il due gennaio del 1909 a Savorgnano di San Vito al Tagliamento (Pordenone),  All’eta’ di quattro anni rimase orfano del padre Valentino, emigrato in Canada e deceduto nel 1913 in un infortunio sul lavoro avvenuto in una cava del British Columbia. Ne 1926, si trasferì  a Lecco insieme alla madre e alla sorella.
La situazione economica e politica del momento non è delle più rosee ma è in queste occasioni che emerge la forte volontà per il conseguimento dei propri obbiettivi :lavora dodici ore al giorno, frequenta le scuole serali ed in poco tempo diverrà capo officina e direttore di un’azienda di impianti elettrici.
L’amore per la montagna però è già sbocciato e con gli amici comincia le prime escursioni sul Resegone, la montagna che corona la città di Lecco.

In Grignetta cominciano le prime scalate: inizialmente su itinerari semplici, ma che però ben presto lasciano spazio a prime assolute.

Ogni attimo rubato al lavoro viene trascorso in montagna, "grande maestra di vita", come è la biografia ufficial sul sito www.cassin.it .

Lecco e il Resegone

Tra le innumerevoli nuove vie salite sulle montagne di casa citiamo solo quella alla torre Costanza in Grignetta, alla Corona di Medale, e sull’imponente parete sud del Sasso Cavallo.

Gli spazi per un giovane così forte e determinato cominciano però ad essere stretti ed è così che avvengono i primi contatti con le Dolomiti.
Anche qui Cassin dapprima ripete gli itinerari saliti da alcuni "mostri sacri" del tempo, ma ben presto comincia a lasciare i segni del proprio passaggio: nel 1934 in compagnia di Vitali e Pozzi sale per un nuovo itinerario sulla parete sud-est della Piccolissima Lavaredo, l’anno seguente è la volta di un capolavoro assoluto: in compagnia di Ratti sale l’esposto ed estetico spigolo sud-est alla Torre Trieste.

Ma non soddisfatto della grande impresa ed alla notizia del tentativo di alcuni alpinisti tedeschi di salire la parete nord della Cima Ovest di Lavaredo: Cassin in compagnia del fedele amico Ratti si precipita per questa nuova grande sfida che li vedrà vincitori dopo una permanenza in parete di 60 ore e dopo avere superato difficoltà tecniche estreme ed avere sfidato la furia degli elementi che si era scatenata.

Quello che verrà poi definito come il trittico delle Nord di Cassin viene proseguito nel 1937 in un nuovo scenario: dai monti pallidi alla selvaggia Val Bondasca nella vicinanza Svizzera, l’obbiettivo è l’inviolata parete Nord-Est del Pizzo Badile, una muraglia di granito alta mille metri, incastonata in un ambiente tetro e severo.

In compagnia dei Lecchesi Cassin, Ratti ed Esposito, si aggiungono anche due comaschi, Molteni e Valsecchi, che attaccano l’ambita parete qualche ora prima dei tre.
Giunta la sera, durante il primo bivacco in parete Molteni chiede a Cassin la disponibilità di formare un’unica cordata.
Il secondo giorno d’arrampicata presenta notevoli difficoltà tecniche che aumentano a causa dell’assoluto isolamento e delle frequenti scariche di sassi che scendono dallo spigolo soprastante.
Durante la notte del secondo bivacco si scatena un terribile temporale che mette alla prova i cinque alpinisti e specialmente Molteni e Valsecchi, già duramente affaticati dagli sforzi della salita.
Il terzo giorno la parete è vinta dopo aver arrampicato per parecchie ore sotto la pioggia, tramutatasi dapprima in grandine e poi in una copiosa nevicata.
La discesa per il versante italiano è resa oltremodo difficile dal freddo, dalla scarsa visibilità e ben presto dal calare della luce: Molteni e Valsecchi stremati fisicamente e psicologicamente non riusciranno a giungere a salvezza.
Nel 1938 è legato alla terza Nord, quella che conclude il trittico con un percorso che ha ricoperto le intere Alpi: dopo le Dolomiti, e la più ostica delle Alpi centrali è la volta del massiccio del Monte Bianco e più precisamente della maestosa e fredda parete Nord delle Grandes Jorasses.

L’itinerario impresso nei pensieri dei Cassin è una direttissima alla punta Walker.
Con i compagni Esposito e Tizzoni l’impresa è di quelle memorabili: ottantadue ore sulla montagna, delle quali trantacinque di scalata effettiva lungo gelide fessure di granito i intasate dalla neve e dal ghiaccio che rendono la salita più infida e che richiedono l’uso dei ramponi.
L’attività di Cassin viene frenata dagli eventi bellici che lo vedono in prima linea a difendere il proprio paese.
Le prime salite in tutto l’arco alpino si susseguono comunque con regolarità.

L’amara esclusione della spedizione per il K2, viene in parte alleviata dalle decisione della direzione generale del C.A.I. nel 1958 di affidargli la guida di una seconda spedizione italiana in Karakorum.
Obiettivo scelto l’inviolata parete del Gasherbrun IV, colosso che per soli venti metri non raggiunge la fatidica quota degli ottomila metri.
La grande esperienza accumulata in oltre trent’anni di alpinismo estremo è di guida per Walter Bonatti e per il lecchese Carlo Mauri.
Il Gasherbrum IV è italiano.
A tutt’oggi meno di dieci persone hanno messo piede su questa vetta.

La sapiente regia di Riccardo Cassin è fondamentale per un altro grande successo dell’alpinismo italiano.
Nel 1961 con la spedizione denominata "Città di Lecco", Riccardo Cassin con i suoi allievi Alippi, Airoldi, Canali, Perego e Zucchi giunge in vetta alla montagna più alta del Nord America: il Monte McKinley (M 6178), lungo la parete Sud.

Un grande successo per i Ragni di Lecco, che riceveranno pure un telegramma di felicitazioni dal Presidente Kennedy.

L’attività di Cassin sulle montagne del mondo sembra non aver mai fine: dall’Himalaya all’Alaska, dal Caucaso alle Ande dove guida una spedizione ai 6126 metri dello Jirishanca.
In poco più di due settimane dall’installazione del campo base tutti i componenti la spedizione raggiungono la cima.

Cassin è poi chiamato nel 1975 alla guida di una spedizione che si pone come obiettivo una delle più grandi sfide himalayane ancora irrisolte: la parete Sud della quarta montagna più alta del mondo, il Lhotse.
Le incredibili difficoltà tecniche unite ai costanti pericoli di enormi valanghe non hanno permesso la vittoria.

L’alpinismo di Riccardo Cassin è continuato ancora negli anni: memorabile la festa svoltasi nel 1987 in Val Bondasca per ricordare il 50° anniversario della salita al Badile.
All’età di 78 anni Riccardo sale per l’ennesima volta lungo la sua via, lungo quella linea a cui ha dato la vita, in compagnia degli amici di oggi è salito ricordando quei momenti così belli e così difficili, ricordando i compagni di allora che non ci sono più.

Lui, la storia dell’alpinismo che non fa distinzioni tra alpinisti bravi e meno bravi, ma che accomuna tutti coloro che come lui hanno amato la montagna incondizionatamente.

Riccardo Cassin è presidente onorario della Sezione C.A.I. di Lecco, del gruppo Ragni, accademico del C.A.I., istruttore nazionale di alpinismo, socio onorario del Club Alpino Italiano, del Groupe Haute Montagne francese, dell’American Alpine Club, del Club Academico de Montanismo Espanol, del Club Alpino Svizzero, sezione Bregaglia.

E’ decorato con quattro medaglie d’oro al valore atletico, nel dicembre del 1971 gli è stata conferita l’onorificenza di Commendatore della Repubblica e nel 1976 la cittadinanza onoraria di Lecco.

E’ stato nominato Grande Ufficiale della Repubblica.

IL CORDOGLIO DI FORMIGONI

Un grande lombardo a cui sono personalmente legato e a cui tutti noi tutti siamo legati da un’amicizia e una riconoscenza lunga oltre un secolo. Il secolo di Riccardo Cassin".

E’ questo il primo pensiero che il presidente Roberto Formigoni rivolge a nome di tutta la Giunta regionale al grande alpinista lecchese scomparso nella notte.

"Con le sue ascese, le sue salite, le spedizioni e le scalate, con l’infinita varietà della sua poliedrica varietà – si legge nel telegramma di condoglianze – Riccardo Cassin ha saputo mettersi alle spalle ogni fatica, ogni limite, ogni paura, portando in ogni parte del mondo e su tantissime vette il nome d’Italia, di Lombardia e di Lecco. Riccardo Cassin ha raccontato con la sua straordinaria avventura umana e sportiva la passione per la montagna ma anche la possibilità di trasmettere alle generazioni più giovani l’amore per l’alpinismo e la gioia semplice di arrivare in cima, su qualunque cima, spinti dalla determinazione e dall’allenamento semplice e genuino".

"In questi giorni di ferie – conclude Formigoni – i sentieri di Lombardia sono pieni di tanti appassionati: Cassin, insieme ai grandi dell’alpinismo mondiale, continuerà ad essere un punto di riferimento per quanti ogni giorno salgono in vetta".

Vittorio Aggio

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