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MIRABELLI (PD): CORRUZIONE E ILLEGALITÀ SONO IL TERRENO FERTILE LE MAFIE, SERVE UNA FORTE TENSIONE MORALE

Varese, 27 luglio 2019 – «Dentro le vicende accadute nel varesotto ci sono molte componenti che confermano quanto è emerso dagli approfondimenti che abbiamo fatto nella scorsa Legislatura con la Commissione Parlamentare Antimafia sulla presenza delle mafie al Nord. Le mafie – e in particolare la ‘ndrangheta – sono insediate al Nord, nei Comuni piccoli, dove non ci sono i riflettori, dove è più facile mimetizzarsi, più vicini al confine perché così diventa più facile riunirsi senza essere intercettati andando dall’altra parte della frontiera. La ‘ndrangheta c’è qui ed ha cambiato strategia: non spara; è interessata a penetrare nell’economia legale, entrare nelle aziende e quella di utilizzare le ricchezze per entrare nelle imprese sta diventando l’attività principale per condizionare l’economia. Il problema è che non c’è la percezione della pericolosità della ‘ndrangheta». Lo ha detto il senatore Franco Mirabelli, Capogruppo del PD in Commissione Parlamentare Antimafia, intervenendo al dibattito “Legalità prima di tutto” alla Festa dell’Unità del Borgorino a Cassano Magnago.
«Le vicende del varesotto indicano alcune cose: innanzitutto bisogna precisare che non tutto è ‘ndrangheta ma corruzione e illegalità sono il terreno che consente alla ‘ndrangheta di entrare. – ha spiegato Mirabelli – Un’altra questione che emerge dall’inchiesta che ha coinvolto esponenti politici del varesotto si lega a Tangentopoli. C’è una buona politica se la politica è finalizzata all’interesse pubblico e una cattiva politica se, invece, la politica è finalizzata ad alimentare filiere personali o di gruppi. Le recenti inchieste hanno mostrato che qui ci sono persone che si sono rese protagoniste di una cattiva politica. C’è poi un’altra questione che riguarda le imprese. La ‘ndrangheta che non spara e ha interesse a entrare nell’economia legale non trova dei muri nella totalità del mondo economico e delle imprese, anzi, spesso trova una disponibilità».
«Siamo, quindi, di fronte ad un tema che richiederebbe una forte tensione morale da parte della politica, accompagnata da un’azione concreta per mettere un freno, contrastare, prevenire e combattere su questo terreno la criminalità organizzata. – ha proseguito il senatore Mirabelli – Oggi, invece, chi governa sta dando un segnale negativo. Con il decreto “sblocca-cantieri” si smonta la parte del nuovo Codice degli Appalti che serviva a restringere gli spazi di penetrazione della criminalità organizzata, come ad esempio le questioni inerenti i subappalti e i consorzi, e poi toglie il ruolo ad ANAC. Ma il segno dell’inversione di tendenza non è solo lì: un Governo che in un anno fa 17 condoni, anche rispetto al clima culturale generale, non dà il segno che bisogna rispettare le regole. Il Ministro degli Interni addita le mafie con molte parolacce e applaude ogni volta che viene arrestato qualche spacciatore ma parla molto meno quando emergono indagini riguardanti i colletti bianchi; non ha detto nulla in merito alla prima inchiesta riguardante il territorio del legnanese e del varesotto (ha accennato alla ‘ndrangheta nella gestione dei parcheggi di Malpensa ma non ha detto niente sul resto); gli stiamo chiedendo da mesi di venire in Commissione Antimafia a spiegare cosa sta facendo per contrastare le mafie ma non viene perché sa che gli chiederemmo conto anche delle vicende di Siri, di Arata e dell’inchiesta sull’eolico. Tutte le leggi del Governo giallo-verde lasciano intendere che non è un problema la legalità».
«C’è, quindi, una battaglia politica seria da fare. – ha concluso il senatore PD – Noi la stiamo facendo, nei limiti del possibile ma c’è un punto: abbiamo bisogno di raccontare tutto questo perché non c’è la percezione della pericolosità della criminalità organizzata e la percezione del fatto che l’illegalità è un problema per il Paese e per tutti. Ogni episodio come quelli accaduti in questi territori tolgono qualcosa ai cittadini. Queste cose le dobbiamo dire e questa battaglia la dobbiamo fare perché la ‘ndrangheta che non spara non viene percepita come un pericolo ma invece lo è. I soldi che arrivano dalla droga o da altri affari illeciti immessi nell’economia legale diventano un pericolo per la democrazia, per i diritti e soprattutto per la libertà».

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